Da Adamo a Mirkoeilcane, cala il sipario sul Tenco delle “migrazioni”
Ieri sera al Teatro Aristo l’ultimo atto della 42esima edizione della Rassegna dedicata alla canzone d’autore
Sanremo. Sull’emozione di un monumento della canzone d’autore internazionale come Salvatore Adamo cala il sipario del Tenco 2018. Ieri sera al Teatro Ariston è andato in scena l’ultimo atto della 42esima edizione della storica rassegna condotta da Antonio Silva, che eccezionalmente, quest’anno, ha diviso il palco insieme a un “secondo” (che poi tanto “secondo” non è stato”), Marco Castoldi, in arte Morgan.
In linea al tema “Migrans – Uomini, idee, musiche”, dopo il Premio Tenco a Zucchero della serata di debutto, a ricevere il più alto riconoscimento italiano dedicato al cantautorato è stato proprio l’artista
siciliano figlio di emigranti in Belgio, Adamo. «Il tenero giardiniere dell’amore», come lo ha definito Jacques Brel, che con oltre 100 milioni di dischi ha ispirato generazioni di artisti fin dagli anni ’60, non ha saputo trattenere la commozione quando ha affidato all’ex voce dei Bluvertigo la lettura di un brano inedito dedicato ai migranti. Un momento toccante che ha conquistato gli applausi a piene mani della platea.
Tra i siparietti dei due padroni di casa e le incursioni del trio David Riondino, Enrico Rustici e Donato De Acutis, è stata così la volta di tutti i vincitori delle Targhe Tenco: Motta (Album in assoluto con “Vivere o morire”), Giuseppe Anastasi (Opera prima con “Canzoni ravvicinate del vecchio tipi), Mirkoeilcane (Canzone singola “Stiamo tutti bene”), Fabio Cinti (Interprete di canzoni con “La voce del padrone, un adattamento gentile”), Francesca Incudine (Album in dialetto con “Tarakè”) e un rappresentante di Voci per la Libertà / una canzone per Amnesty (Album a progetto). “Premio Tenco in pectore”, invece, a Pippo Pollina: al cantautore un po’ svizzero un po’ siciliano che impasta canzoni e politica è stato affidato il compito di calare il sipario su una Rassegna Tenco che mai come quest’anno è riuscita a compattare gli artisti intorno ad un argomento centrale quale quello delle migrazioni.
Quattro giorni di voci d’autore “classiche” ma anche pop e rap che trovando l’ampio consenso del pubblico – pure più giovane e meno di nicchia come una simile kermesse ha sempre richiesto – hanno fatto della musica il baluardo da cui rompere ogni frontiera e andare al di là di qualsivoglia ideologia.