Con Boulukos e Wesel da Archimania l’arte moderna si fa «natura sognante»

23 gennaio 2019 | 07:03
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La mostra dei due artisti di caratura internazionale innamorati della Riviera

Sanremo. Una mostra «che parla di relazioni felici, di rispetto e osservazione, di un’intima amicizia con il tempo naturale delle cose per trasformarle in arte». Così la critica d’arte Federica Flore introduce “The dreamy nature”, il percorso artistico che da ieri fino al 23 febbraio raccoglie negli spazi di Archimania le opere di Kim Boulukos e Leo Wesel: una coppia di artisti di caratura internazionale la cui esposizione conserva e rilancia l’aspirazione dello studio di interior designer in corso Mombello a porsi come vetrina dei nuovi linguaggi dell’arte.

Per loro un vernissage in grande stile che ha riunito esponenti della società pubblica e imprenditoriale di Sanremo oltreché tanti cultori degli stili figurativi contemporanei. Presente la stessa Flore, la quale, curatrice della mostra, ne ha spiegato così la genesi. «“La natura sognante” di Kim e Leo nasce da uno studio delle Avanguardie storiche di primo Novecento e si configura genericamente con un ritorno all’ “Art Brut” di Dubuffet: un arte primitiva dalle ere confuse, dove nel presente ritorna chiaramente il preistorico».

Voce eterea e febbrile di quel regno di Natura che l’uomo moderno ha dimenticato, “The dreamy nature” è un invito a recuperarne il legame originario e a scoprire quell’atto di lealtà che la Terra, nonostante tutto, nonostante il tempo, nutre ancora nei confronti dell’umanità. Una mostra ancestrale che accende i riflettori su unduo di artisti la cui nascita ed evoluzione professionale pur travalicando i confini nazionali oggi trova le sue radici nella Riviera dei Fiori, territorio che oramai vivono e condividono da anni.

L’americana Kim, che ha studiato a New York, Washington e che, dopo diversi anni a Parigi, dal 1992 si è trasferita a Nizza, e l’olandese Leo, natio di Roosendaal e poi adottato dalla nostra Ventimiglia dove ha vissuto per circa vent’anni prima di trasferirsi a Budapest, nel Sud della Francia e nuovamente nel Ponente Ligure, a Triora.

Lei è famosa per sculture di animali realizzate in metallo, bronzo, acciaio, resina, vetro o ceramica e che ritroviamo anche in litografie dalla straordinaria forza espressiva. Un bestiario che trasmette sorpresa, apprensione, ammirazione. «Seguendo una prospettiva allungata verso l’alto, come si faceva con la costruzione delle cattedrali gotiche, sempre più vicine a Dio», infatti, i suoi cani, i suoi cavalli e le sue antilopi sembrano acquistare la vita. Le parti surreali che ne costituiscono l’anatomia, si fanno via via «sempre più realistiche», senza mai togliere nulla «al sogno, alla percezione onirica» della forma naturale dell’animale.

In lui, invece, l’osservatore ritrova un universo primitivo di «forme biomorfiche», «irregolari», «galleggianti» in un spazio-tempo indefinito. «Una poesia subconscia fatta di sospensione e di silenzio», il cui effetto porta a una rinascita della donna come Venere, come Madre Terra «che ritorna a essere la prima causa di vita e piena». E poi lance, graffiti, forme eterogenee che si collocano al di fuori di ogni processo di mimemis per compiere un salto verso l’astrazione più naturalistica. Il rapporto di Kim e Leo con la Natura, suggerisce ancora Flore, «è un rapporto sincero. Con le loro opere si riceve una lezione positiva per questa vita: il rispetto del vivere semplicemente con i propri animali, con la propria terra».