Antenne per il 5G a Sanremo? No, grazie. Lanciata petizione online
Appello rivolto al sindaco Biancheri
Il Principato di Monaco è da poco diventato il primo Paese al mondo ad avere una copertura totale della nuova rete 5G e a Sanremo scatta la petizione per tenere lontane le antenne della telefonia mobile dal territorio comunale.
A lanciare la raccolta firme online (su Changhe.org) è una cittadina matuziana che ha scritto un appello diretto al sindaco Alberto Biancheri: «Non vogliamo antenne per il 5G a Sanremo, perché aumenterebbero troppo il livello di inquinamento elettromagnetico cui siamo già sottoposti, spiega Stefania Asplanato nel suo invito pubblico a sottoscrivere il documento.
Gentile Sindaco – continua l’appello – , le scriviamo perché, essendo Lei investito di preminenti funzioni e prerogative in materia di tutela della salute pubblica, ci sentiamo in dovere di informarLa che l’installazione e l’esercizio di antenne 5G può mettere a rischio la salute pubblica.
In particolare, crediamo debba sapere che l’Associazione Malattie da Intossicazione Cronica e Ambientale (A.M.I.C.A.) ha fatto una richiesta di accesso agli atti per sapere se il Governo abbia richiesto il parere sanitario alle agenzie di salute pubblica sulla sicurezza delle radiazioni del 5G, previsto dalla Legge di Riforma Sanitaria n. 833 del 1978. Tale legge prevede che, in materia di immissione di forme di energia nell’ambiente, il Governo debba richiedere il parere sanitario a due enti, l’Istituto Superiore di Sanità e l’ISPESL (le cui funzioni oggi sono state assunte dall’INAIL), come è stato fatto prima della commercializzazione delle frequenze della telefonia mobile nel 1997.
Ebbene: l’INAIL, il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero della Salute, il Consiglio Superiore di Sanità e l’Istituto Superiore di Sanità, tutti, indistintamente, hanno dichiarato che non è stato chiesto, né altrimenti acquisito, alcun parere sanitario. Sempre il Ministero della Salute ha pure comunicato ad A.M.I.C.A. che “non risultano atti che coinvolgano lo scrivente Ufficio e la Direzione generale nell’ambito del processo di concessione delle frequenze per la rete di telecomunicazioni 5G, né l’argomento è stato oggetto di pratiche istruite presso il Consiglio Superiore di Sanità.”
Tale parere, a nostro avviso, andava obbligatoriamente richiesto ed acquisito per due motivi:
1. le radiazioni del 5G vanno a sommarsi a quelle della telefonia mobile attuale (2G, 3G, 4G, LTE) ed è necessario valutare l’impatto sulla salute pubblica, sulla flora e sulla fauna, della sommatoria degli effetti biologici causati dall’esposizione sinergica a tutte queste frequenze insieme, soprattutto in considerazione del fatto che la ricerca ha trovato effetti biologici potenzialmente responsabili di rischi di patologie neurodegenerative, come l’Alzheimer, ormonali, per la fertilità, nonché rischi per la flora e per la fauna, anche al di sotto degli attuali limiti di legge.
2. la ricerca sugli effetti biologici delle frequenze 5G, soprattutto sulle onde millimetriche, è scarsissima, non ci sono studi epidemiologici e si sa solo che le ghiandole sebacee, con la loro forma a tubo elicoidale, costituiscono delle antenne riceventi per le onde millimetriche e ne sono quindi il target primario.,
Fino ad oggi le onde millimetriche erano state usate solo in ambito militare per i sistemi di dispersione delle folle (active denial system), che creano una sensazione di riscaldamento intenso.
Già nel 2008 due ricerche avevano evidenziato che le onde millimetriche, essendo usate in modo fortemente polarizzato, potrebbero creare punti di accumulo e sovra riscaldamento anche a livelli inferiori agli attuali standard di sicurezza.
Identico è lo scenario fuori dai confini nazionali: i soggetti industriali interessati alla tecnologia “5G” negli U.S.A. sono comparsi il giorno 7.2.2019 ad un’audizione presso il Senato americano, Comitato “Commerce, Science, and Transportation”, competente in materia, ammettendo di non essere a conoscenza di alcuno studio in corso sulla salubrità delle onde elettromagnetiche generate dallo standard in questione. Specificamente, da parte del rappresentante di CTIA è stato affermato: “There are no industry-backed studies, to my knowledge right now” e “to my knowledgethere’s no active studies being backed by industry today”, ovverosia “attualmente non vi sono studi sostenuti dall’industria, per quanto ne so io” e “a mia conoscenza non ci sono studi attivi sostenuti oggi dall’industria”.
In sostanza, secondo tutte le fonti pubbliche sinora consultate e disponibili, non esistono prove che l’uso del 5G si possa considerare sicuro per la salute e, dunque, sembra che queste frequenze siano state concesse all’industria senza che il Governo si sia preoccupato dei rischi per la salute pubblica e per l’ambiente, esponendo la vita umana e animale ad una vera e propria sperimentazione vista l’assenza di prove di assenza di danno, e l’assenza di studi in corso.
Le amministrazioni comunali dispongono oggi di evidenze certe (l’evoluzione scientifica sotto riportata, l’appello del Rapporto Bioinitiative 2007 e 2012, la Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 2011) che gli attuali limiti massimi di campo elettromagnetico da radiofrequenze non siano – in generale – conservativi della salute umana e dunque debbano essere fortemente ridimensionati: ma ciò implica anche automaticamente, come ovvio, che i livelli di esposizione attuale non debbano essere per alcuna ragione aumentati né oltrepassati, come invece avverrebbe qualora alle attuali tecnologie “2G”, “3G”, “4G” e “4.5G” cui è già esposta la popolazione e che come detto, resteranno in vigore, per le diverse funzioni e finalità che assolvono, dovesse aggiungersi il contributo dell’elettrosmog da standard “5G”.
Il quadro, per come ora delineato, infrange, violandoli, diversi principi normativi nazionali, fra cui segnaliamo la L. 36/01 finalizzata, come dal nome stesso della norma, alla “protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”, e comunitari, a partire dal principio di precauzione sancito dall’articolo 191 del Trattato sull’Unione Europea (già art. 174 del TCE), di diretta applicazione e frequentemente richiamato nel diritto nazionale.
Tale principio generale è fatto proprio nella giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea secondo cui “la protezione della salute ha la precedenza sulle considerazioni economiche” ed in diverse occasioni anche il governo dell’Unione Europea ha affermato che, quando una attività o una tecnologia susciti il forte dubbio di essere dannosa per la salute e per l’ambiente, occorre prendere le necessarie misure precauzionali anche in assenza di una chiara relazione causa-effetto dimostrata su base scientifica fra quell’attività e il danno che potrebbe derivare [cfr. fra le altre la Comunicazione della Commissione Europea sul ricorso al principio di precauzione (COM(2000) 1 final. del 2 febbraio 2000)]. Le ricordiamo inoltre che qualsiasi sperimentazione sull’Uomo senza consenso rappresenta una violazione del Codice di Norimberga, e a questa associazione risulta che siano già stati depositati esposti basati su tale ultima considerazione presso le competenti autorità sovranazionali proprio in ambito di inquinamento da standard “5G”.
Per tutti questi motivi, Le chiediamo di non autorizzare nel futuro l’installazione di antenne 5G sul territorio del quale Lei è responsabile, né l’esercizio dei relativi impianti.
Ciò potrà avvenire, naturalmente sulla base del Suo prudente apprezzamento, sia attraverso ordinanze previste dal T.U.E.L.(artt. 50 e 54), sia attraverso il regolamento per localizzazione di antenne.
Per quanto riguarda le prime, risulterà imprescindibile dimostrare le basi scientifiche e giuridiche che sorreggono il provvedimento. Ed infatti la casistica giurisprudenzialeamministrativa dimostra che i TAR hanno chiaramente preteso la prova della motivazione riguardo alla sussistenza dei presupposti:ovvero di quali fossero gli effettivi pericoli per la salute pubblica attualmente e direttamente derivanti dalla presenza delle cose o oggetti regolate con il provvedimento ex T.U.E.L., così come dell’obbligatoria esplicitazione delle ragioni per le quali a tali pericoli non si potesse fare fronte mediante ricorso agli ordinari strumenti previsti dalla vigente normativa statale e cioè dell’inesistenza di rimedi ordinari alternativi per l’esercizio di tale potere atipico.
Per quanto concerne invece il regolamento, visto tutto quanto sopra, il Suo Comune, sempre a fronte delle medesime motivazioni, ovvero preponderanza dell’evidenza sui rischi di danni irreversibili alla salute, ed in assenza di interventi di altre amministrazioni, statali ovvero regionali, può introdurre nell’esistente (o emanando nuovo) regolamento comunale sulla localizzazione delle antenne, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della l. 36/2001, un divieto di installazione o di gestione di impianti ed antenne (valevole nel caso anche per le esistenti SRB che potessero essere fisicamente convertite ad una nuova frequenza, così peraltro bypassando il divieto di retroattività del regolamento) generanti campi elettromagnetici riconducibili allo standard ed alle frequenze “5G”.
Il tutto, si ritiene (per conservare la legittimità dell’azione amministrativa del Suo Comune), necessariamente preceduto da formali quanto semplici richieste da parte della Sua Amministrazione agli enti competenti sopramenzionati, ivi compresa l’ARPA Regionale, di attestare per iscritto l’assoluta innocuità per la popolazione dall’eventuale esposizione alle RF dello standard “5G”, richiedendo, altresì, di rendere noti gli studi e gli esiti che essi dovessero avere eventualmente medio tempore compiuto.
Per un approfondimento sui rischi correlati alle radiazioni da radiofrequenza e, in particolare del 5G, La invitiamo a leggere:
− l’Appello degli Scienziati per la Moratoria del 5G alla Commissione Europea, sottoscritta da 164 scienziati e medici e da 95 organizzazioni non governative secondo i quali il 5G aumenterà l’esposizione a radiazioni da radiofrequenza oltre a quelle già in uso del 2G, 3G, 4G, Wi-Fi, con un conseguente rischio per la salute umana e per l’ambiente;
− la petizione “EMF Call”, sostenuta da 247 scienziati il 30 Ottobre 2018 secondo la quale servono nuove linee guida più stringenti sui campi elettromagnetici;
− lo studio sul 5G del Dott. Agostino Di Ciaula di ISDE Italia;
− il parere del Comitato Scientifico sui Rischi Sanitari Ambientali ed Emergenti (SCHEER) della Comunità Europea del 14 Gennaio 2019, nel quale si evidenzia che non ci sono ancora certezze sulla innocuità sulla telefonia 2G, 3G e 5G, e le incertezze sono persino superiori sul 5G per il quale ci sono pochissimi studi;
− lo studio pubblicato nel 2014 su Pathophysiology di LennartHardell, epidemiologo svedese esperto di cancerogenesi dei cellulari, secondo il quale la radiofrequenza rientra nei parametri di classificazione dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) come Cancerogeno certo per l’Uomo (Classe 1);
− gli studi dell’Istituto Ramazzini di Bologna e del National Toxicology Programme degli Stati Uniti, condotti entrambi su topi e ratti irradiati a radiofrequenza, concludono entrambi che c’è un rischio di sviluppare tumori delle cellule nervose, colmando la lacuna degli studi su animali che aveva fatto propendere nel 2011 la IARC per una classificazione come possibile cancerogeno (Classe 2B), invece di probabile (Classe 2A).
Sulla base di queste legittime preoccupazioni diversi Sindaci in Italia e all’estero hanno già deliberato che non consentiranno l’installazione delle nuove antenne 5G, per esempio il Sindaco di Morino, che si rifiuta di rendere i suoi cittadini delle cavie, il Municipio XII di Roma, così come 300 Sindaci degli Stati Uniti, la Municipalità di Bruxelles, l’Olanda e la Svizzera.
Restiamo a disposizione per fornire ulteriore documentazione e supporto nell’interesse della salute dei cittadini e per la salvaguardia della flora e della fauna del Suo territorio.
Cordiali saluti».