Torna la naja? Universitari imperiesi divisi, ma prevale lo scetticismo

10 aprile 2019 | 07:14
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«Mesi (soldi) gettati al vento se non accompagnato da altri insegnamenti. Il nonnismo? Anche quello era un problema»

Imperia. Il servizio militare, la temibile “naja”,croce e delizia, ma anche autentico “incubo” di generazioni e generazioni di maschi italici, almeno fino al 1° gennaio del 2005, quando è stata sospeso (non abolito), potrebbe essere reintrodotto nel nostro Paese con una forma però del tutto rinnovata, o quasi.

Scopo: riavvicinare i giovani al mondo delle forze armate. Questo è quanto prevede la proposta di legge di Forza Italia che, dopo l’ok della Camera, ora è pronta ad approdare in Senato per ottenere l’approvazione definitiva.

Si tratta di un servizio militare rivisitato rispetto al passato che dice addio all’obbligatorietà, lasciando libera scelta a tutti quei ragazzi con un età compresa tra i 18 ai 22 anni. Requisiti fondamentali: avere la cittadinanza italiana, essere in possesso di diploma di istruzione secondaria, diritti civili e politici, ma soprattutto non aver riportato condanne penali.

Tra le novità di questi sei mesi di corso figura la possibilità di seguire le lezioni in modalità e-learning, oltre alla tradizionale formazione pratica. Il percorso si concluderà con il rilascio ai partecipanti di un attestato che potrà essere usato per cercare un posto di lavoro, mentre per coloro che vorranno proseguire la propria formazione frequentando l’università consentirà l’acquisizione di dodici crediti formativi.

Cosa ne pensano gli studenti del Polo universitario imperiese? Sono favorevoli o contrari al ritorno del grigioverde nella loro vita, della “stecca” (quasi nessuno degli intervistati sapeva cosa fosse), della vita in camerata, degli scherzi da caserma?

Il ventiduenne Alessio Zito, iscritto al quarto anno di Giurisprudenza afferma: «Può essere una soluzione interessante se applicata in maniera in parte diversa a quella in vigore  fino al 2004, ultimo anno in cui è stata in vigore la naja. Potrebbe essere utile per far conoscere ai ragazzi determinati valori. Credo però che sia un discorso un po’ complesso da valutare in pochi istanti».

Cosa ne pensa della possibilità di acquisire dodici crediti universitari durante questo periodo di sei mesi? «Non so quanto possa essere incentivante la faccenda, sinceramente non penso che possa avere tanta rilevanza sulla carriera universitaria di una persona, ma ci possono essere dei modi più utili per attribuire i crediti universitari, quello poco, ma sicuro», dichiara Alessio.

Lo studente Walter Gismondi, 20 anni, iscritto a Scienze del turismo, esprime invece la propria visione: «Da un certo punto di vista potrebbe essere una cosa utile se non diventa uno spreco di tempo, ma un insegnamento alla vita. Bisogna valutare che in passato era uno spreco di soldi immane e con i livelli di debito che abbiamo oggi non penso che sia il caso di dedicare molte risorse a una cosa che alla fine era uno spreco di un anno. Quindi il mio punto di vista è che se fosse fatto in maniera che insegna anche altre cose, anche educazione civica e altre materie utili per la vita  potrebbe essere valutabile, però bisogna anche valutare lo spreco di soldi in un periodo come adesso che potrebbero essere investiti in molte altre cose.

Il nonnismo? Anche quello era un problema del militare, quindi, andrebbe anche lì studiato bene, valutato molto bene prima di fare passi così grandi come la reintroduzione. Io volendo fare l’imprenditore e volendo iniziare un’azienda mi troverei a non poter lavorare per un anno e quindi metterei a rischio la mia azienda quindi il rischio di perdere un anno c’è, anche per un universitario c’è il rischio che uno studia poi perde anche la concentrazione, perde anche il punto degli studi probabilmente, quindi bisogna essere molto cauti comunque di per se se fosse fatto molto bene e studiato molto è valutabile secondo me».

«Io personalmente sono contrario perché ritengo che perdere un anno andando a fare qualcosa che ti obbligano non è mai produttivo, nel senso che se vengo forzato a fare qualcosa non la farò con la voglia che avrei se non venissi forzato», afferma invece Leonardo Stramare di 19 anni, iscritto al corso di Scienze del turismo.

«Ritengo che sarebbe più produttivo magari svolgere delle attività le quali insegnano alla popolazione come comportarsi in casi di pericoli, magari insegnare il primo soccorso, i comportamenti da adottare in caso di calamità naturali rispetto magari al servizio militare dal momento che anche dal punto di vista militare l’Italia è pari a zero nel senso che se una qualsiasi altra nazione più potente di noi, e ce ne sono tante, decidesse di attaccarci potremmo avere un qualsiasi numero di militari e non saremmo in grado di difenderci, quindi lo vedo abbastanza inutile».

I 12 crediti? «Io personalmente ritengo che se uno decide di andare all’università lo fa per studiare e non per fare il militare, se uno vuole andare a fare il militare va a farlo e decide di fare il militare, se io ho deciso di diventare universitario lo faccio per studiare, quindi 12 crediti preferirei guadagnarmeli studiando».