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Violenza sulle donne, aumentano i casi in provincia di Imperia ma «insieme possiamo uscirne»

20 novembre 2019 | 07:03
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Videointervista a Martina Gandolfo, coordinatrice del Centro antiviolenza ISV

Imperia. “La donna uscì dalla costola dell’uomo, non dai piedi per essere calpestata, non dalla testa per essere superiore ma dal lato, per essere uguale, sotto il braccio per essere protetta, accanto al cuore per essere amata”. Con questa frase erroneamente attribuita a William Shakespeare negli ultimi anni sul web e sui social sono stati condivisi messaggi, catene e notizie per ricordare la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Un aforisma senza autore che è diventato simbolo, emblema, cifra del 25 novembre, come, simbolo, emblema, cifra di questa data sono i numeri snocciolati ogni anno dai centri antiviolenza. E se gli ultimi dati Istat parlano di quasi 7 milioni di donne italiane che hanno subito almeno una volta nella vita una forma di violenza, con un aumento progressivo dei casi, lo stesso vale per la provincia di Imperia.

Come spiega ai nostri microfoni Martina Gandolfo, psicologa e coordinatrice del Centro antiviolenza ISV “Insieme Senza Violenza – Imperia Sanremo Ventimiglia”, «nell’arco di due anni abbiamo assistito a un incremento del numero di donne che si sono rivolte a noi: siamo passati dagli 86 casi registrati nel 2017, ai 103 nel 2018 fino ai 95 del 2019 e considerando che quest’anno non è ancora terminato, possiamo affermare che siamo in linea se non addirittura in crescita rispetto a quello passato».

Una ferita sociale quella della violenza sulle donne che negli ultimi anni è diventata una costante. Tanto è vero che al Centro ISV sono aumentate anche le prese in carico, ovvero i casi di donne che hanno trovato il coraggio di chiedere aiuto e la forza di intraprendere un percorso di uscita dalla situazione di violenza che ha interessato forme di supporto legale e psicologico con, talvolta, pure una messa a protezione in strutture convenzionate insieme ai minori a carico.

«Non necessariamente l’aumento dei casi corrisponde a un reale aumento degli episodi di violenza – sottolinea però la psicologa –. L’intensificazione dell’attività che il centro ha svolto sul territorio nel recente periodo, attività svolta in collaborazione alle istituzioni, alle forze dell’ordine e alle associazioni, ha sicuramente permesso alle donne di conoscere la nostra realtà spingendole a rivolgersi a noi». Donne principalmente italiane, con un’età compresa tra i 30 e i 50 anni, che nel 90% dei casi hanno subito violenza dal partner o dall’ex partner. Donne soprattutto con figli, rimaste vittime di una prigione domestica che è anche culturale e sociale.

È infatti «la violenza psicologica insieme alla violenza economica» quella che le donne che da gennaio hanno varcato la porta del Centro antiviolenza territoriale «hanno denunciato di più». Non solo quindi minacce, calci, percosse ma anche forme di abuso più sottili da definire e più subdole da individuare. Non sono mancati però i casi di violenza fisica «importanti, come quello di una donna straniera che siamo riusciti ad allontanare dall’autore, il marito, solo in primo momento. Questa donna era infatti completamente da sola: era da poco arrivata in Italia, non conosceva la lingua, non aveva alcuna rete familiare e amicale, non sapeva neppure chi fosse il medico di famiglia e quanto all’indipendenza economica, era completamente, totalmente assoggettata al partner». Una serie di fattori che sommati l’uno all’altro l’hanno indotta a ritornare da lui.

«Ma può capitare che le donne abbandonino il cammino intrapreso  – aggiunge con rammarico Martina Gandolfo –. I percorsi delle vittime di violenza non sono semplici e lineari: sono fatti di passi avanti e passi indietro e noi operatrici non possiamo fare altro che evitare giudizi, rispettare la decisione intrapresa e limitarci a intervenire quando si ripresenta l’occasione. Posso però dire che i casi di abbandono nell’ultimo anno sono diminuiti e posso riportare l’esempio di una donna che dopo 25 anni di relazione in cui ha subito veramente qualsiasi tipo di violenza è riuscita a scappare e oggi sta seguendo un cammino di rinascita. Soltanto l’altro giorno mi ha detto “Grazie Martina, non pensavo di tornare a provare ancora l’emozione della felicità”». Parole semplici che hanno riempito la coordinatrice del Centro e le sue colleghe di gratificazioni.

«Uscire da un contesto di violenza non è facile  – puntualizza la psicologa –. La donna ha paura, ha paura che le vengano levati i figli, ha paura di ritorsioni da parte dell’autore, ha paura di non essere creduta. Ma noi possiamo aiutarla, supportandole nel momento dell’emergenza e anche dopo, attivando una rete di sostegno che coinvolge tutto il territorio». Perché “Insieme Senza Violenza” si può.