Emanuele Cannoletta, il sanremese che ha portato l’antica arte della gioielleria nell’era 3.0
Ha ereditato un mestiere di famiglia trasformandolo in una nuova professionalità
Sanremo. Sempre più giovani tornano ai vecchi mestieri: tornano a fare i carpentieri, i pasticceri, i tessitori e anche gli orafi, come Emanuele Cannoletta, sanremese, 32 anni ad agosto, che ha ereditato un mestiere di famiglia secolare adattandolo però all’era 3.0.
«In realtà non volevo fare l’orafo come lo sono stati mio nonno e mio papà – racconta il giovane accogliendoci nel suo laboratorio in via Palazzo –. La mia passione per quest’arte è arrivata quando ero all’università. Mi sono laureato in architettura e studiando ho scoperto la scultura che mi ha spinto a interagire in prima persona con la materia. Avvicinandomi in questo modo all’oreficeria sono venuto a conoscenza di tutto quello che è il mondo dell’artigianato, dei mestieri d’arte vecchia scuola e di quelle tecniche che piano piano stanno scomparendo ma che in realtà costituiscono un grande patrimonio per la nostra cultura».
Ad affinare quell’universi fatto di archetti, lenti d’ingrandimento, gemme preziose con cui da settant’anni esatti la famiglia di Emanuele è conosciuta in tutto il territorio (e non solo) sono stati gli studi all’Accademia di arti orafe di Firenze. «I segreti del mestiere me li ha insegnati il nonno quando ero appena un adolescente, a cominciare da come si tiene pulito un banco. L’apprendimento completo e la didattica finale l’ho ottenuta, però, frequentando l’Accademia di Firenze. Qui ho imparato ogni cosa: dalla prima saldatura al passaggio delle carte per togliere i segni fino alle tecniche più complesse».
La ricerca e lo studio hanno inoltre spinto Cannoletta junior ad aprire l’antica arte della gioielleria praticata dal nonno Antonio alla modernità. «Tutti i pezzi che realizzo sono frutto di una ricerca personale che nasce con la progettazione e cresce seguendo processi di lavorazione artigianale. Non faccio una gioielleria tradizionale al 100%: cerco di dare una botta di modernità a ogni pezzo che realizzo».
E se la gioielleria contemporanea non può fare a meno della sperimentazione, nel laboratorio del giovane orafo sanremese non possono mancare materiali inconsueti il cui impiego vuole sfidare lo stesso concetto di preziosità. «Per dare vita a un gioiello possiamo utilizzare qualunque oggetto. Qualche anno fa, ad esempio, ho creato un anello da un favo dei miei alveari. L’ho vetrificato, smaltato e, con l’intento di muovere una critica all’uso dei pesticidi in agricoltura, l’ho chiamato “Alveare avvelenato”. Questo anello avrebbe fatto inorridire un gioielliere del Settecento, oggi invece ha ottenuto parecchi apprezzamenti, tanto che l’ho esposto al Shanghai Design Week del 2015».
Un mestiere nostalgico quello di Emanuele Cannoletta? Non proprio, perché se gli attrezzi sono quelli di una volta, il lavoro che il 32enne svolge ogni giorno nel suo studio (in realtà vecchia casa degli amati nonni) è di fatto una professionalità nuova che sfruttando la rivoluzione tecnologica ha saputo creare anche un nuovo business. «È vero che alcune tecniche non possono essere riproducibili con i macchinari ma è altrettanto vero che ci sono alcuni passaggi nel processo di creazione di un gioiello che possono essere fortemente aiutati dalla tecnologia. Senza considerare l’aspetto dei social media: in un’epoca in cui la grande distribuzione e i grandi brand occupano le porzioni più ampie del mercato, la possibilità di avere una finestra sul mondo ci permette di fare un lavoro antico che magari non colpisce il nostro vicino di casa ma tanta altra gente in giro per il globo sì. Internet ci ha concesso di fare un lavoro di nicchia raggiungendo però la nicchia del mondo».
E ai giovani che vogliono intraprendere un mestiere artigianale come il suo, Emanuele consiglia «di buttarsi, di lavorare con il cuore prima ancora che con il cervello. Di questi mestieri ne esistono ancora tanti, tutti validi e preziosi. Ghandi diceva che chi non lavora con le mani non ha la musica nella sua vita. Ed è proprio così, perché soltanto i mestieri d’arte creano quel silenzio dentro di noi che ci permette di avvicinarci alla nostra anima. Soltanto loro ti trasformano nel custode di una disciplina antica».
(Foto: profilo Facebook Emanuele Cannoletta)