Gioco d’azzardo legale, in provincia le più attive sono le donne over 65

18 febbraio 2019 | 12:41
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Gioco d’azzardo legale, in provincia le più attive sono le donne over 65

É quanto emerso dall’incontro tra Federgioco, Fit e Sts che si è svolto questa mattina al Casinò

Sanremo. Sono soprattutto le donne a giocare regolarmente a slot machine, roulette, gratta e vinci nell’Imperiese. È quanto emerge dall’indagine condotta da Queaeris – Market & Social Research in occasione del convegno sul gioco pubblico legale con vincite in denaro che si è svolto questa mattina presso la Sala Privata del Casinò.

Organizzato da Federgioco, Federazione italiana tabaccai e sindacato Totoricevitori sportivi insieme all’Istituto Milton Friedman, l’incontro ha acceso i riflettori sulle criticità normative in materia di gioco pubblico legale, individuando le possibili soluzioni che separano la tutela della salute pubblica e la salvaguardia delle attività economiche del gioco.

La tavola rotonda ha preso avvio tracciando un identikit del giocatore tipo sul territorio del Ponente Ligure. Quindi, soggetti di genere femminile, il 52%, tendenzialmente con un’età superiore ai 65 anni (34.9%), anche se non mancano giocatrici più giovani, in particolare della fascia 35-44 anni (14,8%), 45-54 anni (17,8%) e 55-64 anni (19,7%).

Al centro della discussione, le tematiche relative al gioco con vincite in denaro a partire dalla regolamentazione particolarmente restrittiva adottata dagli enti locali, fino all’individuazione di soluzioni migliori e più idonee alla gestione della materia a difesa degli interessi in causa. Quindi il tema della ludopatia e della nuova regolamentazione di utilizzo (modalità orari) dello slot nei locali pubblici adottata dal Comune di Ventimiglia.

Al riguardo, Olmo Romeo, presidente di Federgioco e consigliere dello stesso Casinò, ha sottolineato: «Vogliamo affrontare il tema della ludopatia senza pregiudizi. Lo abbiamo già fatto nel 2017 e lo facciamo oggi con una platea di relatori allargata. In tempi non sospetti, nel 2010, le quattro case da gioco italiane avevano firmate un protocollo d’intesa con gli operatori deputati al controllo, quali Asl, prefetture e coinvolgendo associazioni di recupero. Il problema della ludopatia lo conosciamo bene. Noi, in qualità di Casinò, lo affrontiamo da 100 anni e da 100 anni offriamo gioco legale sul territorio creandoci i nostri anticopri. Le normative, per esperienza e per conoscenza della materia, non sono mai risolutive se diventano della macchie su una mappa. Le normative devono essere omogenee sul territorio. Una volta che ci sarà omogeneità di limiti e orari e di tutto quello che il governo riterrà opportuno disciplinare, allora si avrà una soluzione. Fino ad allora si avrà solo tensione sociale tra operatori e Comune, e ancora peggio tra Comuni limitrofi portando a quel pendolarismo del gioco che sembra proprio essere aumentato per questa volontà».

Al riguardo, i numeri evidenziati nel corso del convegno parlano di un aumento del pendolarismo dei giocatori, ossia del fenomeno per il quale chi risiede in una regione si sposta per giocare in una regione o stato confinante che ha una normativa meno severa o un’offerta più attrattiva. Nel dettaglio il 16,8% degli intervistati ha dichiarato di essersi recato a Monaco o in altra località della vicina Francia per giocare.

Quanto alle proposte che concilino la salvaguardia della salute pubblica e l’interesse degli operatori del settore, di fatto l’oggetto del convegno, Giovanni Risso, presidente nazionale di Fit, ha evidenziato: «Purtroppo assistiamo alla distruzione della rete del gioco legale in Italia. Un tentativo pressoché quotidiano di delegittimazione che sta mandando all’aria tutto il lavoro che, con estrema fatica, lo Stato ha fatto negli ultimi 15 anni per sottrarre il gioco alla criminalità. Agli inizi degli anni 2000 i nostri territori erano invasi da 800.000 videopoker illegali. Oggi, grazie alla regolamentazione, ci sono appena 265.000 AWP, tutte regolari sotto lo sguardo vigile dello Stato. Questo è un dato di fatto così come lo è che la spesa pro capite equivale a quella di un caffè al giorno, sebbene tutti azzardino cifre più alte, confondendo la raccolta con la spesa. Per non spianare la strada all’anarchia che vigeva ai tempi dei videopoker bisogna salvaguardare il settore legale del gioco che, non dimentichiamo, è economia reale».

«Il problema della ludopatia – ha aggiunto Giorgio Pastorino, presidente nazionale di Sts – esiste e noi ricevitori siamo i primi a sostenere che sia necessario regolamentare la materia del gioco pubblico per prevenire il fenomeno. Ma servono degli strumenti idonei allo scopo, servono idee, serve un ragionamento, serve un confronto serio e libero dai pregiudizi, che sono alla base del proibizionismo e di quelle politiche che creano solo danno alle imprese, ai lavoratori e allo Stato. In un’epoca come la nostra, in cui la tecnologia è presente in ogni aspetto della nostra vita, non vedo perché non si debba sfruttare il suo enorme potenziale anche per la prevenzione dei disturbi del gioco d’azzardo. Qualche giorno fa, finalmente, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha notificato alla Commissione Europea la bozza del regolamento sulle AWPR, le macchine con collegamento da remoto che sostituiranno quelle oggi in circolazione. Sicuramente sono la giusta risposta per la lotta alla ludopatia. Nel frattempo però la rete legale deve essere preservata: altrimenti al loro arrivo non ci sarà che un deserto, invaso da videopoker illegali come succedeva 15 anni fa».

«Quello del gioco lecito in Italia è un settore complesso che rappresenta quasi l’1,5% del PIL del Paese e vale circa 9 miliardi di gettito per l’erario – ha a sua volta spiegato Dario Peirone, presidente del comitato scientifico dell’Istituto Milton Friedman Institute – Una filiera che, nonostante rappresenti garanzia di legalità, serietà dell’offerta e affidabilità, viene costantemente messa sotto accusa e attaccata da misure restrittive o addirittura proibizioniste, promosse in particolare dagli Enti locali. Molto spesso queste misure non hanno nemmeno risvolti positivi sulla salute pubblica ma, al contrario, alimentano la compulsività dei giocatori o li spingono verso l’offerta irregolare. Basti pensare ai distanziometri, che mirano a vietare completamente il gioco sul territorio o alle regolamentazioni orarie che impediscono alle attività di offrire il gioco lecito quasi per l’intera giornata. I dati ci preoccupano e testimoniano che in alcune regioni, come Liguria e Piemonte, stia crescendo anche il pendolarismo del gioco verso gli Stati confinanti che non prevedono particolari restrizioni nei confronti dell’offerta.L’economia è un scienza e ci suggerisce chiaramente una conclusione: se si uccide o indebolisce l’offerta legale, esistendo la domanda, gli utenti si avvarranno dell’offerta irregolare o illegale che spesso proprio la criminalità organizzata controlla».

«Basta demagogia! – ha concluso Risso – È necessario abbandonare la politica dei divieti senza appello. I problemi si possono risolvere solo con il ragionamento e con le idee. Per individuare soluzioni alternative ed effettivamente valide servono un approccio propositivo e un dialogo costruttivo. Ma soprattutto serve anche una regolamentazione unitaria, da parte dello Stato, valida per tutti, che ponga finalmente termine al far west normativo che oggi vige sulla materia».

Oltre ai già citati Romeo, Risso, Pastorino e Peirone, al tavolo dei relatori erano presenti: Giorgio De Carlo, direttore dell’Istituto Quaeris e Francesco Aquilar, presidente dell’Associazione italiana psicoterapia cognitiva e sociale, nonché il prefetto di Imperia Silvana Tizzano. Tra i pubblico sono inoltre intervenuti molti operatori di settore ed esponenti delle amministrazioni del territorio.