Dolceacqua, condannato per calunnia dopo lite. Lo sfogo di Igor Cassini
Accoltellato nel 2016 dopo un diverbio: «Scrivo questa lettera per far capire ai cittadini cosa è avvenuto e per chiedere supporto e vicinanza»
Dolceacqua. «Sono stato condannato dal tribunale di Imperia a due anni di reclusione oltre ad un obbligo di risarcimento enorme, per il reato di calunnia nei confronti di una persona che durante una colluttazione mi ha ferito brandendo un coltello». Inizia così lo sfogo di Igor Cassini, agente di polizia municipale in servizio nel borgo dei Doria, condannato in primo grado per il reato di calunnia dopo che, insieme al cognato Federico Rondelli, era rimasto coinvolto in una lite a Dolceacqua, nell’agosto del 2016, che aveva portato all’arresto, con l’accusa di tentato omicidio, di Antonio Turco, residente a Rocchetta Nervina. Turco è poi stato ritenuto innocente, tanto che il caso era stato archiviato dal giudice.
«La sera del 17 agosto del 2016 – questo non l’ho mai negato, ho avuto un alterco con un uomo in pieno centro a Dolceacqua dopo che, sempre con lo stesso, nel pomeriggio, avevo avuto un duro confronto per motivi lavorativi legati alla mia attività di vigile urbano», aggiunge Cassini che ricorda ancora molto bene quel giorno e soprattutto quella sera quando, dice, «purtroppo ci siamo incrociati e il rancore è sfociato in lite e la lite è diventata colluttazione».
A ricordare quei giorni, se la memoria non bastasse, ci sono quelle cicatrici rimaste sul corpo di Cassini, ferito da un coltello, come risultato poi dalla perquisizione personale compiuta dai carabinieri su Turco «avente una lunghezza complessiva di 16,5 cm, con una lama della lunghezza di 8, pieghevole sul manico e sulla quale erano visibili tracce ematiche». L’arma è stata sequestrata dai militari.
Il costato di Igor Cassini segnato da una lunga cicatrice
«Non voglio entrare nel dettaglio delle responsabilità ma in quegli attimi é successo semplicemente che ho riportato ferite da arma da taglio – dice Cassini – Lo dicono le cicatrici sul mio corpo. Lo dice il referto del pronto soccorso dove sono stato portato in ambulanza d’urgenza subito dopo il fatto. Lo dice la testimonianza di una persona che ha assistito ai fatti.
Ma soprattutto lo dice la dichiarazione rilasciata ai carabinieri dalla stessa persona che avrei calunniato, la quale riferisce di avere avuto paura di essere picchiato e di avere pertanto estratto il coltello dalla tasca e colpito più volte».
Il coltello sequestrato dai carabinieri
Tra le carte relative al processo, si trovano le dichiarazioni di Turco al gip: «Il vigile, non più in divisa, mi ha chiamato. Pensavo volesse solo parlare. Erano presenti due ragazzi […]. Mi hanno attirato in un portoncino dietro al bar Centrale, una persona mi ha aggredito alle spalle, sollevato, ed hanno cominciato a colpirmi a pugni e calci. Avevo un coltello in tasca, l’ho preso e ho cominciato ad agitarlo. Era buio non so dove li ho colpiti. Le botte sono state forti, la mia è stata legittima difesa». Per le «botte forti», Turco ha riportato contusioni giudicate guaribili in cinque giorni dai medici del pronto soccorso che lo hanno visitato e dimesso. Le testimonianze raccolte a favore di Turco hanno dichiarato, a differenza di quanto sostenuto dall’uomo, che era stato lui ad avvicinarsi per primo a Cassini e non il contrario.
«Alcuni giorni dopo – aggiunge Cassini – ho trovato davanti al municipio una busta contenente proiettili e la scritta ‘per Igor’. E un murales scritto contro di me. Ho sporto denuncia, ma senza sapere più nulla». «Big gym infame… per te solo le lame – è scritto in nero – Grande Antonello», riferito ad Antonio Turco, accusato di aver accoltellato Cassini.
«In tutto questo, alle fine, sono stato condannato io per calunnia – conclude – Ma di cosa avrei calunniato quest’uomo? Mi sono semplicemente limitato a rispondere alle domande dei carabinieri che raggiungendomi in ospedale la sera stessa, mi chiedevano come mi fossi procurato i tagli sul corpo. A loro ho semplicemente riferito l’esatta dinamica dei fatti, suffragata e confermata dalle prove raccolte. E ciò che mi lascia ulteriormente perplesso é il fatto che mio cognato, presente durante la colluttazione e egualmente ferito con delle coltellate ha riferito le stesse cose che ho detto io. Ma, non capisco perché, solo le mie parole sono state ritenute essere delle calunnie e pertanto solo io sono stato denunciato, quando invece entrambi abbiamo fornito la stessa reale descrizione dei fatti accaduti ai militari. Scrivo questa lettera per far capire ai cittadini cosa è avvenuto e per chiedere il supporto e la vicinanza a me e alla mia famiglia che sta soffrendo per questa situazione».