Moria di cinghiali, l’appello dei cacciatori della valle Arroscia: «Chiediamo certezze sulla causa»

25 settembre 2019 | 10:22
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«Chiediamo all’assessore Mai di ufficializzare, tramite una comunicazione agli ATC (Ambiti territoriali di caccia) e ai comprensori alpini, la causa della morte dei cinghiali»

Imperia. Dieci carcasse di cinghiali trovate in due mesi solo a Pieve di Teco, nell’entroterra di Imperia. «E queste sono solo quelle che abbiamo visto. I numeri sono di sicuro ben più alti, considerando che nel bosco non è facile trovare i resti degli animali». 
Non sono bastate le prime rassicurazioni giunte dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta che hanno escluso casi di peste suina, peste suina africana e morbo di Aujesky a rassicurare i cacciatori. Diverse squadre della valle Arroscia si sono riunite ieri a Rezzo per lanciare un appello, tramite il nostro giornale, all’assessore alla Caccia, Stefano Mai: «Non vogliamo sollevare nessuna polemica, ma abbiamo bisogno di certezze per noi, per la salute nostra e dei nostri cani».

Come stabilito, in Liguria l’apertura della caccia al cinghiale è imminente: il 6 ottobre si apre la stagione venatoria inerente gli ungulati, ma cosa ha causato realmente la moria di cinghiali ancora non è certo. «Gli esperti parlano di un’infezione batterica da micoplasmosi o streptococcorsi. Ma non basta: solo lo streptococco ha 35 ceppi diversi e in alcuni casi porta a malattie trasmissibili anche all’uomo».

E poi a non tornare sono anche i numeri: mentre una nota ufficiale diramata dalla Regione Liguria parlava di cinque carcasse in tutta la provincia di Imperia, il solo confronto tra due squadre di Pieve di Teco fa salire il numero di esemplari trovati morti a 10. L’ultimo solo pochi giorni fa.

Tra le concause, sempre secondo gli esami dell’Istituto Zooprofilattico, a uccidere gli animali sarebbe «il fisiologico diffondersi di patologie non gravi dovute al sovrappopolamento». «Ma quale sovrappopolamento? – ribattono i cacciatori – Qui, in valla Arroscia, negli ultimi quattro o cinque anni i cinghiali sono dimezzati. Basta incrociare i dati degli abbattimenti da parte delle squadre di cinghialisti».
«Finché non ci sarà certezza della causa di questa moria – aggiunge un caposquadra – Non farò uscire i miei cani. Non posso pensare che si ammalino magari morsicando una carcassa nel bosco. E la mia paura è quella di tanti altri tesserati che vengono a dirmi che non rinnoveranno la tessera perché hanno paura anche solo di toccarlo, un cinghiale».

Il caso, tra l’altro, non riguarda solo i cacciatori ma anche chi mangia carne di cinghiale: «In molti, nelle vallate, hanno detto di non volerne quest’anno, per sicurezza».

Guardando il video di un cucciolo di cinghiale che si trascina sulle zampe paralizzate per non si sa bene quale morbo, poco prima di essere abbattuto da un colpo di fucile da parte delle guardie chiamate dai cacciatori, la richiesta è solo una: «Chiediamo all’assessore Mai di ufficializzare, tramite una comunicazione agli ATC (Ambiti territoriali di caccia) e ai comprensori alpini, la causa della morte dei cinghiali. Chiediamo certezze, per noi, per i nostri animali e per tutti i cittadini. Non ci basta sapere cosa è stato escluso come causa della morte degli animali: vogliamo sapere cosa ha ucciso i cinghiali».