Quando la malattia diventa occasione di coraggio e amicizia, all’Ac San Siro – Sanremo la storia di Gianluca

25 agosto 2018 | 07:50
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Perito agrario e calciatore, nel 2012, quando aveva soli 18 anni, si è ammalato di tumore. Da quel giorno tutto nella sua vita è cambiato

Sanremo. La gita di una settimana organizzata dall’Azione cattolica di San Siro, che ha avuto luogo dal 13 al 19 agosto a Bolbeno in Trentino Alto Adige, ha visto la partecipazione di numerosi ospiti che hanno portato testimonianze di vita.

Come i cremonesi Emanuele Scarani (21 anni) e Luigi Mazzini (18 anni) che, accompagnati da don Marco D’Agostino, hanno raccontato una storia di dolore, coraggio e amicizia che ha conquistato i cuori di tutti. Si tratta della storia di Gianluca Firetti che vogliamo condividere con voi.

Gianluca, perito agrario, calciatore, nel dicembre del 2012, a 18 anni, si è ammalato di tumore. Tutto nella sua vita è cambiato: il rapporto con Dio, con la famiglia e con gli altri. Era un ragazzo semplice, normale, a scuola andava discretamente bene, frequentava la chiesa ma non in modo assiduo e aveva un gruppo di amici. Insomma poteva essere benissimo uno di noi, un nostro coetaneo o addirittura un nostro amico.

La sofferenza che Gianluca ha provato non è mai diventata un muro per gli altri, non lo ha allontanato dai suoi amici, dalla famiglia, dai cari, al contrario, lo ha avvicinato sempre di più a loro. Il letto dell’Hospice in cui ha passato i suoi ultimi mesi di vita si è trasformato in un luogo di incontro, amicizia e preghiera.

Il ragazzo ha accettato fin da subito la sua situazione e ha deciso di raccontarla in un libro, mostrando come nella lotta si diventi pienamente uomini. Marco D’Agostino ha scritto a quattro mani con lui il volume dove narra l’esperienza di malattia e di fede vissuta. Il libro si chiama “Spaccato in due, l’alfabeto di Gianluca”.

La vicenda di Gian ha coinvolto mamme, papà, sacerdoti, anziani e giovanissimi, dall’Italia e dal resto del mondo che, pur non avendolo mai incontrato, hanno raccolto “vita” da lui, lo hanno sentito fratello e amico.

Come Luigi, il quale non lo ha mai visto ma tramite la sua esperienza ha avuto modo di riflettere sul significato della vita e ora insieme a Emanuele e altri ragazzi viaggia per incontrare altre persone e trasmettere la morale di questa storia: ‘’Io non ho mai conosciuto Gian se non attraverso il libro e varie testimonianze, però la sua storia mi affascina, ciò che mi ha lasciato è l’importanza di vivere la vita e riordinarla cercando di capire le nostre priorità. Gian mettendo davanti la fede, metteva davanti a se gli altri, voleva un gran bene, cerco di portare avanti tutto questo nella mia quotidianità’’.

Il dolore che il tumore ha provocato a Gianlucaè stato un’esperienza difficilissima e terribile, una grande difficoltà che sicuramente avrebbe ‘’buttato giù’’ ognuno di noi. Lui, invece, non l’ha rifiuta, non l’ha mascherata, l’ha vissuta e la vive. Vive per lui e per gli altri, non smette di incontrare i suoi amici, anche se alcuni lo hanno lasciato in questo momento difficile non si scoraggia. Anzi, ha lasciato spazio a nuove amicizie.

È quanto accaduto con Emanuele, che un giorno si è presentato a casa sua:  ‘’Ho conosciuto Gianluca solo gli ultimi mesi di vita, il Don ai tempi era il mio professore e aveva parlato di lui in classe. Così spinto da qualcosa ho deciso di andarlo a trovare. Il Gian che ho conosciuto è un Gian felice non un Gian sofferente. La sua conoscenza mi ha fatto capire il significato della vita, ogni volta che andavamo a trovarlo, noi amici dicevamo sempre che lui stava insegnando a noi il vero significato della vita. Per questo sono e sarò sempre grato a lui’’.

Emanuele il primo giorno che ha conosciuto Gian è rimasto in silenzio. Quali sono infatti le migliori parola da dire ad un malato? Nessuno di noi lo sa. Eppure Gian era sorridente nei suoi confronti, chiedeva ed era interessato alla sua vita. Non è cosa da tutti prestare attenzione verso il prossimo soprattutto in un momento di malattia, eppure Gian aveva amore verso la sua vita e di conseguenza verso gli altri.

Sono molti i ricordi preziosi che il “Don”, come lo chiamava Gianluca, riporta nel libro. Il libro è scritto seguendo le lettere dell’alfabeto, ogni capitolo racconta un episodio. a riprendere è la lettera “G”, che riporta il vero significato del gruppo e narra: Attorno a chi sta male, di solito, si raggruppano persone differenti. La malattia e il dolore, soprattutto quando sono coinvolti i giovani, richiamano e toccano le corde del cuore”.

Come del resto ha fatto Emanuele che si è avvicinato a Gian costruendo una nuova amicizia: ‘’Un conto è pensare, un altro suonare il campanello, varcare la soglia di casa, vedere, incontrare e intrattenersi con chi sta male. E così attorno al giovane malato, di solito ci sono nuove amicizie che si creano, vecchie che si rafforzano ancora di più, alcune credute solide fino a qualche tempo prima che si perdono‘’.

L’amicizia se vera e non curiosa o invadente riesce a essere una terapia del dolore molto più forte di altri medicinali. Così è stato per Gian, intorno a lui si sono formati gruppi ‘’misti’’ tra vecchie e nuove amicizie come a dire, forse che tutti, dalla malattia, siamo interrogati e chiamati a dare la nostra risposta umana, di fede, nell’affetto e nella vicinanza. “E se vado la e non so cosa dire?’’. Forse andare a trovare un giovane malato non vuol dire ‘’andare là’’ per dire qualcosa, ma semplicemente condividere un pezzetto di strada e di tempo per lui molto in salita.

La storia di Gianluca è una storia che deve essere conosciuta per capire a fondo che la vita è bella ma allo stesso tempo è fatta di sofferenze. Dato che è breve deve esser vissuta con felicità, così come ha fatto Gian anche nei momenti di difficoltà. Grazie all’amore verso gli altri e per gli altri si riesce, forse, a sconfiggere qualsiasi malattia.