Sanremo, il Tar su Piazzale Ciuvin: nessun abuso. Stop all’ordinanza del Comune

13 maggio 2019 | 19:06
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Sanremo, il Tar su Piazzale Ciuvin: nessun abuso. Stop all’ordinanza del Comune

Nella sentenza, emessa nei giorni scorsi, i giudici hanno dato ragione alla Idroedil sul ripristino dei luoghi

Sanremo. Per il Tribunale amministrativo regionale ci sono gli estremi per accogliere il ricorso presentato dalla Idroedil S.r.l. contro il provvedimento del comune che mirava al ripristino dello stato dei luoghi in piazziale Ciuvin.

La vicenda nasce nel lontano 1981, quando l’area (subito sopra il carcere di Valle Armea) viene chiesta in concessione dalla società tabiese per farvi nascere un’attività agricola. Vede nel frattempo alternarsi 12 ordinanze in 15 anni per lo stoccaggio di materiale inerte e rifiuti ingombranti derivanti dalla raccolta differenziata. A oggi la vallata nella quale passava il rio Ciuvin che ha dato il nome al piazzale, si presenta come un enorme spiazzo a cielo aperto.

Il caso era diventato di dominio pubblico quando fu presentato un esposto in Procura nel settembre del 2017 dal Movimento 5 Stelle cittadino, il quale aveva paventato l’ipotesi che sotto il cemento potesse trovarsi una discarica abusiva. Sempre secondo i 5Stelle, i lavori avrebbero portato alla copertura non solo del rio ma anche della strada pubblica.

Nella sentenza, emessa nei giorni scorsi, i giudici hanno dato ragione all’impresa di Taggia, rigettando l’istanza di ripristino dei luoghi predisposta da Palazzo Bellevue.

«Per noi non cambia niente. Vogliamo sapere sotto il piazzale cosa sia stato stoccato. Aspettiamo i carotaggi», commentano i pentastellati.

La nota ufficiale di Idroedil a commento della sentenza: «Particolarmente rilevante il passaggio in cui il TAR ha evidenziato “l’evidente incongruità delle ragioni sottese al diniego dell’istanza medesima, essenzialmente riferite alla rappresentazione di un’area più ampia di quella già trasformata, poiché superate dagli eventi che, di fatto, hanno reso inscindibile la trasformazione abusivamente attuata dal privato da quella, più consistente, provocata dall’azione autoritativa dell’Amministrazione… In definitiva, è stato lo stesso Comune a determinare la trasformazione del sito, reiterando l’ordine di conferirvi materiali inerti, al punto che non si può discernere l’originaria modifica abusiva da quella imposta dall’Autorità. Senza trascurare il fatto che, nelle menzionate ordinanze contingibili e urgenti, il Sindaco di Sanremo aveva valutato positivamente le possibilità di ampliamento della discarica, anticipando una sorta di giudizio favorevole sulle opere oggetto dell’istanza di condono che ha trovato conferma nella deliberazione consiliare n. 204 del 1989, di approvazione del progetto per la formazione di una discarica di rifiuti inerti. A fronte di tali presupposti, evidenti ragioni di coerenza dell’azione amministrativa, oltre che di giustizia sostanziale, si frappongono al rigetto di un’istanza di condono edilizio non più attuale da lungo tempo e, soprattutto, all’adozione delle consequenziali misure ripristinatorie che, in sostanza, veicolano l’accollo al privato degli ingenti costi per la rimozione dei rifiuti conferiti in base agli ordini del Comune».

«In sostanza il TAR Liguria, in accoglimento dei 4 ricorsi presentati avverso i provvedimenti comunali, ha annullato il rigetto del condono e l’ordine di ripristino, condividendo le tesi dei ricorrenti, in particolare sotto il profilo dell‘assenza di responsabilità per la realizzazione della discarica, atteso che la stessa era stata di fatto autorizzata, negli anni, da ordinanze contingibili ed urgenti dei Sindaci del Comune di Sanremo che si erano avvicendati negli anni 80. In particolare il TAR ha evidenziato che ragioni di giustizia sostanziale e di coerenza amministrativa impediscono di ritenere un privato responsabile di abusi edilizi laddove lo stato dei luoghi sia mutato per sopravvenuti atti e scelte della stessa Amministrazione che con propri ordini ha autorizzato nel tempo la collocazione dei rifiuti».

Leggi la sentenza qui