Dal Senegal all’Italia per riportare la bottega del sarto a Ospedaletti
Badou fa orli, attacca bottoni e confeziona abiti africani che hanno conquistato le più giovani
A Ospedaletti dove molte saracinesche stanno chiudendo e neppure il calzolaio si trova più, un giovane arrivato dal Senegal ha aperto un laboratorio di sartoria. Si chiama Badou, ha 49 anni, e nella Città degli Rose è arrivato con una vecchia macchina da cucire nel 2016. Qui ha affittato un locale in disuso da tempo e lo ha trasformato in un coloratissimo atelier in cui trascorre le giornate facendo orli ai pantaloni, attaccando bottoni e confezionando abiti dal gusto tipicamente africano che hanno conquistato le più giovani, sia quelle del posto che quelle in vacanza.
«Ho iniziato a fare questo mestiere quando avevo 16 anni – ci racconta dal suo banco di lavoro –, mi ha insegnato mio cugino, il Senegal vive delle professioni artigiane e quella della sartoria è tra le più ricercate. Da quando sono ragazzo ho fatto tanti lavori, anche l’animatore turistico, ma questo è quello che mi appaga maggiormente». Per ago e filo Badou ha tanta passione. Un passione sconfinata che insieme all’esperienza gli hanno consentito di farsi un nome di riguardo in tutto il paese.
«L’accoglienza della comunità ospedalettese è stata di cuore. In realtà fin da quando sono arrivato in Italia, nel 2002, non ho mai avuto problemi. Le persone sono sempre state ospitali nei miei confronti», ci spiega sorridendo. E a Badou il sorriso non manca mai: è felice, perché la gente lo adora e lo stima. «Ho avuto il coraggio di aprire un’attività commerciale in una località che ha perso gran parte dei suoi negozi – sottolinea –. Pensate che il calzolaio più vicino si trova a Sanremo o a Bordighera, ed è un gran peccato: Ospedaletti è una cittadina meravigliosa e i giovani dovrebbero fare qualcosa, sbagliano a cercare fuori e a non volere fare i mestieri artigianali».
L’artigianato è nel cuore di Badou, come la sua Africa che ritroviamo nei capi e negli accessori che realizza. «Le stoffe me le mandano direttamente dal Senegal le mie sorelle – ci dice –. Il tessuto principale è il wax che negli ultimi anni è tornato di moda. I miei abiti rispecchiano il costume tradizionale africano e ricordano quelli che indossavano mia mamma e le altre signore del villaggio in cui sono nato». A questo punto, gli chiedo se gli manca il suo Paese e lui mi risponde: «Certamente, mi mancano i suoi colori, i suoi profumi anche se la cosa che mi manca di più sono i miei nipotini a cui spero un domani di insegnare questo fantastico lavoro».