Imperia, la fotografa d’arte Giulia Quaranta Provenzano a Parigi con la sua “universale Dualità”

25 maggio 2019 | 20:05
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Imperia, la fotografa d’arte Giulia Quaranta Provenzano a Parigi con la sua “universale Dualità”

E’ stata invitata ad esporre dalla Storica e Critica d’Arte Leonarda Zappulla

Imperia. La giovane fotografa d’arte Giulia Quaranta Provenzano presto sarà a Parigi con la sua opera su tela
“universale Dualità”.

La ventinovenne ligure è stata infatti voluta ed invitata ad esporre dalla Storica e Critica d’Arte Leonarda Zappulla in occasione dell’evento Città di Parigi. La prestigiosa esposizione, che vedrà l’imperiese protagonista, si svolgerà presso l’esclusiva Galleria Thuillier (13, rue de Thorigny – 75003 Paris) dal 22 al 27 giugno 2019. Nella medesima data e sito inoltre avrà luogo l’omonimo Premio Città di Parigi ed anche in tale occasione Giulia parteciperà, con la sua fotografia d’arte “Origini” in video-esposizione.

«Sono molto felice ed onorata della stima nei miei confronti da parte della dott.ssa Zappulla: ricambiata totalmente. È una donna gentile, generosa e sempre disponibile ad ascoltare le ragioni altrui per supportare e render onore al merito – qualità rare queste, specie perché disinteressate in una società ove invece la sete di denaro è l’unico motore e faro per troppe persone…» – afferma la Quaranta Provenzano.

Giulia continua: «Quando la Sign.ra Leonarda mi ha proposto di prender parte alle due mostre, Città di Parigi poi curata da lei personalmente, mi sono sentita subito entusiasta e grata del fatto che avesse pensato a me tra tanti eccellenti pittori, fotografi e scultori di tutto il mondo. Ecco dunque che a breve i miei elaborati artistici saranno fruibili altresì nella capitale francese». E ancora, Giulia aggiunge: «La scelta di “universale Dualità” ed “Origini” non è casuale. Quanto personalmente e a posteriori più mi piace della prima immagine sono i colori accesi e brillanti, della seconda sorrido nel ripensare all’iter per ottenerla e alla provenienza dei soggetti immortalati, testimoni tra l’altro del mio grande amore per i viaggi».

«Lo scatto con marcata declinazione astratta per Città di Parigi ha un titolo particolarmente emblematico: “universale” anche in onore dell’internazionalità del vernissage parigino e poiché parimenti l’immortalato è una realtà corrispondente all’idea di massima comprensione ed estensione valida per tutto l’universo, estendibile ad ogni sua parte; “Dualità” in quanto per la sottoscritta la natura (persino e non di me quella di uomini e donne) è ossimorica nei suoi elementi e principi costitutivi, benché postulati e proposizioni si mutino spesso in altri postulati ed altre proposizioni dove a certi enti se ne sostituiscono determinati altri” spiega l’artista originaria d’Imperia».

La Quaranta chiarifica: «Ad esempio, le regole sociali sono tali, sono leggi convenzionali basate per lo più sul dettato e dedotto secondo un arbitrario volere a tempo determinato e non secondo principi immutabili, dimostrati (l’etica come potrebbe essere dimostrata, piuttosto argomentata?) la cui validità viene ammessa e tramandata a priori per epoche, ereditariamente, allo scopo implicito di limitare molte fondamentali libertà in ‘ragione’ di una censurante teoria comportamentale (a favore della prevedibilità e del controllo) abbracciata dalla maggioranza – eppur imposta verticalmente.

Ciò che è bene, ciò che è bello, ciò che è male, ciò che è brutto però storicamente muta in più o meno lunghi archi temporali, pertanto l’assunto in un secolo come dovere a cui aderire è sempre ed in ultima analisi ‘rimandabile a giudizio’ e di conseguenza revisionabile, ‘modaiolo’… Il problema che si pone per la sottoscritta soprattutto è quindi se sia giusto essere personale razionali, ligie esclusivamente al Super-Ego o piuttosto e al contrario ognuno dovrebbe dare invece ascolto al cuore e alla pancia, a dispetto del discredito derivante dal non conformarsi all’attualità imperante».

La giovane artista continua: «Due mese fa circa approcciai ad un percorso attoriale intenso e prezioso, l’esperienza più arricchente e stimolante dei miei ventinove anni. Grazie a Giuseppe Morrone, il ‘mio’ Uomo dell’Arcobaleno, ho compreso sulla mia pelle come è svilente della propria interiorità non agire mai in modo istintivo, secondo emozione e sentimento…

Con lui è stato un braccio di ferro iniziale tra chi avevo sempre cercato di dimostrarmi e chi quest’“uomu dell’àrcu de santa” è senza le inibizioni tipiche di coloro che non hanno coraggio in quanto dell’opportunismo fanno scudo e così non si rivelano neppure trasparenti e che, anch’io nei miei stretti panni ermetici, non di meno tuttavia possiedo provando i suoi affini piaceri e fastidi, già dall’infanzia; un braccio di ferro tra potere e stupido dovere (a chi?), quando eppur in maniera inequivocabile so essere la dimensione nella quale desidero vivere (e sola posso vivere per provare felicità) – pur prima negandolo.

Non gli sarò mai abbastanza riconoscente! Oltre ad essere un attore straordinario, Giuseppe si caratterizza per un universo interiore coltivato in modo eccezionale da una sbalorditiva capacità introspettiva a doppio senso e rara empatia. Forse i passionali possono apparire volubili, ma io credo dovrebbero godere invece d’opposto ‘credito’ dal momento che si può, chissà, preventivare meno facilmente la durata dell’intensità (costante) del loro sentire ma al contrario della maggior parte non mutano con frequenza il personale modus vivendi che è sempre orientato ad un’affettività forte, specifica e senza filtri esterni all’inconscio, senza filtri esterni forvianti una peculiarità precisa a tesoro.

Trascorrendo appunto neppure una settimana a contatto con Morrone, presto mi è stato chiaro a livello tanto cosciente quanto emozionale che la potenza dell’amore creativo è il l’unica esatta misura della vera e più appagante realizzazione, maturando così nell’intimo e riuscendo a sorridere anche di fronte al bicchiere mezzo pieno».

«Infine, per quel che concerne la mia fotografia d’arte “Origini” per il Premio Città di Parigi credo sia interessante quanto suggerisce cioè, paradossalmente, un inesausto interrogativo sul costituirsi iniziale dell’universo per alcuni, del creato per altri – per me del primo, come suggerisce il mio focalizzarmi sui simboli della morte, su teschi che non richiamino il principio immateriale della vita negli esseri umani, il quale tradizionalmente è ritenuto immortale o addirittura partecipe del divino.

L’anima, per me, è soltanto un concetto subordinato e voluto dalla religione che – parimenti ad un fantasma – non riesco a definire se non appunto come baluardo teologico… Per chi parla v’è la mente (“La mente, che mente” – cit.) e il cuore che sa» – conclude in ultimo Giulia.