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No di Potere al Popolo al plesso unico di Taggia

12 febbraio 2019 | 10:38
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No di Potere al Popolo al plesso unico di Taggia

“La soluzione non sta nello svendere o nel costruire nuove strutture, ma passare attraverso l’assunzione di nuovo personale”

Dopo la notizia giunta nella giornata di ieri della futura chiusura degli ospedali di Sanremo e Imperia per fare posto all’ospedale unico che sorgerà a Taggia, Potere al Popolo Imperia commenta la vicenda:

Alcune riflessioni dopo il via libera dei sindaci al progetto dell’ospedale unico di Taggia, progetto sicuramente non condiviso dai cittadini stante le numerosissime lamentele e osservazioni pervenute sui media e sui social in generale, progetto che priverebbe la città capoluogo del pronto soccorso con tutte le conseguenze che ne deriverebbero.

I sindaci della provincia, sulla base di non si quali considerazioni, evidentemente pensano che il progetto dell’ospedale unico possa risolvere tutti i problemi che incombono sulla nostra sanità, fingendo di non vedere che alcuni reparti sarebbero addirittura declassati come come si ridurrebbero gli attuali posti letto.

Si porrebbe inoltre il problema del ricollocamento degli attuali ambulatori presenti nel nosocomio imperiese (visto che il Palasalute del capoluogo è già pieno), nonché lo stesso destino di Villa Spinola, attuale sede dell’amministrazione; insomma molta confusione e tantissime contraddizioni su un progetto che, come sosteniamo da sempre, non solo non è prioritario ma risulterebbe dannoso e pericoloso per la salute stessa dei cittadini, per le considerazioni espresse in precedenza.

Riteniamo che servano invece efficienza e investimento nel personale per l’abbattimento delle liste di attesa nei pronto soccorso, per gli interventi di elezione, per esami e visite specialistiche, per la riabilitazione. La sanità deve conservare il suo carattere pubblico per garantire l’accesso alle cure a tutti i cittadini, soprattutto alle persone più indigenti e fragili, agli anziani, ai disabili, ai minori.

La soluzione non sta nello svendere (con il rischio di nuove colate di cemento) o nel costruire nuove strutture ma passare attraverso l’assunzione di nuovo personale (come già richiesto dai sindacati), nel ritorno alla medicina preventiva e nel soddisfare i bisogni di salute di una popolazione pari a 215.000 persone che per il 50% è composto da cittadini fra i 30 e i 50 anni e per il 25% over 65. E’ a queste persone e non ad altri che la Regione e la conferenza dei sindaci deve rispondere”.