Una sanremese all’Istituto nazionale di fisica nucleare di Milano per trovare una cura contro il cancro

13 luglio 2019 | 07:00
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Una sanremese all’Istituto nazionale di fisica nucleare di Milano per trovare una cura contro il cancro

Trent’anni a settembre e un dottorato in fisica all’Università di Pavia, Alessia Embriaco sta facendo ricerche nel campo dell’adroterapia

Sanremo. Può suonare strano che di cancro si occupino i fisici: da sempre la ricerca è nelle mani di medici, biologi o genetisti. Ma non è propriamente così. La sanremese Alessia Embriaco, assegnista di ricerca presso l’Istituto nazionale di fisica nucleare a Milano, da cinque anni è impegnata nello sviluppo dell’adroterapia, una tecnica contemporanea che usa fasci di ioni per il trattamento di tumori profondi.

Trent’anni a settembre e un dottorato in fisica all’Università di Pavia, Alessia non avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe entrate a far parte di un equipe il cui compito è quello di sviluppare una forma avanzata di radioterapia che sfrutta protoni e ioni carbonio per colpire le cellule tumorali. «La passione scientifica è nata con me – racconta –, ma se novella liceale era la matematica a interessarmi di più, in quinta mi sono innamorata dell’elettromagnetismo. Ho scoperto così la fisica, una disciplina applicativa oltreché teorica, che aiuta a risolvere i piccoli problemi quotidiani. È stato questo aspetto ad attrarmi particolarmente e che mi ha aperto alla fisica medica, campo a cui mi ci sono avvicinata quasi per gioco e che ora mi ha rapita in maniera totale».

All’Infn, uno dei più prestigiosi centri di ricerca di fisica subnucleare, nucleare e astroparticellare, la giovane scienziata di Sanremo lavora in un team interdisciplinare al fianco di biologi, radiologi, medici. Un ambiente ancora prevalentemente maschile ma che all’istituto milanese vede alle prese con microscopi e vetrini anche tante donne. «La fisica medica è un ramo a cui si stanno dedicando soprattutto le donne. Non voglio avventurarmi in un discorso di genere ma, mentre gli uomini spesso sono più affascinati dalla scoperta, noi donne siamo più interessate all’applicazione pratica, all’impatto delle formule e dei numeri nella vita di tutti i giorni».

«Io mi occupo principalmente di analisi e di sviluppare simulazioni al pc, collaboro agli esperimenti di laboratorio, ma la maggior parte delle mie giornate le trascorro in ufficio», sottolinea Alessia che con grande modestia aggiunge: «Faccio solo una piccola fettina di un grandissimo lavoro che mi riempie di soddisfazioni.  L’adroterapia è da tempo impiegata al Centro nazionale di adroterapia oncologica – Cnao di Pavia per il trattamento di tumori radioresistenti o inoperabili e tutti i piccoli progressi che ogni giorno facciamo vanno a migliorare le tecniche di cura. Un domani mi piacerebbe estendere i miei studi sulla fisica nucleare nell’ambito delle missioni spaziali dove si parla sempre di più di radioprotezione. Certamente resterò nel campo della ricerca, almeno per quanto potrò».

Purtroppo, infatti, non c’è nulla di nuovo, in Italia non c’è posto per i giovani ricercatori. Negli ultimi anni i bandi per i dottorati negli atenei si sono ridotti drasticamente, per non parlare degli assegni di ricerca: i contratti sono sempre più precari e le retribuzioni irrisorie. Menti brillanti come quelle di Alessia non possono fare altre che prendere quello che viene incrociando le dita affinché domani le cose evolvano. «In Italia la ricerca non è supportata e io come tutti i miei colleghi siamo vincolati a un lavoro instabile. Non per questo si parla quotidianamente di fuga di cervelli. A me non mi è mai capitata l’occasione, ma se arriverà, credo che non ci penserò né uno né due ad andare all’estero. Devo ammettere però che sono stata abbastanza fortunata: dopo la laurea magistrale ho subito intrapreso il dottorato che è durato tre anni, dopodiché sono entrata all’INFN. Il contratto durerà fino a dicembre ma non ci penso: amo quello che faccio e mi basta!»