L’imperiese Achilex è un fenomeno dei videogiochi: si piazza nell’elite di esports di “League of Legends”

Il 25enne Domenico Mineo di Soldano entra in top 200 su più di cento milioni di giocatori mensili in Europa
Soldano. Il 25enne Domenico Mineo è riuscito a piazzarsi tra i primi 200 su cento milioni di giocatori mensili in Europa nel videogioco online del genere Moba League of Legends.
Un traguardo eccezionale per un giovane giocatore appassionato come lui. «Ho iniziato a giocare a League of Legends circa sette anni fa – racconta – All’inizio ci giocavo molto sporadicamente, poi con il passare del tempo sempre più spesso. Gioco sempre da casa mia che si trova in collina. Uno dei principali problemi del giocare online è infatti l’avere una linea internet debole. Inizialmente giocavo anche con un computer scadente e perciò era un vero problema, visto che si gioca per tante ore al giorno».
«Questo gioco ormai fa parte della mia vita, è cresciuto con me – svela – Ci ho giocato per tutto il periodo in cui sono andato all’università e ora accompagna la mia vita lavorativa. Quando sei all’università riesci a ritagliare molto più tempo, perché finito l’esame o i corsi si può dedicare al gioco buona parte delle ore della giornata, adesso lavorando ci gioco principalmente alla sera o nel tempo libero. Quello che ha dato un po’ la svolta alla mia performance è stato il fatto di aver potenziato internet, quest’anno la tecnologia me l’ha permesso».
Per riuscire a raggiungere un tale livello Achilex, il suo nickname nel gioco, si è adoperato di tanta pazienza e strategia. «Per giocare bisogna avere molte abilità e questo è uno dei motivi che mi hanno fatto appassionare a League of Legends – afferma – Fin da piccolo sono stato un videogiocatore, ho sempre giocato ai videogiochi, però riuscire a giocare per sette anni sempre allo stesso gioco che ha la medesima mappa, non ha livelli né cose da sbloccare, è stata una sfida emozionante. Il gioco è sempre lo stesso, in effetti è molto simile allo scacchi, cioè in ogni partita hai sempre gli stessi pezzi e vai sempre nella stessa direzione, ovvero fare scacco matto. Vince chi ha la strategia migliore. E’ questo che mi ha colpito di questo gioco: è molto strategico. Le abilità necessarie per questo gioco sono la pazienza, l’essere lucidi, bisogna avere una meccanica a livello di abilità nel movimento delle dita molto sviluppata e allenata, avere una visione di gioco che va sulla strategia e sapere l’inglese. Se mancano tasselli di strategia non si riesce molto spesso a giocare, anche perché è un gioco di squadra con persone casuali. La maggior parte dei compagni sono stranieri e non ricapitano mai nella stessa squadra».
Il gioco è basato su diverse modalità di gioco. Gli avversari vengono accoppiati basandosi sul sistema del punteggio di Elo per il punteggio medio di ogni giocatore individuale. Può essere giocato in cinque diverse modalità: tutorial, practice, co-op vs IA, normal e ranked. In League of Legendsil campione inizia il match al livello 1 per arrivare fino al livello 18. Ogni passaggio di livello, oltre a migliorare le statistiche complessive del personaggio, permette di potenziare di un grado una delle quattro abilità disponibili.
Il gioco ha però sia aspetti positivi che negativi: «Chi gioca lo fa per cercare di salire di grado, per ottenere il prestigio. Ogni volta che che si diventa ferro, bronzo, argento, oro, platino, diamante, master, gran master o challenger, che è dove sono arrivato io, si ottiene un titolo d’onore, che ti classifica come un mestiere nella vita reale o un guadagno. Se tu raggiungi un grado la gente ti rispetta. Ciò ti appaga molto quando si vince, perché ti dà l’idea di aver sovrastato l’avversario, visto che sei stato più intelligente di lui e perciò lo hai soggiogato e superato. La parte negativa è che quando si perde, la sconfitta è difficile da digerire, perché si è consapevoli che l’altro è superiore e migliore di te. Si tende tantissimo a dare la colpa agli altri, non ti prendi mai la responsabilità delle tue azioni. Tendi sempre a giustificarti e dare la responsabilità agli altri».
La passione per i videogiochi di Domenico è nata fin dall’infanzia: «E’ nata da piccolo con Super Mario con il Nintendo 64. Sono rimasto subito colpito dalle immagini che si muovevano. Giocare con le macchinine significava, per esempio, dover inventare un percorso, una gara e giocare, invece con Super Mario Kart era già tutto impostato, potevi divertirti a gareggiare e vincere. Era una simulazione reale del tuo pensiero ed era davanti ai tuoi occhi e perciò rendeva tutto fantastico. Anche giocare ad altri giochi era fantastico perché bisognava solo vivere una storia già predisposta. Tutti i ragazzi amano queste cose, poi però crescendo perdono un po’ questa passione. Su di me invece è rimasta. Ogni gioco è diverso, crescendo uno gioca per sperimentare, provare e criticare. Dipende da che tipo di videogiocatore si è».
«Oggi i videogiochi sono sempre più popolari perché la tecnologia spinge su una grafica sempre migliore – dichiara – Il videogioco che poteva essere un Pac man con una grafica brutta rispetto alla realtà, ora diventa una cosa spettacolare e bella da vedere. E’ chiaro che quando diventa molto vicino ad un ideale, anche di una persona che non ha mai amato i videogiochi li apprezza, sia per il livello grafico che la storia. Il videogioco di ruolo funziona perché coinvolge solo te, inoltre si può giocare comodamente da casa, è perciò alla portata di tutti. Il mercato si è spostato, con l’avvento dello smartphone e dei social la gente si isola, sta più volentieri a casa. Questa finta convinzione di essere connesso agli altri anche se non è così, facilita lo starsene a casa. Ho diversi amici in Inghilterra e in Corea che sento regolarmente e non sento la distanza effettiva ed è una cosa positiva. Dall’altro lato però è anche spaventosa perché sentendoci sempre su internet da casa, non usciamo mai».
Mineo sottolinea come i videogiochi siano appassionanti e divertenti ma nel contempo pericolosi: «Il pericolo non è tanto il fatto che realtà e finzione si possano intersecare e confondere, anzi una persona violenta può trovare nel gioco una valvola di sfogo. E’ impossibile che una persona buona sia invogliata dal gioco a sparare, per esempio, nella realtà. Può però essere una sorta di scappatoia dalla vita e dai problemi reali e quindi il pericolo è che ci si rifugi nel videogioco finendo per isolarsi. Al momento, tra tutti i gradi, io sono nella vetta. E’ una situazione chemi appaga immensamente e mi rende felice, però sono consapevole che è un gioco. Ci sono persone invece che dedicano la vita al gioco, puntano tutto sul gioco e pensano di poter addirittura guadagnare giocando. La vedono come una strada per sfondare e poi alla fine non guadagnano nulla. Fortunatamente non è il mio caso».