Chiesa e politica, a Sanremo una scuola di formazione per riscoprire il pensiero sociale cristiano
Crocifisso a scuola, il monito del vescovo Suetta: «Rinnegare la tradizione è come ammalarsi di Alzheimer»
Sanremo. Una Scuola di Formazione Politica per riscoprire e approfondire i pilastri del pensiero sociale cristiano: un pensiero che mette al centro l’uomo, il bene comune, i principi di solidarietà e di sussidiarietà. E’ la nuova iniziativa della diocesi di Ventimiglia – Sanremo, che si inserisce nell’ambito delle attività di formazione proposte ad amministratori, politici, operatori della cosa pubblica e a quanti desiderano approfondire la Dottrina Sociale della Chiesa e trae spunto dal recente documento della Commissione Teologica Internazionale: “La libertà religiosa per il bene di tutti”.
A parlarci dell’importanza di riflettere e confrontare sulla libertà religiosa, la multiculturalità e il laicismo è il vescovo diocesano monsignor Antonio Suetta. «Si tratta di temi di grande attualità e in taluni casi anche di emergenza, per situazioni che si vengono a creare e che talvolta sfociano anche nel conflitto sociale – spiega il vescovo -. Ma al di là di questo, sono tematiche che attengono profondamente al contesto umano e, a mio parere, l’attività di un politico e anche di un amministratore non può essere semplicemente ridotta ad affrontare delle questioni pratiche». Anzi, proprio per trovare una soluzione alle esigenze contingenti, è forse ancor più necessario approfondire la visione che si ha dell’uomo, guardarla da diverse angolazioni, da più punti di vista.
E allora cosa offre la Chiesa? «Quella della diocesi di Ventimiglia-Sanremo è l’offerta di un approfondimento sulla visione dell’uomo in prospettiva cristiana, che non vuol dire confessionale – afferma Suetta -. Chi crede, naturalmente, guarda al Vangelo e alla Bibbia con un certo atteggiamento. Ma i valori contenuti nel Vangelo possono stimolare alla riflessione e all’impegno anche persone non credenti. Credo quindi che sia opportuno soffermarsi su queste provocazioni buone che vengono dalla tradizione cristiana e riflettere insieme».
La Scuola di Formazione Politica si articola in quattro incontri incentrati su altrettanti pilastri della dottrina sociale della Chiesa, e un ultimo incontro più ‘intimo’: una due giorni presso il Convento dei Domenicani a Taggia (29 e 30 maggio 2020). Si inizia giovedì 24 ottobre con ‘La persona umana’, incontro tenuto da monsignor Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio, presso il seminario vescovile di viale Carducci, 2 a Sanremo. Gli altri tre incontri avranno invece luogo a Villa Giovanna D’Arco, in via Carlo Pisacane,2, sempre a Sanremo, a partire dalle 18: “Il bene comune”, con relatore il prof. Ernesto Preziosi, presidente del Centro studi storici e sociali (giovedì 21 novembre); “Il principio di solidarietà”, con il prof. Ivan Vitali, docente e senior manager di organizzazioni no profit (20 febbraio 2020) e “Il principio di sussidiarietà”, con il professore di Diritto penale Carmelo Leotta, il 26 marzo 2020.
La persona umana, il bene comune, il principio di solidarietà e il principio di sussidiarietà: sono valori fondamentali. Ritiene che i governanti di oggi li abbiano dimenticati? «In qualche caso, talvolta, si può anche pensare questo. Però la proposta della Scuola Politica non è certamente per puntare il dito o per dare giudizi sulla attività di questo o di quello – risponde Suetta -. Diciamo che piuttosto che dimenticati questi valori sono diffusi nella vita concretamente vissuta dai singoli e dalle società e, dunque, talvolta questi valori sono esposti anche a situazioni di conflitto, a situazioni di emergenza, sono declinati in forme nuove che sono rispondenti alle esigenze e alle situazioni che si vengono a creare». Per questo, aggiunge il vescovo: «Una riflessione, una riscoperta o un approfondimento di questi valori sono sempre necessari perché come succede in tutte le cose, anche le più fondamenti della vita dell’uomo, quando un valore o una situazione si dà troppo per scontata si rischia anche di dimenticarla. Un po’ come in una famiglia. E’ chiaro che ci sono dei vincoli, ci sono gli affetti, ci sono delle relazioni che costituiscono una famiglia, ma se si danno troppo per scontate, non si coltivano, non si rispolverano e non si riscoprono qualche volta è facile anche dimenticarle o addirittura tradirle. Allora credo che tornarci sopra possa essere utile anche come stimolo per il futuro».
D’altronde, il binomio Chiesa – Stato, o viceversa, resta argomento d’attualità politica. E anche se la comune considerazione dei quattro pilastri individua un preciso significato e percorso, che non può dare vita a nessuna strumentalizzazione politica, essendo parte del tessuto fondante di una società come la nostra, spesso su argomenti che riguardano il sacro, o semplicemente sui simboli del cristianesimo (anche scevri di un significato confessionale), nascono dibattiti dai toni piuttosto accesi, per non dire aspri. Ne è un esempio, attualissimo, quello della querelle scoppiata tra le diverse parti politiche a seguito delle dichiarazioni del ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti sul tema del crocifisso nelle aule scolastiche che, secondo l’esponente del M5S non dovrebbe stare a scuola, luogo che a suo dire dovrebbe essere laico. «Il crocifisso a scuola è una questione divisiva», ha detto il ministro. Cosa risponde, monsignor Suetta? «Non sono d’accordo. Innanzitutto farei una premessa sul “divisivo” che oggi sembra la parola più brutta o il giudizio più negativo che si possa dare – risponde il vescovo -. Molto spesso ci si divide o meglio ancora ci si contrappone, ci si misura a partire da prospettive o idee diverse e questo se fatto in maniera corretta, umanamente e civilmente, può essere frutto di qualche buona conquista. Ma al di là del termine ‘divisivo’ che ora mi sembra esagerato, io credo che la questione del crocifisso nelle scuole non si possa e non si debba ricondurre a questo aspetto».
Suetta è convinto che «nel nostro contesto italiano ed europeo occidentale il riferimento alla tradizione cristiana sia uno dei pilastri fondanti della nostra civiltà: questo ritengo che sia vero sia per i credenti come anche per i non credenti. Il crocifisso è un simbolo di amore, di dedizione, di sacrificio che sono valori trasversali e comunque positivi per ogni approccio di umanità. Ma credo che soprattutto nella scuola il crocifisso rappresenti anche un importante riferimento culturale. Perché la civiltà che noi studiamo a scuola ha delle radici giudaico-cristiane: queste sono innegabili, sono di fatto presenti nella nostra civiltà anche per chi non condivide la fede o anche per chi appartiene ad un’altra religione. Non è un problema per chi appartiene ad un’altra religione inserirsi e integrarsi in un contesto attraverso anche la cultura religiosa di quel contesto. Come potremmo fare noi se andassimo ad abitare o a vivere in un paese diverso dal nostro, questo non ci chiederebbe di tradire la nostra fede, di rinunciare, o di cambiare le nostre idee, ma semplicemente di accedere ad una porta che ci consente di entrare nella comprensione della realtà in cui ci troviamo. Quindi trovo che questa polemica sia assolutamente artificiale. Non riesco a capire quale fastidio possa dare, tenuto conto che la ragione per cui il crocifisso viene messo nelle scuole e negli altri locali pubblici, non è una ragione confessionale, ma culturale».
Come se ci fosse una sorta di damnatio memoriae, una volontà di cancellare la storia, la memoria. «Sì – conclude Suetta, lanciando un monito -. Ma pensiamo a cosa succede in una persona quando si ammala di Alzheimer, cioè quando perde completamente la memoria di sé e del suo passato. E’ una persona completamente invalida rispetto alla gestione della vita. Questo può accadere anche ad una società se imprudentemente rinnega il proprio passato».
[Per informazioni sulla Scuola di Formazione Politica: Don Marco Tommaso Reali – 3395470745 – realimt@gmail.com]