Riportare l’opera lirica a Sanremo, la scommessa di un giovane maestro
Cesare Depaulis, 34 anni, ha fondato l’associazione “Sanremo lirica” per diffondere la cultura operistica e rispolverare i fasti del passato
Sanremo. Riportare la città al suo passato illustre, a quando Luigi Pirandello dirigeva sul palco del Casinò un giovanissimo Vittorio De Sica; o a quando il padre della Cavalleria Rusticana, Pietro Mascagni, venne chiamato dal mecenate Luigi De Santis a collaborare alla stesura del cartellone lirico e concertistico della Casa da gioco. È la scommessa di un direttore d’orchestradi appena34 anni che a Sanremo è nato e cresciuto.
Cesare Depaulis dopo gli studi al Conservatorio di Milano e all’Accademia musicale di Cleveland, negli Stati Uniti, è tornato nella Città dei fiori con un’ambizione: diffondere la cultura operistica rispolverando i fasti del passato. Per farlo ha così riunito due cantanti liriche (le «signore» Fiorella Di Luca e Teresa Romano) e un ingegnere (Carlo Venditto) e ha fondato l’Associazione Sanremo Lirica.
«Stiamo lavorando alla costruzione di un progetto molto articolato che ha l’obiettivo di far rinascere la lirica a Sanremo in forma istituzionale e non occasionale – spiega a Riviera24.it –. Negli anni Trenta si respirava un fervore culturale senza precedenti. E non lo dico solo perché sono sanremese e ne sono orgoglioso, ma perché realmente era così. Un po’ per il prestigio del Casinò, un po’ per il suo clima meraviglioso, Sanremo era diventata meta ambita del turismo d’élite e come tale aveva bisogno di una programmazione culturale che ne fosse all’altezza. Arrivarono quindi Pirandello, Mascagni e tanti altri. Il mio progetto vuole riportare Sanremo all’elevatezza di quel periodo». Un progetto che è poi il tentativo di un risveglio culturale, il quale, del resto, ha già superato la sua «prova del nove».
Domenica scorsa Depaulis ha infatti battezzato la nascita dell’associazione portando al Teatro dell’Opera del Casinò un concerto di arie e duetti. «La sala era gremita – racconta – e questo ci ha riempito di soddisfazioni. A renderci ancora più orgogliosi, il fatto che in molti si sono complimentati dicendoci, “finalmente un evento a livello di Sanremo e del suo nome”. È stata una sorta di esperimento, un modo per sondare la risposta del pubblico e dimostrare a noi stessi e alle istituzioni che la città ha anche bisogno di questo genere di spettacolo. La paura è sempre quella di lavorare a teatro vuoto. Noi questo non lo abbiamo mai pensato e domenica siamo stati rincuorati. L’ampia presenza di spettatori, le critiche positive ricevute, tra cui quelle dell’assessore alla Cultura Eugenio Nocita che ci ha sostenuti fin dall’inizio, hanno dimostrato che c’è un margine di lavoro e la lirica può tornare a Sanremo».
«Questo concerto – aggiunge – è stato concepito come l’inaugurazione di qualcosa di più grande. L’obiettivo è quello di mettere in scena opere liriche in forma integrale con costumi e scenografie. Il prossimo passo sarà dunque quello di rincontrarsi con le istituzioni, Comune e Casinò, così da poter stabilire un piano di azione con date e titoli». E intanto che il cartellone di Sanremo Lirica attende il suo «terreno fertile», il giovane direttore d’orchestra si dedica ai giovani e all’insegnamento.
«Avvicinare l’opera lirica ai ragazzi è una delle componenti del progetto – sottolinea Depaulis –. Si tratta di un genere musicale che erroneamente tutti definiscono “di nicchia”. Ma non è così. Alla maggior parte dei sanremesi l’opera appare come una cosa che interessa solo pochi appassionati, in realtà in tante altre parti di Italia e nel mondo, nelle città con grandi teatri, è molto popolare, anche fra i più giovani. Non dimentichiamoci, poi, che buona parte della fama di cui il nostro Paese gode a livello internazionale è dovuta proprio alla lirica, genere che abbiamo inventato e in cui abbiamo dato di più. Basti pensare che ancora oggi la Traviata di Verdi è l’opera più rappresentata. Purtroppo però spesso e volentieri c’è lo dimentichiamo ed è come dimenticarsi della Cappella Sistina. Nessuno mai, però, si dimenticherebbe della Cappella Sistina e di Michelangelo, questo perché fin da bambini ci hanno parlato di Roma e delle sue ricchezze artistiche. Quando vengo chiamato per fare qualche supplenza mi impegno allora anche io a parlare ai bambini del nostro patrimonio lirico».
Un’altra scommessa, perché, prosegue il maestro, «a 13 anni i ragazzi sanno già quale musica gli piace, hanno le idee molto chiare e quando accenno il discorso dell’opera lirica partono prevenuti. Questo accade in quante la musica oggi è diventata un’arte di consumo. C’è un forte bisogno di rieducare i nostri ragazzi. Sui media passano soltanto certi generi ed è ovvio che restano perplessi se fai ascoltare loro qualcosa che non conoscono. Ma lavorare con i ragazzi è incredibile. Intellettualmente vergini, la loro sensibilità emotiva rispetto al fenomeno artistico può cambiare in appena due settimane di supplenza. L’ho vissuto io stesso: se all’inizio rifiutavano il genere, una volta che hanno iniziato a scoprirlo hanno anche imparato ad apprezzarlo. Ed è stupendo».