Un sanremese in viaggio sulla Transiberiana, la ferrovia più lunga del mondo
Michele Figurelli, 31 anni, racconta la sua avventura a bordo del leggendario treno che da Mosca porta a Vladivostok
Sanremo. Novemiladuecentottantotto chilometri, sette fusi orario, ventuno giorni per centosessantuno ore di treno: è il viaggio fuori dal tempo di Michele Figurelli. Il 31enne sanremese ha appena disfatto i bagagli che ha portato con sé a bordo della Transiberiana o Transsibirskaia Magistral, la ferrovia più lunga della terra. Semplicemente un mito: basta il nome per evocare centinaia di pagine, migliaia di immagini che Michele ha avuto il coraggio (e il tempo e le risorse) di vedere con i suoi occhi.
«Sono partito con una delle più grandi associazione studentesche europee, Aegee, che mi ha permesso di fare questa esperienza a costi contenuti condividendola con una compagnia di una trentina di ragazzi provenienti da ogni parte d’Europa. Tra city tour, attività e feste è stato un viaggio favoloso, a dir poco incredibile», mi racconta questo giovane broker navale con la passione per la fotografia che sul treno battezzato all’Esposizione universale di Parigi nel 1889 è salito i primi di agosto.
«Il viaggio è incominciato a Mosca dove siamo rimasti per quattro giorni – spiega –. Da lì ci siamo spostati in direzione Vladivostok, al confine con la Cina e la Corea del Nord, sostando a Kazan, Ekaterinburg, Tyumen, Omsk, Novosibirsk, Krasnoyarsk, Irkutsk, Bajkal, Ulan Ude, Chita e Khabarovsk. A Bajkal ci siamo stati cinque giorni, senza dubbio la località che mi è piaciuta di più. Qui abbiamo fatto camping sul lago respirando aria incontaminata e ammirando panorami mozzafiato. Anche la capitale mi ha colpito molto, nulla, però, a paragone di questo territorio circondato da rocce, ciascuna con una storia legata alla cultura sciamanica. Un luogo davvero magico, come lo considerano i russi stessi».
Dal vagone del leggendario treno su cui Tiziano Terzani ha ambientato “Buonanotte Signor Lenin”, Michele ha scoperto centinaia di villaggi che nati proprio durante la realizzazione della tratta, la modernità, forse, non l’hanno mai neppure sognata. «È stato come fare un viaggio indietro nel tempo. A eccezione di Mosca che è una capitale internazionale, muovendoci verso Est le persone, per quanto più chiuse mentalmente, erano incuriosite della nostra presenza. La comunicazione è stata molto difficile, nonostante ciò non c’è stato uomo o donna che abbia incontrato che non sia stato amichevole o che abbia esitato a porgermi aiuto. Diversamente da quanto si potrebbe pensare, non ho mai avuto sensazioni di pericolo o di scarsa sicurezza. E anche l’igiene … Ovvio, sul treno non c’era la doccia e dovevi arrangiarti ma si potevano sfruttare tranquillamente i bagni delle stazioni in cui erano previste lunghe soste e la carta igienica potevi comprarla nei supermercati!»
Quanto al cibo, «l’associazione ci ha fornito due pasti al giorno assicurandoci un piatto caldo (o meglio commestibile) anche in quei posti come il Bajkal dove comprare alimenti era assolutamente sconsigliato – sottolinea l’avventuriero di Sanremo, da qualche anno di base a Genova –. Mangiavamo soprattutto insalate di riso con carne, noodle e borsh, una delle ricette più diffuse della tradizione russa che consiste in una minestra a base di barbabietola di cui abbiamo anche fatto un workshop. Una volta ho pure assaggiato una zuppa di pesce squisita (ahimé non ricordo il nome!) preparato dal gruppo di uomini che con i loro furgoni ci hanno accompagnato sul lago».
A questo punto la domanda è d’obbligo, “Di tutto quello che hai visto, assaggiato, vissuto, cosa ti ha colpito di più?” «Le albe che ammiravo dal finestrino e che grazie ai fusi orari che cambiavamo costantemente erano a dir poco sorprendenti», mi risponde Michele, pronto a rivivere il suo viaggio nel film documentario che due videomaker hanno girato mentre esplorava questi luoghi da stupore e che sarà proiettato nei più prestigiosi Festival russi.
(Foto: Ksenia Goncharova)