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Tentato omicidio a Capo Nero, i tedeschi non collaborano con la magistratura italiana: manca la versione di Alena

5 novembre 2018 | 14:41
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Tentato omicidio a Capo Nero, i tedeschi non collaborano con la magistratura italiana: manca la versione di Alena
Tentato omicidio a Capo Nero, i tedeschi non collaborano con la magistratura italiana: manca la versione di Alena
Tentato omicidio a Capo Nero, i tedeschi non collaborano con la magistratura italiana: manca la versione di Alena

Si tratta della presunta aggressione ad Alena Sudokova per la quale è finito in carcere Zied Yakoubi

Imperia. Potrebbe essere scarcerato per l’impossibilità di procedere ad una rogatoria internazionale dovuta alla mancata collaborazione da parte della magistratura tedesca con le autorità italiane, Zied Yakoubi: il 32enne tunisino attualmente in carcere con l’accusa di tentato omicidio nei confronti di Alena Sudokova, 22 anni, cittadina tedesca di origine russa, rimasta gravemente ferita dopo essere precipitata per circa 70 metri in una scarpata a Capo Nero la notte del 31 luglio scorso: secondo la tesi accusatoria, Alena sarebbe stata spinta nel dirupo da Zied al termine di una tentata violenza carnale.
Rimasta oltre un mese al Santa Corona di Pietra Ligure, dove era giunta in fin di vita, la giovane, una volta uscita dal coma, è stata poi trasferita in un ospedale in Germania in modo da essere più vicina alla famiglia. Da quel giorno, di lei, gli inquirenti italiani non sanno più nulla.

Il 2 ottobre scorso il sostituto procuratore di Imperia Barbara Bresci, che insieme al procuratore capo Alberto Lari coordina le delicate indagini sul caso, ha inoltrato un ordine europeo di indagine alle autorità tedesche chiedendo di poter ascoltare la giovane, le cui dichiarazioni sono ritenute fondamentali per ricostruire l’accaduto e formulare i capi di accusa nei confronti di Yakoubi. Ma la magistratura tedesca non ha risposto alla richiesta della collega italiana se non dopo diverse sollecitazioni e quando lo ha fatto, solo pochi giorni fa, ha inviato con posta ordinaria, una lettera contenente poche righe scritte in tedesco per le quali si attende ora una traduzione ufficiale. “E’ una mancanza di cortesia istituzionale”, dichiara il magistrato Bresci, che si era invece preoccupata che la richiesta italiana fosse accompagnata da una traduzione in lingua tedesca, così come vuole la prassi. “Il mio è lo sfogo di un magistrato italiano”, aggiunge, “Sfatiamo il mito che in Italia la Giustizia non funziona, mentre in Germania è il massimo dell’efficienza perché così non è, almeno in questo caso”.
La Procura di Imperia, al momento, non ha infatti ancora ricevuto una risposta sulle condizioni della giovane: Alena è in grado di parlare e fornire una sua versione di quanto accaduto la notte del 31 luglio, o no? E se ancora non è pronta per essere sentita dagli inquirenti italiani, quando lo sarà? Queste le domande alle quali non è mai stata data risposta. In ogni caso, entro la fine del mese di novembre, il magistrato chiuderà le indagini preliminari, rinviando a giudizio Zied Yakoubi e decidendo sulla misura cautelare da adottare nei suoi confronti in attesa di processo. Nonostante le accuse formulate contro il magrebino siano gravi, di certo non potrà restare in carcere ancora a lungo in attesa che la magistratura tedesca si decida a collaborare.

Tra l’altro, una volta tornata in Germania, la madre di Alena ha sporto una denuncia contro ignoti per quello che è successo alla figlia e ha nominato un avvocato per tutelarla. Nessuno, però, ha avvisato le autorità italiane dell’indagine avviata dalla Procura di Kassel: a scoprirlo, dopo un mese di telefonate, è stata la stessa Bresci. Evidente, dunque, che qualcosa non funzioni a livello di comunicazione tra i due Paesi.