L’uso della cannabis e il rischio per gli adolescenti
L’uso adolescenziale di cannabis è spesso connesso a un desiderio di esplorazione, avventura e gioco che avviene in gruppo
Negli ultimi vent’anni sono aumentati i consumi di cannabis, pianta dalla quale si ottengono marijuana e hashish: sostanze psicotrope consumate a scopo “ricreativo” i cui effetti sono riconducibili al principio attivo del tetraidrocannabinolo (Thc) che porta alla compromissione delle strutture celebrali con gravi implicazioni delle facoltà cognitive ed effetti sull’adattamento sociale.
La quantità di THC contenuta nella cannabis è stata in costante aumento nelle ultime decadi, questo può comportare l’esposizione a livelli di principio attivo più elevato nei nuovi utilizzatori, con maggior rischio di reazioni pericolose. L’uso adolescenziale di cannabis, che come emerge dalle ricerche svolte é prevalentemente episodico ed occasionale piuttosto che dipendente, è spesso connesso a un desiderio di esplorazione, avventura, gioco che avviene in gruppo.
Vi sono ragazzi che utilizzano la cannabis per mettere in sordina uno stato della mente, per offuscare e scacciare i pensieri, o per viaggiare con la fantasia in una fusione con il mondo ideale, verso rappresentazioni di sé gratificanti, alterando le emozioni, nel senso anche di addormentare la tumultuosità dei processi che si attivano in adolescenza in relazione alla necessità di costruire una nuova immagine di sé, allontanando o confondendo a volte aspetti e dinamiche difficili da affrontare ed elaborare.
Si può pensare all’uso di sostanze in adolescenza in relazione ai modi attraverso cui i ragazzi affrontano il percorso di crescita e le difficoltà che incontrano. L’uso di cannabis può essere visto come un tentativo evolutivo di esplorazione del mondo esterno, di ricerca di un proprio spazio e di presa di distanza dalla famiglia, attraverso il gruppo che funge da tramite e da importante sostegno in questo difficile processo di distacco, oppure come una risposta alla percezione della propria vulnerabilità che potrebbe stabilizzarsi bloccando il processo di crescita e diventare la manifestazione di un disagio più profondo.
La cannabis ha effetti a breve termine e a lungo termine. Gli effetti acuti più comuni sono: deficit dell’attenzione, della concentrazione e della memoria a breve termine, disorientamento spazio temporale, ansia generalizzata e somatizzata, disforia; mentre gli effetti fisiologici a breve termine sono: irritazione congiuntivale , tachicardia, cefalea, astemia, disturbi dell’equilibrio con deficit della coordinazione motoria, alterazioni dei tempi di reazione agli stimoli, tosse debole o frequente. Gli effetti psicologici a breve termine includono: aumento della sensibilità sensoriale, particolari e intense percezioni tattili e visive, loquacità, rilassamento psicofisico, senso di benessere, stato subeuforico dell’umore, divinizzazione sociale. Mentre gli effetti fisiologici a lungo termine sono rappresentati da scialorrea, tachicardia, disturbi del ritmo sonno-veglia, congiuntiviti, faringi-tracheiti, bronchiti, deficit immunologici. Gli effetti psicologici includono: anedonia, astenia, abulia, instabilità dell’umore, trascuratezza, mancanza di motivazione ed interesse, passività, apatia, scarsa tolleranza alle frustrazioni, bassa produttività, lentezza dei movimenti, deficit dell’attenzione e memoria.
Se l’assunzione di marijuana inizia durante l’adolescenza, la droga può ridurre le capacità di elaborazione e di apprendimento, la memoria, e interferisce con le modalità con cui il cervello costruisce le connessioni tra aree necessarie per queste funzioni. Gli effetti della marijuana su queste capacità possono durare a lungo o anche essere permanenti.
Uno studio ha rilevato che chi ha iniziato a fumare marijuana in quantità, prima dei vent’anni e perdura nell’abuso, perde una media di otto punti di Quoziente Intellettivo (QI) tra i 18 e i 38 anni. La perdita di capacità mentale non era completamente recuperata cessando di assumere marijuana da adulti.
Si è messo in evidenza, attraverso la risonanza magnetica, che il cervello dei ragazzi che fumano marijuana almeno una volta alla settimana presenta alterazioni nel nucleus accumbens che si ingrandisce e nell’amigdala che si deforma, fontamentali zone cerebrali collegate all’emotività, alle motivazioni e alle decisioni. Hashish e marijuana, al pari di altre sostanze psicotrope, quali la cocaina e i derivati anfetaminici, gli allucinogeni e anche l’alcool, possono condizionare lo sviluppo psico-emozionale con distorsione di personalità, in tal caso irreversibile. L’uso occasionale o continuativo può indurre disturbi psichiatrici come attacco di panico, depressione che può sfociare in tentativo di suicidio e psicosi da cannabis.
Il rischio riguarda soprattutto gli adolescenti , in quell’età in cui si completa la maturazione del cervello e cresce l’efficienza delle reti neurali. Il Thc disturba questo processo e nel caso che uno porti con sé una predisposizione biologica alla malattia o abbia esperienze psychotic-like” gli esiti possono essere appunto quello di sviluppare la malattia completa, o comunque una psicosi cronica simile alla schizofrenia.
Gli studi che esaminano il funzionamento del cervello nei giovani che fanno uso regolare o cronico di cannabis, per regolare si intende dalle 10 alle 19 volte al mese e per cronico 20 o più volte al mese, mostrano potenziali anomalie che si verificano in un certo numero di regioni del cervello comprese quelle che interessano la memoria (ippocampo) ed il funzionamento esecutivo (corteccia prefrontale). Si evince che come con le altre sostanze psicoattive, più giovane è l’età in cui si inizia ad utilizzare sostanze, più è probabile che venga sviluppata una dipendenza in età adulta.
Il sapere vuol dire prevenire, far conoscere questa realtà sulla droga “che non fa niente di male” per rendere consapevoli gli adolescenti, circa il rischio e azione in ogni caso deleteria per un cervello in sviluppo dei derivati della cannabis soprattutto quando assunti in modo continuato.
Dott.ssa Daniela Lazzarotti