Ventimiglia, celebrati dal vescovo i funerali di Alessio Vinci: “Era capace di entrare nel mistero delle cose”

14 febbraio 2019 | 17:14
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Resta ancora avvolta nel mistero la morte del 18enne

Ventimiglia. Trecento persone hanno preso parte nel pomeriggio ai funerali di Alessio Vinci, 18 anni, concelebrati nella chiesa di San Nicola da Tolentino dal vescovo diocesano Antonino Suetta con il parroco Francesco Marcoaldi e il suo vice, Domenico Orlando. Il giovane e brillante studente iscritto al primo anno di Ingegneria Aerospaziale trovato morto a Parigi ai piedi di una gru alta oltre 50 metri in un cantiere di Porte Maillot.

“Un bravo ragazzo, un prezioso amico”, lo ha ricordato il vescovo, nella sua omelia, pronunciata nel tentativo di lenire il dolore di nonno Vincenzo “Enzo”, che si era preso cura del ragazzo da quando, in tenera età, era rimasto orfano di madre.

Un mistero, la morte di Alessio. “Ci chiediamo perché in qualunque modo e in qualunque stagione della vita”, ha detto il vescovo, “Consideriamo la morte una grande ingiustizia, la più grande delle ingiustizie. Ma nel caso di Alessio c’è un altro perché: se pensiamo alla sua vita, avremmo da chiederci un attimo il perché, il perché di una vita che se ragioniamo con criteri umani, terreni, potremmo dire un po’ sfortunata. Gli sono mancati tanti punti di riferimento”.

“Ci chiediamo: ‘Che cosa è successo?’ Che cosa è successo nei dettagli non lo sappiamo, ma al di là dei dettagli concreti che non sono quelli che ora ci interessano, forse che cosa sia successo veramente nella sua vita, nel suo cuore, fino in fondo non lo ha compreso neppure lui, perché la vita è un mistero. Perché la vita custodisce sempre le sue domande e non è facile arrivare al fondo del mistero. Un salmo nella bibbia dice una cosa vera, quando afferma che “un baratro è l’uomo e il suo cuore è un abisso”. Soltanto Dio lo conosce fino in fondo”. 

Eppure Alessio era, come lo ha dipinto Suetta, “un ragazzo straordinariamente dotato dal punto di vista dell’intelligenza che lo ha fatto eccellere a scuola, ma dotato anche di magnanimità del cuore. Un ragazzo che era capace, nonostante la giovanissima età, di entrare nel mistero delle cose, che era capace di gustare e condividere le amicizie”. “La tentazione di dire che la vita con lui per tanti aspetti è stata ingiusta, ci sembra una cosa evidente, una cosa sicura e ci verrebbe da dirlo anche a Dio chiedendogliene ragione e chiedendogli perché”, ha continuato il vescovo, riferendosi al passato di Alessio, “Il Signore ci lascia gridare anche questa sofferenza, la comprendere pienamente perché anche Egli sulla croce gridava: ‘Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato’. Ci capisce nel nostro dolore. Il Signore non è ingiusto. Dobbiamo pensare ad Alessio coccolato dall’amore di Dio. Accompagnato dalla misericordia di Dio impara a mettere insieme tutti i tasselli della sua breve e complicata vita. Oltre a dire nella sua breve e complicata vita, io vorrei dire nella sua vita buona, nella sua vita bella perché Alessio ha avuto un grande grazia, ha avuto la grazia, pure giovanissimo, di capire il valore della vita e di non tradirlo mai. Di non tradirlo mai con il suo impegno, nelle amicizie, nel guardare al futuro con positività. E anche se nella sua vita, non lo sappiamo con certezza, c’è stato un momento di cedimento, un momento in cui il suo cuore può non aver retto di fronte a qualche situazione che può averlo angosciato o spaventato, questo non toglie nulla alla sua intuizione giusta che la vita fosse da vivere con fedeltà e impegno fino in fondo”.