Opera, che passione! Le voci di Sanremo Lirica si raccontano
Intervista al tenore Dario Prola e ai soprani Fiorella Di Luca e Teresa Romano in scena domenica al Casinò
In occasione dei festeggiamenti padronali, domenica Sanremo Lirica porta in scena al Teatro dell’Opera del Casinò un concerto di celebri arie e sinfonie d’opera.
Dirette dal maestro Cesare Depaolis e con l’accompagnamento dell’Orchestra Sanremo Lirica, protagoniste saranno le voci di Fiorella Di Luca (soprano), Teresa Romano (soprano) e Dario Prola (tenore).
I tre solisti, che hanno calcato i palchi più importanti d’Italia, anche affiancati da istituzioni del calibro di Katia Ricciarelli e Riccardo Muti, renderanno omaggio al grande repertorio della lirica coronando le celebrazioni in onore di San Romolo. Per Riviera24.it hanno ripercorso la loro carriera professionale e raccontato la loro passione per l’opera in quest’intervista.
Domenica sarà in concerto al Teatro del Casinò con Sanremo Lirica, cosa porterà in scena?
Teresa Romano: Porterò in scena tre brani, un’aria solistica e due duetti. L’aria è tratta dal Don Carlo di Giuseppe Verdi ed è incentrata sul personaggio tragico e volitivo della principessa d’Eboli. Seguiranno così i duetti, uno con il tenore Dario Prola su un brano tratto dall’Andrea Chénier e l’altro con il soprano Fiorella Di Luca ne La Barcarola de Les contes d’Hoffmann di Jacques Offenbach.
Fiorella Di Luca: Porterò tre brani: il primo “Mi chiamano Mimì”, tratto dalla La bohème di Giacomo Puccini, poi mi esibirò con il tenore nel “Duetto delle ciliegie” dall’Amico Fritz di Pietro Mascagni e infine ne La Barcarola con la collega Romano.
Davide Prola: Porterò un brano famosissimo della Turandot, “Nessun dormo”, poi con un soprano farò un duetto tratto dall’Andrea Chénier e con l’altro il “Duetto delle ciliegie” dall’Amico Fritz.
Quando ha detto voglio diventare un soprano/tenore?
T.R.: Credo sia stato intorno ai 14-15 anni e rimasi folgorata da una messa in scena de La Traviata in prima serata su Rai Uno. Già studiavo pianoforte e cantavo nel coro della parrocchia e ho iniziato a documentarmi su questo genere che non conoscevo, innamorandomene.
F.D.L. Sono diventata soprano in maniera indiretta. Studiavo pianoforte da un’insegnante che dava anche lezioni di canto lirico. Terminate le mie lezioni, mi fermavo sempre ad ascoltarle. Così mi sono mi sono appassionata a questo mondo che ho poi scoperto essere meraviglioso.
D.P.: Ho sempre cantato e suonato fin da piccolo. All’età di 20 anni ho ascoltato un tenore del coro de La Scala e ho capito che quella era la mia strada. Ho iniziato a studiare lirica relativamente tardi, verso i 25 anni.
Vuole raccontarci il suo primo debutto?
T.R. Il mio primo debutto è stato a La Scala di Milano quando ho partecipato all’Accademia per giovani cantanti lirici e lì ho eseguito per la prima volta un’opera intera, una Festa musicale di Mozart. Ricordo che si trattava di una messa in scena fantasmagorica, pensate che entravo calata da trenta metri di altezza su un lampadario!
F.D.L. Ho debuttato in Nannetta del Falstaff di Giuseppe Verdi e sono stata onorata della presenza di due grandi artisti, Luciano Serra e Angelo Romero. Ricordo quell’occasione come una bellissima esperienza dove ho imparato tanto a livello teatrale.
D.P.: Avevo 25 anni e portavo al Teatro Verdi di Cento il Falstaff. E’ stata un’esperienza molto formativa, la fine del corso con il maestro Claudio Desderi, poliedrico artista della lirica internazionale.
Ha interpretato tanti personaggi dell’opera lirica, quale l’ha emozionata di più e quale le piacerebbe interpretare in futuro?
T.R. Sono tanti i personaggi che a modo loro mi hanno colpita. Ce n’è però uno in particolare che mi ha sconvolto dal punto di vista artistico-vocale nonché emotivo, la Turandot. Mi sta emozionando molto anche la Maddalena dell’Andrea Chénier che interpreterò per la prima volta proprio in occasione del concerto di San Romolo.
F.D.L. Tra i vari personaggi che ho interpretato quella che mi ha dato di più è stata la Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti. Tra i ruoli che mi piacerebbe interpretare in futuro, invece, c’è Mimì de La bohème e Cio-Cio-San della Madama Butterfly, entrambe di Puccini.
D.P.: Il principe Calaf della Turandot è senza dubbio il personaggio che ho cantato di più. Vocalmente e scenicamente è anche quello che più rispecchia le mie caratteristiche. Non ho mai interpretato, invece, Manon Lescaut di Puccini e un domani mi piacerebbe molto farlo.
Che vocalizzi fa prima di cantare? E nei giorni antecedenti l’esibizione come conservi la tua voce?
T.R. Se il concerto è la sera, inizio al mattino facendo un check alla voce. Poi qualche ora prima dello spettacolo faccio una serie di vocalizzi studiati a seconda del ruolo che interpreterò. Cerco però di non strafare: mica vogliamo lasciare la voce in camerino!
F.D.L. Io inizio a preparami al mattino facendo vocalizzi su note legate, che rendono la voce più agile, e termino su note picchiettate. Al momento dell’esibizione la voce deve essere perfettamente riposata, quindi non esagero, soprattutto il giorno prima dell’esibizione.
D.P. Per riscaldarmi faccio vocalizzi classici: inizio con il muto e proseguo con scale e arpeggi. Conservo la voce facendo moltissima attenzione a quello che mangio e bevo.
Prima di salire sul palco fa qualche rituale scaramantico?
T.R. Non ho un rituale scaramantico propriamente detto ma cerco di ripetere la stessa sequenza di azioni: dall’arrivo a un certo orario in camerino al posizionamento degli oggetti sulla tavola, fino a fissare un particolare dell’esibizione poco prima di entrare in scena.
F.D.L. Non ho un rituale scaramantico ma prima di salire sul palco mi faccio il segno della croce.
D.P. No, non sono superstizioso
Ha cantato nei più importanti teatri italiani e stranieri, qual è l’esibizione che ricorda con più piacere?
T.R. Le esibizioni degli inizi sono quelle che restano maggiormente nella memoria. La giovane età rende questo mondo un luna-park! Io poi mi sono esibita per la prima volta alla Scala, un teatro di forte impatto per una giovane ragazza. Quindi, senza dubbio, è quella la performance che ricordo con più piacere insieme a quella che feci qualche anno fa al Teatro di San Carlo di Napoli: portavo la “Clemenza di Tito” di Mozart diretta da Jeffrey Tate per la regia di Luca Ronconi e Gae Aulenti.
F.D.L. Ho diversi bei ricordi, quelli che mi rievocano le sensazioni più belle sono il concerto all’Arena di Verona dove ero affiancata dal grande baritono Leo Nucci, e quello che ho tenuto all’Opera di Roma dove ho eseguito arie mozartiane accompagnata dal maestro Leone Magera.
D.P. Non ce n’è una in particolare, forse il debutto nella Turandot sul palco del teatro di Trapani. Come ogni prima esibizione, c’è sempre quel mix di tensione, ansia e paura che non si può scordare!
La lirica ai tempi dei social, quale rapporto?
T.R. L’opera oggi è entrata molto sui social permettendo un avvicinamento dei suoi personaggi al pubblico. Fino a qualche anno fa gli artisti dell’opera erano visti come delle divinità, degli esseri intoccabili. Oggi non è più così; anzi, tra fan e artisti il rapporto è diventato sempre più stretto con la condivisione di momenti privati estranei alla performance. I social stanno permettendo di mantenere viva un’arte spesso dimenticata perché ritenuta di nicchia.
F.D.L. Dal punto di vista professionale i social sono molto utili, agevolano la ricerca di informazioni e il reperimento dei contatti. Devono però essere usati nella giusta misura, perché sono un’arma a doppio taglio.
D.P. E’ un rapporto complesso. Credo che bisognerebbe partire dalla scuola e fare formazione affinché quest’arte non sia più considerata di nicchia. Bisognerebbe riportare l’opera lirica alla forma di quando è nata, ovvero dello spettacolo popolare.
Alla parola lirica, cosa le dice il cuore?
T.R. Passione, profondità di sentimenti e soprattutto un mondo che non c’è e che ogni volta che va in scena prende vita.
F.D.L. Questa parola vuol dire amore, amore per la musica. Vuol dire avere la possibilità di provare grandi emozioni e regalarle agli altri.
D.P. Bella musica ed emozioni.