Sanremo, Ponente Film Festival: si parte oggi con il docufilm Iriria-Niña Tierra

2 dicembre 2018 | 12:47
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Sanremo, Ponente Film Festival: si parte oggi con il docufilm Iriria-Niña Tierra

Presenterà la sua opera il giovane regista Carmelo Camilli

Inizia oggi, a Sanremo, la 14ª edizione di Ponente International Film Festival, la rassegna cinematografica che promuove da anni la diffusione e il consolidamento della cultura cinematografica nel Ponente Ligure.

Uno degli scopi della manifestazione è portare all’attenzione degli spettatori “un certo cinema”, fatto di titoli di qualità, produzioni italiane e internazionali, cortometraggi di autori liguri già conosciuti o esordienti, anche giovanissimi, opere presentate ai Festival, premiati dalla critica e dal pubblico, spesso inediti per gli schermi nazionali.

Grazie alla collaborazione con Associazioni Culturali, Case di produzione, Scuole di Cinematografia e altri Festival, il programma offre quest’anno una rosa di 17 lungometraggi e 21 cortometraggi, interessanti, emozionanti, divertenti, tutti caratterizzati da un filo conduttore comune, Creature grandi e piccole.

Opere che parlano di bambini, anziani, animali, delle loro emozioni, dei loro legami o divergenze con gli “altri” e con l’ambiente, dell’Uomo e la sua ricerca di un rapporto di tutela ed equilibrio con la Terra, dell’armonia tra gli esseri viventi, di problematiche generazionali, di fragilità, unicità, sogni e preziosità che ogni creatura, grande e piccola, porta in sé.

Storie ambientate in ogni angolo del Mondo, perché ogni Cultura va conosciuta e compresa nelle sue peculiarità, in uno scambio di esperienze, visioni, spiritualità, passioni, manie e bellezza. Differenze che diventano arricchimento reciproco.

Cinema e Liguria, in particolare, con un ponte ideale tra Ponente e Levante ma, più generalmente, Cinema e Mondo. Perché l’arte e la fantasia non conoscono confini, in questa “casa comune” che è il nostro Pianeta, una meraviglia che ci è stata data solo in prestito, e che va protetta nel rispetto di chi la erediterà.

In questo spirito di armonia con il tutto, si colloca lo splendido documentario, Iriria Nina Tierra, che inaugurerà la manifestazione, domenica 2 dicembre, alle 17, nel suggestivo scenario del Polo Museale Forte di Santa Tecla, a Sanremo. Presenterà la sua opera, in un incontro con il pubblico, il giovane regista siciliano Carmelo Camilli. A moderare il dibattito, Franco Lazzari.

Seguirà un rinfresco.
Ingresso libero.
Info: Fb Ponentefilmfest / www.ponentefilmfest.it

IRIRIA – NIÑA TIERRA
Scheda tecnica
Italia, 2013
Documentario
Regia: Carmelo Camilli
Durata: 72

“Iriria è una bambina grassa dalla cui carne il dio Sinö decise di creare la terra, dopo di ché seminare è creare la vita…”. Comincia cosi il racconto di Iriria-Niña Tierra, che dal ritratto della comunità Bribri Cabecar, della riserva indigena di Alta Talamanca in Costa Rica, fonde cosmovisione e attualità, giornalismo e antropologia, documentario e cinema.

Le voci degli innumerevoli personaggi – dall’Awá (sciamano curatore) agli anziani saggi, dal professore di Cultura Bribri della scuola di Coroma al governo locale Aditibri – ci raccontano di una terra viva che sente e vede grazie agli spiriti della foresta, del mare, dell’uragano e degli animali, e ci parla della sua sofferenza tramite eventi naturali come i terremoti, le inondazioni e il riscaldamento globale.

L’opera ci accompagna, con il suo impatto visivo e la sua incantevole energia spirituale, nell’analisi del comportamento dell’uomo rispetto all’ambiente in cui vive, dal locale all’universale. Dall’analisi del rapporto uomo-terra, ormai non più sostenibile così com’è, si delinea la visione di un futuro in cui un cambiamento culturale, ancor prima che tecnologico, sarà imposto dalla forza di Iriria se non si saprà cambiare in tempo.

I particolari
Che destino dovrebbe riservare un Paese democratico all’ambiente e alla preservazione di uno dei polmoni verdi del pianeta? Il documentario di Carmelo Camilli – alla sua opera prima nelle vesti di regista e produttore, dopo anni di lavoro come cameraman freelance – affronta con sensibilità e acume il dramma della minaccia dell’economia alla natura.

“Tutto nasce da un viaggio di cinque anni fa, e da un documentario che mi ha spinto ad intraprendere questa strada, l’Undicesima Ora. Ho raccolto il materiale in loco e ogni cosa è stata improvvisata. Volevo che il mio prodotto invitasse a un diverso approccio alla natura” dichiara il regista.

La logica occidentale mira a una distribuzione delle ricchezze come denaro, a una proiezione del progresso come sviluppo industriale. Invece, Iriria-Niña Tierra spiega che la vera distribuzione delle ricchezze deve essere intesa pensando al lascito della custodia della terra fra noi e coloro che verranno dopo di noi. E quindi, anche il progresso deve essere concepito come perenne salvaguardia ecologica, perché «quando parlo di ecologia, sto parlando di una parte di me».

Riflettendo sulle difficoltà relazionali fra l’umanità e il pianeta, si ascoltano le parole profondamente sagge degli indigeni che vivono nella riserva naturale di Alta Talamanca, in Costa Rica. Discorsi universali e fortemente cosmologici (dei, spiriti, animismo) di una cultura che ha nel proprio stile di vita la risoluzione dei problemi che stanno “ambientalmente” minacciando questo nuovo millennio.

Sospeso fra giornalismo e antropologia, legandosi a bellissime immagini ed entrando nelle capanne degli sciamani, parlando a un tavolino con i governatori locali, ascoltando le lezioni nelle scuole e dialogando con il professore di cultura Bribri o con le allevatrici di iguane, Camilli offre al pubblico una semplice nozione: il rispetto della natura è la prima azione per prevenire disastri o cambiamenti climatici e preservare flora e fauna perché “l’uomo è andato oltre il proprio ruolo diventando il cancro della società”.

Un concetto espresso, nel documentario, con alcune frasi chiave, come “educare all’Amore per l’Ambiente dovrebbe essere Naturale” oppure “può sembrare che ci siano ancora molti alberi, ma in fondo non è così, è differente”.
La forza del filmato sta nel dare voce a questo interessantissimo Popolo, senza giudizio, senza schieramento. Sono i fatti a offrire un importante punto di osservazione “all’uomo bianco” e alla sua modalità irrispettosa verso Madre Terra.

Nelle prime scene, un maestro elementare spiega agli allievi l’origine della loro cultura: “Chi siamo? Come viviamo? Come pensiamo? Com’è stata creata la Terra?”.

Così, i bambini imparano a chiedersi di quale ambiente fanno parte e quali sono le sue regole, non quelle inventate per profitto, ma quelle che permettono a tutti gli esseri viventi di coesistere nel rispetto reciproco e nella cooperazione all’evoluzione.

Nel documentario, tutti hanno ben chiaro che ogni persona, ogni albero, ogni frutto e ogni animale ha la sua fondamentale importanza nell’ecosistema, per cui se la Comunità ritiene di dover sacrificare un albero o un animale viene fatto sempre e solo valutando l’effetto di tale decisione, assumendosene la responsabilità. Ad esempio, una donna intervistata lavora in un centro di recupero di iguane perché in tempi antichi, quando ce n’era la necessità, sono state sfruttate dai loro avi e adesso meritano protezione.

Anche la cura viene affrontata in maniera differente. Gli indigeni usano il cacao per le cerimonie di guarigione e la raccolta viene fatta con un metodo antico, tramandato di generazione in generazione. Con questo punto di vista, lo sciamano spiega a una nonna che i problemi di salute dei nipoti nascono dall’aver mangiato alimenti sacri senza la giusta attenzione.

Camilli spinge a una riflessione: “Se il cacao è un alimento sacro, vi invito a fare un gioco, quando andate al supermercato. Osservate quante volte vedete il cioccolato e chiedetevi se viene onorato nel giusto modo… Se fosse vero che questo squilibrio procura altrettanto squilibrio al fisico e quindi malattia?”.

Se riflettiamo su tutti i danni che sono stati causati finora a popolazioni intere, a parti di Pianeta, agli animali e anche a noi stessi, capiamo che c’è tanto lavoro da compiere e bisogna prenderne coscienza. E non basta chiedere perdono per gli errori compiuti. È tempo di fermarsi, rallentare, chiederci cosa stiamo facendo, cosa abbiamo già fatto, cosa si può recuperare e cosa no, ma soprattutto cosa si può fare per ripristinare l’armonia.

Come dichiara il regista: “L’ecologia è l’espressione di uno stato di coscienza, parte da dentro, non da fuori”.
Terra mio corpo, Acqua mio Sangue, Aria mio respiro, Fuoco mio spirito canta l’indigeno in mezzo alla giungla alla fine del documentario. Un’immagine che dice tanto, ma è giusto lasciare allo spettatore il gusto di scoprire, con la voglia di comprendere, il resto di una storia che educa alla sacralità di ogni minuscolo frammento di vita.