Sanremo, gli appuntamenti della stagione teatrale 2018/2019 del Casinò

Sei appuntamenti per sette sere di grande teatro con i più esclusivi del panorama nazionale
Sanremo. Sei appuntamenti per sette sere di grande teatro con, tra gli altri, Veronica Pivetti, Alessandro Preziosi e Lorella Cuccarini. Per la stagione teatrale 2018/2019 il Casinò ha inserito in cartellone artisti tra i più esclusivi del panorama nazionale.
Ecco il calendario completo della stagione teatrale del Casinò di Sanremo 2018-2019:
anteprima stagione teatrale
martedì 27 novembre alle 21 al teatro dell’Opera
Veronica Pivetti
“Viktor und Viktoria “ –
stagione teatrale
venerdì 7 dicembre alle 21 al teatro Ariston
Alessandro Preziosi
“Vincent Van Gogh. L’odore assordante del colore”
domenica 30-lunedì 31 dicembre alle 21.15 al teatro dell’Opera
Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia
“Non mi hai più detto ti amo”
venerdì 4 gennaio alle 21 al teatro dell’Opera
Barbara De Rossi e Francesco Branchetti
“Il diario di Adamo ed Eva”
sabato 12 gennaio alle 21 al teatro dell’Opera
Lino Guanciale e Gabriella Pession
“After miss julie“ di P. Marber
venerdì 18 gennaio alle 21 al teatro dell’Opera
Luca Barbareschi e Lunetta Savino
“Il penitente”
Gli spettacoli:
Anteprima stagione teatrale del Casinò di Sanremo
Veronica Pivetti –
“ Viktor und Viktoria “ – Teatro dell’Opera
martedì 27 novembre alle 21
Commedia con musiche liberamente ispirata all’omonimo film di Reinhold Schunzel-Regia di Emanuele Gamba. Il mondo dello spettacolo non è sempre scintillante e quando la crisi colpisce anche gli artisti devono aguzzare l’ingegno. Ecco allora che Viktoria, talentuosa cantante disoccupata, si finge Viktor e conquista le platee ma il suo fascino androgino scatenerà presto curiosità e sospetti. Tra battute di spirito e divertenti equivoci si legge la critica ad una società bigotta e superficiale (la nostra?) sempre pronta a giudicare dalle apparenze.
La Berlino degli Anni Trenta fa da sfondo ad una vicenda che, con leggerezza, arriva in profondità. Veronica Pivetti si cimenta nell’insolito doppio ruolo di Viktor/Viktoria, nato sul grande schermo e per la prima volta sulle scene italiane nella sua versione originale.
S I N O S S I
In una Berlino stordita prima dai fasti e poi dalla miseria della repubblica di Weimar un’attrice di provincia, Susanne Weber (Veronica Pivetti), approda in città spinta dalla fame e in cerca di scrittura. Il freddo le ha congelato le membra, e anche il cuore non è rimasto illeso. L’incontro con un collega attore, Vito Esposito (Yari Gugliucci) immigrato italiano, sembra cambiarle la vita. E mentre la città subisce gli umori delle nascenti forze nazionalsocialiste di Hitler in lotta con gli spartachisti dell’estrema sinistra, Susanne e Vito s’immergono negli eccessi della vita notturna weimeriana. La coppia condivide fame, scene e battute e, alla fine, si scambieranno anche… sesso ed identità! Ed è per proprio per l’affamata ditta che Susanne si sacrifica e diventa… Viktor und Viktoria, cioè un acclamato ed affascinante en travesti, anche grazie all’aggiunta di un colorato, buffo e stravagante fallo di cotone che diventa l’emblema del loro piccolo grande segreto. Viktor und Viktoria viene acclamato in tutti i teatri d’Europa. Una brillante compagnia capitanata dalla caustica Baronessa Ellinor Von Punkertin (Pia Engleberth) in cui spiccano Lilli Shultz (Roberta Cartocci), buffa e biondissima ballerina di fila di cui Vito è innamorato e un attrezzista dai modi bruschi e obliqui, Gerhardt (Nicola Sorrenti) miete successi ovunque.Ma, tornati a casa per l’ultima recita, un incontro fatale con il fascinoso conte Frederich Von Stein (Giorgio Borghetti) sfiorerà il cuore gelato di Susanne. Purtroppo, anche il conte ha un segreto e la liaison si complica. E, mentre a Berlino la situazione politica degenera precipitosamente, la nostra protagonista sarà costretta a fare le sue scelte: sentimentali e di vita. Non tradire mai Vito, l’amico inseparabile, né il conte, ormai padrone del suo cuore. Riuscirà Susanne/Viktor ad abbandonarsi fra le braccia del suo inaspettato amore senza che la scelta le risulti fatale? Sullo sfondo di una Berlino anni trenta, una spassosa Veronica Pivetti ci racconta una storia piena di qui pro quo, cambi di sesso, scambi di persona e ricca di intrecci senza esclusioni di colpi di scena finali.
Stagione Teatrale del Casinò di Sanremo
Alessandro Preziosi “Vincent Van Gogh” L’odore assordante del bianco
7 dicembre alle 21 al Teatro Ariston
È il 1889 e l’unico desiderio di Vincent è uscire dalle austere mura del manicomio di Saint Paul. La sua prima speranza è riposta nell’inaspettata visita del fratello Theo che ha dovuto prendere quattro treni e persino un carretto per andarlo a trovare. Come può vivere un grande pittore in un luogo dove non c’è altro colore che il bianco? Attraverso l’imprevedibile metafora del temporaneo isolamento di Vincent Van Gogh in manicomio, interpretato da Alessandro Preziosi, lo spettacolo è una sorta di thriller psicologico attorno al tema della creatività artistica che lascia lo spettatore con il fiato sospeso dall’inizio alla fine. Il testo vincitore del Premio Tondelli a Riccione Teatro 2005 per la “…scrittura limpida, tesa, di rara immediatezza drammatica, capace di restituire il tormento dei personaggi con feroce immediatezza espressiva” (dalla motivazione della Giuria n.d.r.) firmato da Stefano Massini con la sua drammaturgia asciutta ma ricca di spunti poetici, offre considerevoli opportunità di riflessione sul rapporto tra le arti e sul ruolo dell’artista nella società contemporanea.
NOTE DI REGIA
Sospensione, labilità, confine. Sono questi i luoghi, accidentati e mobili, suggeriti dalla traiettoria, indotti dallo scavo. Soggetti interni di difficile identificazione, collocati nel complesso meccanismo dell’organicità della mente umana. Offerti e denudati dalla puntuale dinamicità e dalla concretezza del testo, aprono strade a potenziali orizzonti di ricerca. La scrittura di Massini, limpida, squisitamente intrinseca e tagliente, nella sua galoppante tensione narrativa, offre evidentemente la possibilità di questa indagine. Il serrato e tuttavia andante dialogo tra Van Gogh – internato nel manicomio di Saint Paul de Manson – e suo fratello Theo, propone non soltanto un oggettivo grandangolo sulla vicenda umana dell’artista, ma piuttosto ne rivela uno stadio sommerso. Lo spettacolo è aperto contrappunto all’incalzante partita dialogica. Sottinteso. Latente.Van Gogh, assoggettato e fortuitamente piegato dalla sua stessa dinamica cerebrale incarnata da Alessandro Preziosi, si lascia vivere già presente al suo disturbo. È nella stanza di un manicomio che ci appare. Nella devastante neutralità di un vuoto. E dunque, è nel dato di fatto che si rivela e si indaga la sua disperazione. Il suo ragionato tentativo di sfuggire all’immutabilità del tempo, all’assenza di colore alla quale è costretto, a quell’irrimediabile strepito perenne di cui è vittima cosciente, all’interno come all’esterno del granitico “castello bianco” e soprattutto al costante dubbio sull’esatta collocazione e consistenza della realtà. La tangente che segue la messinscena resta dunque sospesa tra il senso del reale e il suo esatto opposto. In una spaccatura in cui domina la sola logica della sinestesia, nella quale ogni senso è plausibilmente contenitore di sensi altri, modulandone infinite variabili, Van Gogh è significante e significato di sé stesso. Lo scarto emotivo che subisce e da cui è irrimediabilmente dipendente, rappresenta causa ed effetto della sua stessa creazione artistica, non più dissociata dalla singolarità della sua esistenza e lo obbliga a percorrere un sentiero isolato in cui il solo punto fermo resta la plausibilità di un’infinita serie di universi possibili nei quali ogni tangibilità può rappresentare il contrario di ciò che è. Alessandro Maggi
Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia
“Non mi hai più detto ti amo”
Domenica 30-lunedì 31 dicembre alle 21.15 al Teatro dell’Opera
Dopo vent’anni Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia, la coppia straordinaria del musical Grease, torna insieme per la prima volta in uno spettacolo di prosa scritto e diretto da Gabriele Pignotta Non mi hai più detto ti amo. Una commedia ironica, intelligente, appassionante, cucita addosso a due protagonisti istrionici, esilaranti e straordinariamente affiatati.
La famiglia è ancora il cardine della società e il nostro punto di riferimento assoluto? Come si stanno evolvendo le famiglie alla luce delle trasformazioni sociali, politiche ed economiche in atto? E’ questo il tema attualissimo sul quale nasce e si sviluppa questa sorprendente commedia, che narra la storia di una famiglia italiana contemporanea, costretta ad affrontare un cambiamento traumatico improvviso e che, alla fine di un percorso difficile ed intenso, si ritroverà completamente trasformata e più solida.
Lorella Cuccarini, accetta la sfida di interpretare il ruolo di una madre, Serena, che trova la forza di mettersi in discussione in seguito ad un imprevedibile, ma forse “salvifico”, incidente di percorso. Questa super-mamma e moglie perfetta che porta sulle sue spalle tutta l’organizzazione e la responsabilità della famiglia, capisce che forse questo ruolo non è più funzionale alla sua felicità e, con grande coraggio decide di recuperare sé stessa e il suo essere donna rimettendo completamente in gioco tutti gli equilibri.Suo marito Giulio (un ineguagliabile Giampiero Ingrassia) inizialmente destabilizzato da questo repentino cambiamento, troverà la forza di reagire, riscoprendo finalmente il suo ruolo di marito e di genitore per troppo tempo delegato passivamente alla moglie. Anche i due figli (Tiziana e Matteo), due ragazzi di vent’anni, andranno in crisi esattamente come i loro genitori, ma ognuno riuscirà a trovare delle risorse interiori inaspettate che porteranno ad un avvincente finale a sorpresa!
L’intruso Fabrizio Corucci regalerà sorrisi e colpi di scena a questa meravigliosa e scombinata famiglia. Un suggerimento, rivolto a tutti, è che forse oggi ancora di più che in passato, la famiglia per sopravvivere ai cambiamenti deve trovare anche lo spazio per il singolo, per l’individuo e non solo per il ruolo che ricopre (madre, padre, figlio).
Venerdì 4 gennaio alle 21
Barbara De Rossi
Francesco Branchetti
“Il diario di Adamo ed Eva” di Mark Twain
regia Francesco Branchetti
musiche originali Pino Cangialosi insieme ai due attori, presenti due mimi in scena
Tra il 1904 e il 1905 Mark Twain scrisse due brevi racconti, Il diario di Adamo e Il diario di Eva, poi nel 1906 riunì i due racconti in successione, a formare una sola narrazione The Diary of Adam and Eve, essendo i due diari così complementari tra di loro. Mark Twain, attingendo al mito della Creazione narra come siano andate le cose tra l’uomo e la donna in chiave ironica e umoristica ma anche fiabesca e romantica e come possa essere nata l’attrazione tra i due sessi.
Il testo a due voci inizia con l’apparizione di Eva, che Adamo vede come una creatura bizzarra e fantasiosa; Adamo si ritrova un bel giorno a dover fare i conti con questa nuova creatura «Questo nuovo essere dai capelli lunghi… Non mi piace, non sono abituato ad avere compagnia». Nel racconto le due voci si avvicendano in modo commovente e allegro. Eva una creatura bizzarra e fantasiosa, romantica, vanitosa, chiacchierona sempre interessata a dare nomi agli animali, alle piante e al creato. Adamo è un uomo rude e facilmente irascibile, un solitario, innervosito dalla continua presenza di Eva, che lo segue incuriosita, parlando ininterrottamente. Adamo però è molto affascinato da Eva. Il loro incontro appare destinato al disastro. Poi Eva mangia la mela e comincia la caduta entrano nel mondo della morte, dei figli, del lavoro, della conoscenza; arrivano i figli Caino e poi Abele, esseri che Adamo per molto tempo non riconosce come umani, ma crede siano una nuova specie di animali. I due diari si susseguono fino a che i due nonostante le diversità, si rendono conto che si amano. É l’incontro tra l’uomo e la donna, in questo giardino dell’Eden con tutti gli aspetti e le caratteristiche dell’uomo e la donna moderni, mirabilmente tratteggiati dalla grandezza della penna di Mark Twain.
Lino Guanciale e Gabriella Pession
“After miss Julie “ di P. Marber per la regia di Gianpiero Solari
Sabato 12 gennaio alle 21
Traduzione Marco Maria Casazza con Gabriella Pession, Lino Guanciale e Roberta Lidia De Stefano. Regia di Giampiero Solari. Scene Giorgio Morandi, Elisa Rolando e Marta Solari studenti del Triennio in Scenografia di NABA Nuova Accademia di Belle Arti con il coordinamento di Angelo Linzalata. Luci Camilla Piccioni. Costumi Nicoletta Ceccolini. Regista Collaboratore Vittorio Borsari. Scene costruite presso il laboratorio del Teatro Franco Parenti e FM Scenografia. Costumi realizzati presso la sartoria del Teatro Franco Parenti diretta da Simona Dondoni
Produzione Teatro Franco Parenti.
Trasposizione moderna, drammatica e sexy del classico di Strindberg La signorina Julie. Marber trasferisce l’azione dalla Svezia originale del 1800 all’Inghilterra del 1945. Un dramma acuto e teso su sospetti e risentimenti di classe, lotta contro repressivi costumi sociali, con personaggi credibili e psicologicamente astuti, le cui parole hanno significato puntuale e mortale.
Note di regia
“Il luogo dove accade la vicenda è la cucina della villa di una famiglia dell’alta società inglese, dove Miss Julie, figlia dei proprietari, gioca a trasgredire socialmente e sessualmente. La vediamo che irrompe continuamente nella cucina provocando colpi di scena e finte casualità per sedurre John, autista e maggiordomo di famiglia, facendolo in maniera spudorata di fronte a Christine, cuoca e promessa sposa di quest’ultimo. La serata diventa una ‘macabra celebrazione’, oppure una ‘rimozione ironica’ del successo del Partito Laburista; infatti, tra i valori espressi dallo stesso partito, ci sono l’emancipazione femminile e la liberazione sessuale. È la stessa Miss Julie che vuole fuggire dalla sua vita di agio ed ipocrisie; in realtà, lei è la vittima dell’eredità della sua anacronistica posizione, una outsider della nuova società inglese appena proclamata con la vittoria dei Laburisti. Nello spettacolo, il punto di vista dello spettatore cambierà come in un piano sequenza, con un movimento lento e continuo, attraverso la rotazione dello spazio cucina. Questa spirale di distruzione è il luogo reale ricostruito psicologicamente da Julie e John, dove per paradosso la cuoca Christine rappresenta il desiderio di non mutare l’ordine sociale prestabilito. Marber costruisce un finale crudo e violento dove il sangue e il rosso diventano realtà e simbolo tragico del dramma”.
Giampiero Solari
Luca Barbareschi e Lunetta Savino
“Il penitente”
Venerdì 18 gennaio alle 21
Il penitente di David Mamet con Lunetta Savino, Luca Barbareschi, Massimo Reale e con Duccio Camerini. Scene Tommaso Ferraresi. Costumi Anna Coluccia. Luci Iuraj Saleri. Musiche Marco Zurzolo. Suono Hubert Westkemper. Video Claudio Cianfoni, Marco Tursi e Andrea Paolini. Dramaturg Nicoletta Robello Bracciforti. Traduzione e regia Luca Barbareschi. Produzione Teatro Eliseo – Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia
Una tragedia moderna, un dilemma morale. Un uomo buono, la gogna mediatica e giudiziaria fino al colpo di scena finale. Uno psichiatra affronta una crisi professionale e morale quando rifiuta di testimoniare in tribunale a favore di un paziente accusato di avere compiuto una strage. Il penitente, l’ultimo testo composto nel 2016 per il teatro dal drammaturgo statunitense David Mamet – Premio Pulitzer per Glengarry Glen Ross – descrive l’inquietante panorama di una società così alterata nei propri equilibri che l’integrità del singolo, anziché guidare le sue fulgide azioni costituendo motivo di orgoglio, diviene l’aberrazione che devasta la sua vita e quella di chi gli vive accanto.
Coinvolto da un sospetto di omofobia, ‘il penitente’ subisce una vera gogna mediatica e giudiziaria e viene sbattuto “in prima pagina” spostando sulla sua persona la momentanea riprovazione di un pubblico volubile, alla ricerca costante di un nuovo colpevole sul quale fare ricadere la giustizia sommaria della collettività. L’influenza della stampa, la strumentalizzazione della legge, l’inutilità della psichiatria, sono questi i temi di una pièce che si svolge tra l’ambiente di lavoro e il privato del protagonista. La demolizione sociale di un individuo influisce inevitabilmente sul suo rapporto matrimoniale. Un dramma descritto in otto scene, otto atti di confronto tra marito e moglie, con la pubblica accusa e con il proprio avvocato. Fino al colpo di scena finale.
“Ho scelto questo lavoro di Mamet – spiega il regista Luca Barbareschi – perché è una lucida analisi del rapporto alterato tra comunicazione, spiritualità e giustizia nella società contemporanea. ‘Il penitente’ è la vittima dell’inquisizione operata dai media. È ciò che accade all’individuo quando viene attaccato dalla società nella quale vive ed opera, quando la giustizia crea discriminazione per avvalorare una tesi utilizzando a questo fine l’appartenenza religiosa”.
“A cosa può servire – conclude il regista – rivendicare la ragione se, come dice Mamet, ciò significa isolarsi, uscire dal coro ed essere puniti per questo? In una storia, chi sfida la menzogna e difende la verità è in genere l’eroe della vicenda, è l’uomo buono. Ma qui uomo buono è definizione ironica, sarcastica. La società reclama il sacrificio di ogni integrità. Tutto è sottosopra sembra dire Mamet, e l’assenza di etica governa un mondo capovolto“.