Sanremo, asilo Pio Più: Cassazione annulla sentenza d’Appello che condannava maestre

Il processo di secondo grado è tutto da rifare
Sanremo. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza d’Appello che il 22 marzo 2018 aveva condannato le maestre Roberta Reginato, 52 anni, e P.P, di 30 anni, rispettivamente a 10 mesi e 20 giorni di reclusione, e a 7 mesi e 3 giorni per maltrattamenti su 13 bimbi, stabilendo per ciascuno 2mila euro di risarcimento.
La suprema corte ha rinviato il processo ad un’altra sezione della corte d’Appello di Genova, che dovrà nuovamente esprimersi sulle due ex educatrici, difese dagli avvocati Massimo Donzella e Alessandro Moroni, assolte in primo grado e poi condannate in secondo. Una sentenza, quest’ultima, completamente annullata dalla Cassazione.
“Piangi che ti fa bene piangere!”, “Vi stacco la testa!”, “Ti taglio le mani!”: sono queste alcune delle frasi, accompagnate da schiaffi sulla testa, sulle gambe e sul sedere e da violenze psicologiche che i bambini dell’asilo “PioPiù”, in piazza San Siro, a Sanremo si sarebbero sentiti ripetere dalle due maestre, che i giudici della seconda sezione penale genovese, Giuseppe Diomeda (presidente) con a latere Guido Macchiavello e Federico Augusto Mazza avevano condannato, ribaltando la sentenza di primo grado e motivando la loro sentenza in cinquantadue pagine dopo che il pubblico ministero Barbara Bresci, titolare delle indagini partite da un esposto presentato da alcuni genitori, aveva impugnato la sentenza di assoluzione emessa del tribunale di Imperia.
Le indagini, compiute anche con intercettazioni ambientali, avevano portato alla luce maltrattamenti aberranti nei confronti dei piccoli ospiti dell’asilo, costretti a stare “seduti a tavola perfettamente composti senza muoversi” per gran parte della mattinata, a “terminare tutto il cibo che veniva loro messo nel piatto, e nel caso di rifiuto nell’imboccarli a forza fino a provocare talvolta nel bambino conati di vomito” e “se sputava il cibo questo veniva raccolto e rimesso nella sua bocca a forza”.
E non solo: capitava anche che i bambini, per punizione, venissero “trascinati in castigo nel corridoio” o messi a letto, prima degli altri, da soli, in una stanza buia. L’episodio più significativo, secondo la Corte, è quello del “grazie”: quando una maestra ha negato per oltre 40 minuti ad un bimbo di due anni un bicchiere di acqua, lasciandolo seduto da solo in una stanza, perché il piccolo non riusciva a pronunciare la parola “grazie” (“Se non dici grazie non ti do acqua e pera ed è lunga restare qui fa solo fino alle quattro”).