A La Spezia |
Cronaca
/
Imperia
/

L’ex medico di Imperia Nadir Garibizzo si suicida in carcere: era accusato di tentato omicidio

6 agosto 2018 | 09:08
Share0
L’ex medico di Imperia Nadir Garibizzo si suicida in carcere: era accusato di tentato omicidio

Si è reciso la femorale

La Spezia. E’ morto suicida, intorno alle 23 di ieri, Nadir Garibizzo: l’ex medico di Imperia, 60 anni, ristretto al piano terra del carcere di La Spezia, si è tolto la vita recidendosi l’arteria femorale. A nulla sono serviti i soccorsi. Già condannato per omicidio e occultamento di cadavere, Garibizzo si trovava in carcere a La Spezia, per motivi di opportunità, con l’accusa di tentato omicidio.

I fatti. Nadhir Garibizzo, ex medico dell’Asl 1 imperiese radiato dall’ordine dopo aver ucciso la propria amante, ha tentato di uccidere un bambino di otto anni per vendetta. Stando a quanto ricostruito fino ad ora l’uomo voleva vendicarsi per la cancellazione dal ruolo di un causa civile, perché per due volte l’attore si era presentato, davanti al giudice, senza un difensore.
Sarebbe questo il movente del tentativo di uccidere a coltellate il figlio dell’avvocato Elena Pezzetta, “colpevole”, secondo l’uomo, di aver dismesso il mandato un anno fa e di avergli fatto così perdere la causa. Nella borsa che Garibizzo aveva con sé, i carabinieri hanno trovato una corda spessa due centimetri con un cappio e nodo scorsoio già preparati alla sua estremità. Gli inquirenti non escludono che il piano dell’ex medico fosse quello di uccidere uno o entrambi i figli dell’avvocatessa, per poi suicidarsi. Ma non è nemmeno esclusa l’ipotesi che con quella corda, Garibizzo volesse impiccare i bambini o lo stesso avvocato.
La borsa conteneva altra corda, spago per pacchi, due paia di mutandine, una tuta, un paio di ciabatte e un rasoio da barba: tutto l’occorrente, insomma, per trascorrere una notte in carcere nel caso in cui, come avvenuto, il suo piano fosse fallito e fosse finito in carcere. Garibizzo aveva in corso una causa civile con un’impresa che aveva accusato di aver eseguito male dei lavori di sistemazione di un’autorimessa. Molti avvocati, tra cui la Pezzetta, si erano rifiutati di assisterlo: per questo l’uomo aveva denunciato una quarantina di legali. Con Elena Pezzetta, Garibizzo aveva instaurato un rapporto più duraturo, ma che comunque si era interrotto la scorsa settimana con la cancellazione della causa dal ruolo. Forse non sapeva che la causa avrebbe potuto essere riaperta: l’ex medico ha invece pensato di averla persa per sempre e ha meditato di volersi vendicare, scegliendo l’ex avvocato come vittima.
E così ha fatto. Si è recato nei pressi della villetta di Caramagna dove vive il legale per un sopralluogo già due giorni prima dell’accaduto. Così avrebbero affermato alcuni testimoni. Poi è tornato martedì sera. Ha approfittato del cancelletto aperto per entrare nell’abitazione, seguendo l’amico di famiglia che stava entrando per prendere la figlioletta dopo un pomeriggio trascorso con gli altri bambini.
E’ stato un attimo: una volta in casa, Garibizzo ha chiesto al marito della Pezzetta di parlare con lei. Alla risposta perentoria dell’uomo di andarsene, Garibizzo si è girato verso il divano, ha tirato fuori dalla borsa un coltello da cucina con la punta in fondo, di quelli per tagliare la carne, e si è scaraventato contro il bambino che era sdraiato sul divano.
A quel punto il padre del piccolo gli si è scaraventato contro e gli ha gridato: “Stai fermo o ti ammazzo”. Lui ha risposto: “Magari”, senza aggiungere altro. Anche l’amico di famiglia si avventa su Garibizzo: i due uomini, nel tentativo di disarmare l’aggressore, afferrano il coltello e si feriscono. Immobilizzano l’ex medico e chiamano i carabinieri, giunti poco dopo.
Ad interrogare Garibizzo, fino a dopo la mezzanotte, è stato il procuratore capo di Imperia, Alberto Lari. Al suo avvocato, Andrea Artioli, l’uomo aveva dichiarato di non aver avuto l’intenzione di uccidere nessuno, tantomeno un bambino.

L’allarme della UIL PA Penitenziari: Nel carcere Marassi di Genova, invece, ancora una volta e per ben due volte, il tempestivo ed efficace intervento della Polizia Penitenziaria ha impedito che la già lunga scia di morti per suicidio in cella potesse allungarsi. Intorno alle 18 e poi ancora alle 19 di ieri, un detenuto marocchino 24enne E.K., ristretto presso il Centro Clinico, è stato salvato in extremis dal soffocamento per impiccagione.

“Il giovane detenuto marocchino, ubicato al primo piano della 4^ sezione (centro clinico), già sottoposto a grande sorveglianza, ha tentato di impiccarsi con una corda ricavata dalle lenzuola del letto, legata alle sbarre della finestra del bagno. L’uomo è stato salvato dagli agenti della Penitenziaria per ben 2 volte, mentre erano già evidenti i primi segni del soffocamento”. A darne comunicazione è il Segretario Regionale della UIL PA Penitenziari, Fabio Pagani, che ricorda gli allarmi già lanciati per le condizioni di sovraffollamento delle strutture Liguri e la grave carenza degli organici della Polizia Penitenziaria e degli addetti ai compiti amministrativi e trattamentali.

“Tra luglio e agosto a Marassi abbiamo dovuto registrare un suicidio e tre tentati suicidi, a La spezia si sono suicidati due detenuti nel giro di pochi giorni”, ha aggiunto Pagani. La UIL PA Penitenziari ricorda come in questo 2018 siano già diciotto i detenuti morti per suicidio in cella in Italia, che i tentativi di suicidio as-sommino a poco meno di centocinquanta e che numerosissimi sono i gesti di auto-lesionismo e molte le risse. “Questa deriva di morte e violenza verso se stessi o verso altri, che si afferma nelle carceri, è una diretta conseguenza dell’impossibilità ad articolare percorsi di recupero, rieducazione e risocializzazione. Il personale di Polizia Penitenziaria deve fare i classici salti mortali per garantire servizi sempre al di sotto dei livelli minimi di sicu-rezza, così conclude il sindacalista UIL”.