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Sanremo, Giovanna Baldassare a R24: «La Liguria è una delle regioni più colpite da demenza senile»

10 maggio 2019 | 10:36
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Sanremo, Giovanna Baldassare a R24: «La Liguria è una delle regioni più colpite da demenza senile»
Sanremo, Giovanna Baldassare a R24: «La Liguria è una delle regioni più colpite da demenza senile»
Sanremo, Giovanna Baldassare a R24: «La Liguria è una delle regioni più colpite da demenza senile»

La neurologa ha parlato della malattia neurodegenerativa dell’encefalo e delle sue tipologie più note, come l’Alzheimer

Sanremo. «La Liguria è una delle regioni più colpite da demenza senile rispetto alla media italiana. E’ un’emergenza sanitaria – dichiara ai microfoni di R24 la neurologa Giovanna Baldassare, libero professionista presso l’Esperia coinvolta nel progetto “Palestra della Mente”, già responsabile Servizio di Neurofisiologia Ospedale Sanremo – C’è differenza tra demenza presenile e senile, prima dei 65 anni si ha quella presenile, mentre dopo i 65 quella senile».

La demenza senile è una malattia neurodegenerativa dell’encefalo, che colpisce le persone anziane e determina una riduzione graduale e irreversibile delle facoltà cognitive. Le tipologie principali e più note sono il morbo di Alzheimer, la demenza vascolare e la demenza a corpi di Lewy.

«Negli anni ’80 -’90 c’è stato il picco di questa malattia. I numeri nella nostra regione sono dei numeri importanti, in Italia si stima più di 1 milione e 400 mila di cui la metà è rappresentata da Alzheimer. In Liguria aumentano i casi perché le persone vengono in Riviera a passare la pensione, è una regione vecchia – spiega durante il programma di Giusy Di Martino – L’incidenza aumenta con il  progredire dell’età. La malattia viene diagnosticata due anni dall’esordio. Non si manifesta in maniera improvvisa, è una subdola e progressiva perdita di alcune funzioni cognitive. Subito è un disturbo di natura organica, acquisita perché il paziente aveva delle funzioni cognitive normali e le ha perse. E’ un disturbo multiplo che non interessa esclusivamente la memoria. Inizia con la perdita di memoria a breve termine, mentre la memoria del passato rimane integra perché è in una zona del cervello che non viene intaccata se non in fase molto tardiva, successivamente si hanno altri deficit, disturbi del linguaggio e aprassia, che significa mancanza delle prassie. Si perde perciò la capacità di poter fare gesti complessi, come una sequenza di gesti per fare un’azione, per esempio: prendere una tazza di caffè, prendere lo zucchero, scioglierlo nella tazza, prendere il cucchiaino e girarlo nella tazza, può risultare complicato».

«Progressivamente il paziente perde le proprie autonomie per questo motivo i pazienti sono totalmente a carico di qualcuno, che molto spesso è un familiare – precisa all’interno dello spazio della dottoressa Paola Sciolla – E’ un decorso fluttuante, spesso i pazienti sono calmi al mattino, agitati nel pomeriggio e non dormono di notte. Ad un certo punto alcune sinapsi vanno in tilt, perciò a seconda della giornata vi sono atteggiamenti diversi. Vi sono anche alterazioni psichiche, alcuni soggetti diventano apatici e passano le giornate sul divano, altre persone sono agitate mostrando agitazioni verbali o aggressioni fisiche. Spesso i familiari non sanno come gestirli. A volte i tranquillanti funzionano, altre volte invece agitano, altri farmaci che si danno per farli dormire provocano invece agitazione e così soffrono di insonnia. Il paziente non si rende conto dei suoi problemi, non soffre, mentre è chi gli sta accanto che soffre».

«La malattia per i familiari non è facile da accettare soprattutto all’inizio. Poi piano piano la malattia si manifesta nella sua completezza e perciò si rassegnano. Il familiare a volte perde la pazienza perché è difficile stare accanto a persone malate di demenza, non riesce a gestirla e così spesso sorge in lui il senso di colpa, che nasce anche quando si fanno internare i pazienti in centri specializzati» – sottolinea.

«Non esiste solo l’Alzheimer, esistono anche altri tipi di demenze, come quella di natura vascolare, legata all’invecchiamento dei vasi. L’unica cosa che si può fare è la prevenzione, mantenendo uno stile di vite sano,proteggendo il capo da traumi cranici, facendo attività fisica regolare, seguire un‘alimentazione sana, mantenere il cervello attivo, la palestra della mente ne è un esempio, sfidare la mente con, per esempio, le parole crociate che mantengono attive le sinapsi, smettere di fumare, controllare la pressione arteriosa e laglicemia, stare attenti al sovrappeso, cercare di dormire regolarmente, andando a dormire sempre alla stessa ora. I giovani hanno bisogno di dormire otto ore, crescendo si può dormire anche meno, a volte possono essere sufficienti cinque o sei ore, l’importante è sentirsi riposati al risveglio» – consiglia.

«Non ci sono purtroppo terapie, al momento vi sono solo studi sperimentali. Vi sono centri Uva (Unità Valutative Alzheimer) che diagnosticano la malattia e prescrivono farmaci che rallentano la perdita progressiva delle funzioni cognitive. Se dati all’inizio della malattia possono rallentarne la progressione allungandone i tempi. Possono però avere effetti collaterali sulla frequenza cardiaca, possono creare rallentamenti cardiaci e nausee, sono sintomi molto rari e transitori. Quando la malattia è molto progredita però non ha senso darli» – conclude. La neurologa Giovanna Baldassare tornerà su R24 il 24 maggio.