Da Sanremo all’India, il viaggio all’origine del dolore di Riccardo Girondi
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Dopo un incidente ha ritrovato se stesso attraverso la meditazione e l’amore
Sanremo.Un viaggio all’origine del dolore, per liberarsi dagli spettri del passato e aprirsi alla vita pieni di amore, per noi stessi e per il mondo in cui viviamo. È l’esperienza vissuta dal sanremese Riccardo Girondi, 32 anni a ottobre e la saggezza di un monaco buddista anche se la sola religione che professa è quella del cuore.
Tutto ha inizio undici anni fa, quando, ancora studente di liceo, resta coinvolto in un incidente. Era in auto e con delle compagne di scuola stavano rientrando a casa dopo i festeggiamenti per la maturità. Gioia, sogno, amicizia e tanto entusiasmo per quel traguardo che sembrava irraggiungibile. La felicità, poi, però, l’impatto: uno scooter vola a terra e una ragazza perde la vita.
Da quella sera del 14 luglio 2008 Riccardo non è più lo stesso. Il senso di colpa è insopportabile, la convivenza con se stesso quasi terribile. Si iscrive così a Filosofia. Tre anni e una mole di libri per cercare fra le disquisizioni dei grandi pensatori della storia una cura al suo malessere. Non la trova o la trova solo in parte. Intraprende allora un master in Counseling filosofico dove impara a legare la metodologia del pensiero a quella psicologica. La sua anima, tuttavia, è ancora inquieta, sofferente. Lui però non si arrende, desidera la pace e prova a conquistarla attraverso la meditazione. In Toscana scopre un centro Vipassana, la disciplina che insegnò Buddha Gautama, e vi si iscrive. Dieci giorni in completo silenzio che gli offrono la possibilità di ricongiungersi con il suo mondo interiore.
«Ero alla ricerca di me stesso – racconta –. Era come se durante l’incidente insieme all’anima di quella ragazza se ne fosse andata anche la mia. Ho cercato di capire mediante la filosofia come farmi del bene, come guarire. A un certo punto, però, mi sono reso conto che il pensiero e le parole non avevano importanza, non erano determinanti. Avevo bisogno di silenzio, di ascoltarmi e sono andato in un centro Vipassana. Sono stati giorni molto intensi, ho seguito una disciplina severissima: non potevo parlare con nessuno, non avevo la possibilità di comunicare con le parole, con i gesti, non potevo neppure guardare negli occhi le altre persone. Mi alzavo alle 4 del mattino e restavo con le gambe incrociate a meditare fino alla sera alle 21.30. Durante una di quelle sedute, è uscito tutto: per la prima volta in tanti anni ho pianto per quanto accaduto, è stato sconvolgente».
In quel centro in provincia di Firenze, Riccardo giunge a nuove consapevolezze, scopre la parola perdono, il perdono di se stessi, e matura la convinzione che stava sprecando la sua vita. Con una forza inusuale, trova il coraggio di lasciare ogni cosa. Lascia la sua fidanzata, la sua casa, il lavoro con cui si stava mantenendo agli studi e inizia a viaggiare. «Sono andato in Indonesia, a Bali, per due mesi. In quel viaggio mi sono approcciato in modo diverso alla meditazione e l’ho fatta diventare parte di me. Quando sono tornato a Sanremo avevo un solo desiderio: quello di riprendere il mio viaggio e scrollarmi di dosso i condizionamenti legati alla nostra cultura, alla nostra società, alla nostra educazione. In Indonesia avevo scoperto una realtà altra, che mi appariva più autentica, avevo iniziato a riconnettermi con me stesso e volevo proseguire il mio viaggio di scoperta. Per farlo, però, avevo bisogno di soldi e, casualmente, si è presentata l’opportunità di lavorare per una comunità di minori che avevano avuto problemi con la legge. Anche quello è stato un periodo molto forte. Quei ragazzi, da tutti considerati “sbagliati”, hanno saputo donarmi un’esperienza del cuore incredibile. È stato difficile staccarmi da loro ma scaduto il contratto era arrivato il momento di rimettermi in viaggio».
Riccardo compra così un biglietto per la Thailandia e con uno zaino da 20kg sulle spalle atterra a Chiang Mai. Qui comincia un ritiro spirituale all’International Vipassana Meditation Centre di Wat Phradat Sri Chomtong che gli cambierà l’esistenza. «Una magia, perché non solo ho compreso l’importanza di ringraziare e onorare la vita ogni giorno, non solo ho imparato ad amare me stesso sul piano fisico, spirituale, emozionale, ma ho scoperto anche il vero amore verso l’altro». AWat Phradat Sri Chomtong conosce infatti quella che diventerà sua moglie. «Anche in questo centro vigevano regole molto ferree. Uomini e donne separati. Vietato parlare, vietato leggere, scrivere. L’unico contatto lo potevi avere con il tuo insegnante e il suo assistente. È stata dura: ventuno giorni con sveglia all’alba e poi sessioni di meditazione che via via che passavano le ore diventavano sempre più intense. Un’esperienza bruciante, tutto che accelerava e poi rallentava». Come il suo cuore quando ha conosciuto Lola, una ragazza argentina, più grande di lui di tre anni, al centro come insegnante.
«Era la sola persona con cui potevo interagire e fin dall’inizio c’è stato un feeling fortissimo che nessuno dei due riusciva a comprendere. Sentivo una roba stranissima, la sentivo dentro senza averla mai sfiorata. Riuscivo a malapena a guardarla da quanto intense erano le mie sensazioni. Purtroppo però, al tredicesimo giorno del ritiro, lei mi dice che deve partire per l’India, che era solo di passaggio e che deve continuare il suo volontariato. Quelle parole mi suscitarono un profondo dispiacere e non potendo farla andare via come se nulla fosse, il giorno della partenza, proprio mentre si allontanava, le ho urlato che le volevo bene».
L’amore di Riccardo verso Lola rimbomba nel silenzio calmo, immobile del luogo. Contro ogni regola, i due si avvicinano, lui le lascia il suo numero di telefono desideroso di rivederla ancora. Passano i giorni, Riccardo termina il ritiro con una speranza inconsueta. Colmo di gratitudine nei confronti della vita, si rimette in cammino per la Thailandia e ritrova Lola con la quale, successivamente, volano prima in Nepal e poi India dove hanno l’occasione di fare nuove esperienze spirituali e affinare le tecniche di meditazione. «Stavo percorrendo la mia strada. Passiamo la maggior parte del nostro tempo divisi tra pensieri sul passato e preoccupazioni sul futuro, che non ci accorgiamo di perdere i contorni del momento presente. Io ho avuto il privilegio di scoprire la mindfulness, quella forma di meditazione che ci aiuta a stare nel presente, l’unico tempo che abbiamo, il solo in cui poter lavorare per cambiare la nostra vita, senza percorrere i cicli del biasimo e dell’impotenza».
E proprio in India, nel paesino di Karnal, in concomitanza al decimo anniversario dall’incidente, il destino ha voluto che Riccardo chiudesse il suo di cerchio. «Ero su un taxi con Lola che stavamo andando in un centro per un ritiro. Non so come, l’autista ha travolto un motorino con a bordo tre persone e non si è fermato, ha continuato a premere il piede sopra l’acceleratore. Lola è scoppiata in lacrime, io ho quasi perso coscienza. Arrivati al centro abbiamo provato a levarci di dosso quanto accaduto. La meditazione ci ha aiutati, soprattutto a me che lì ho vissuto una delle esperienze più devastanti fino a quel momento mai provate. Al termine di tutto, ho avvertito il mio corpo/armatura spaccarsi e poi sciogliersi: ho iniziato a versare lacrime in modo incontrollato, a liberarmi davvero di quanto accumulato nel corso degli ultimi dieci anni».
Un’esperienza potente, dopo la quale Riccardo decide di rientrare in Italia. Con Lola sempre al suo fianco, torna a Sanremo, pronto a condividere quanto vissuto con la sua città. «Ho iniziato a maturare l’idea di aprire un centro per la meditazione e il benessere interiore. Avevo dentro così tanto amore nei confronti della vita che volevo donarlo agli altri, volevo aiutare gli altri a ritrovarsi, come il viaggio che avevo intrapreso e tutte le persone che avevo incontrato avevano aiutato me. È così nato Shanti, un centro dove meditare, completamente immerso nella natura e nella quiete della campagna sanremese, e dove chiunque voglia sperimentare la ricerca di sé e liberarsi dalle contaminazioni della quotidianità potrà farlo. Il centro aprirà nel mese di marzo e proporremo, in maniera soft, quanto vissuto durante i nostri ritiri in Oriente. Metteremo quindi a disposizione un luogo protetto in cui sperimentare trattamenti reiki, sedute di counseling filosofico, yoga e dove sia gli adulti che i bambini potranno praticare mindfulness».
«Da quando ho scoperto la meditazione – conclude Riccardo –, ho cominciato a mostrare la vulnerabilità che sempre mi ero sforzato di nascondere al mondo. Questa accettazione delle mie debolezze si è rivelata un modo efficace per far fronte al culto della mia immagine in cui avevo vissuto fino ad allora. Parlare della propria vulnerabilità, renderla manifesta, è l’unico mezzo per consentire agli altri di conoscerci davvero e, di conseguenza, poterci amare».
Per conoscere l’attività di Riccardo e Lola visita il sito www.shantisanremo.come segui la pagina Facebook Shanti Sanremo.