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Estetica, spazi urbani ed abitare: nuovi scenari in città

21 settembre 2018 | 07:03
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Estetica, spazi urbani ed abitare: nuovi scenari in città

Quanto è importante l’estetica nella condizione urbana che viviamo quotidianamente?

Quanto è importante l’estetica nella condizione urbana che viviamo quotidianamente?

Quante volte pensando all’estetica immaginiamo un modo di vivere legato al simbolismo, alla naturale predisposizione di avvicinarsi ad un canone di bellezza sensoriale collegata ad un pensiero, alla natura, all’arte. Non di meno nel nostro linguaggio moderno l’estetica indica l’aspetto esteriore del carattere di un prodotto, che sia un’automobile, un oggetto di design.

Ma quale incidenza può avere l’estetica sulla città?

Mi viene da pensare, molto semplicemente, che una città ordinata, pulita, con contrasti di colore regolati nelle cromie, arredo urbano con un filo conduttore unico, illuminazione estetica e funzionale, possa influire positivamente sugli spazi urbani e sull’abitare la città.

E’ un dato incontrovertibile: una struttura urbana dove vige la non regola, dove le relazioni tra individui e città si sgretolano, dove si perdono le sequenze storiche relative la struttura di città date da punti fermi quali piazze, palazzi e vie creano disagio relazione e sociale.

La perdita del valore simbolico mi fa pensare ad una crescita vertiginosa senza meta, una via senza fine, un insieme di relazioni che allontanano il “senso comune” che resta, a mio avviso, l’ancora di salvezza.

L’abitare una città diviene in questo momento un diritto – dovere, legato non solo alla sicurezza, alla sostenibilità ma anche e soprattutto alla bellezza. Penso a come architettura, arredo urbano, studio del colore possano promuovere e generare un processo di ri-generazione estetica dove bellezza e funzione convergono in un punto comune.

Un orizzonte che disegna una linea continua, dove la libertà dettata dai forti contrasti, dalle esperienze dalle nuove prospettive prive di pregiudizi, portano alla fine ad una inaspettata libertà, non genuina e fatta di solitudine dettata dall’indifferenza, dalla diffidenza tra gli individui, tra i membri di una stessa collettività.

Non esistono più confini, lo spazio cresce, si evolve tra diverse situazioni, pezzi di città mutano funzione, servizio, sbandano e oscillano in funzione del mercato, del profitto. E questo sbandamento ci porta a non vivere più la città, il territorio viene stravolto a velocità differenti e discontinue.

In questo siamo in balia di un mare inafferrabile dove nulla è certo, non abbiamo punti fermi, valenze simboliche. E in questo la città è parte attiva, vi è una forte correlazione tra tipologia di abitare e comportamento sociale, in positivo e in negativo. Una connessione che evidenzia come realtà urbane e abitative portino alla bruttezza della vita sociale da esse provocata attraverso l’omologazione di un falso elogio di comunità urbana, di separazioni, chiusure, interruzioni, assenze di forma. Una finta omologazione dove le differenze vengono ancora più evidenziate.

In questo credo non si possa rinunciare alla rivisitazione degli spazi, capaci di compenetrarsi, di unirsi gli uni agli altri, accogliersi, senza perdere di vista il proprio confine, la propria storia e il vissuto. Ogni nota è definita a sé e un insieme di note creano una sinfonia. Forse un utopia, perseguibile secondo il mio punto di vista attraverso piccole variazione estetiche, un inizio, un seme che può far rinascere il senso civico e di appartenenza che lungo la strada stiamo perdendo di vista.

Immagino una città ordinata, pulita, riconosciuta in un disegno estetico dove armonia, colore, immagine riportano la società in una dimensione quasi persa, senza timore di affrontare desideri e paure.

Ne saremo capaci?

Paolo Tonelli

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