Ventimiglia, Ponte San Ludovico: la frontiera di unione e divisione dei popoli

La trasformazione del piazzale della dogana nel corso della storia
Ventimiglia. Popoli vicini, popoli lontani, amici, nemici, egoismo e altruismo. Le frontiere nella storia sono sempre state le protagoniste di eventi significanti per gli stati nazionali, non semplici linee di demarcazione quanto veri e propri muri di vetro che non lasciano penetrare gli indesiderati. Noi imperiesi abbiamo la fortuna, ma anche la sfortuna di vivere vicini al confine francese che forse è la frontiera più importante d’Europa: scenario di conflitti di interesse soprattutto nell’ambito del contrasto ai fenomeni migratori.
L’Italia e la Francia si sa che sono sempre state “Repubbliche sorelle”, portatrici di ideali comuni e madri dell’Unione europea. In quanto sorelle passano periodi di pace e periodi di litigi e dispetti, come sta succedendo in questi anni tra Ventimiglia e Mentone, causando una demarcazione tra due popoli che seppur vorrebbero stringersi la mano sono costretti a dividersi per complicate problematiche nazionali.
Fino al 1964 l’unica via di comunicazione tra Ventimiglia e Mentone era il valico di Ponte San Luigi dove è situato l’ultimo cippo del chilometro 697.330 della SS1 via Aurelia che collega Roma alla porta d’Italia. Negli anni del boom economico il valico iniziava ad essere un imbuto per il traffico stradale tra le due nazioni perciò alla fine degli anni 50 sono cominciati i lavori di costruzione della dogana di Ponte San Ludovico a ridosso del mare.
È stata Eva Nordenskjold, una studentessa svedese che nel luglio del 64’ ha inaugurato il nuovo valico inferiore attraversando il confine a bordo della sua vettura. La nuova dogana, più grande e più efficiente, ha consentito negli anni Sessanta e Settanta il passaggio più rapido delle automobili arrivando a circa 150 veicoli all’ora. Numeri che ai giorni nostri sono miseri, ma che purtroppo negli ultimi due anni stiamo ricominciando a subire a causa del ripristino dei controlli anti immigrazione.
La nuova frontiera di Ponte San Ludovico era composta da due strutture in ferro che permettevano a doganieri e veicoli in sosta durante i controlli di ripararsi dal sole e dalla pioggia. Solo l’Italia nel 2009 dopo 12 anni dall’entrata in vigore del Trattato di Schengen ha deciso di radere al suolo la struttura, trasformando l’enorme piazzale nell’attuale “Giardino” che ora ospita il monumento del Terzo Paradiso, inaugurato due anni fa.
Negli ultimi giorni siamo andati a rispolverare i vecchi articoli riguardanti l’abbattimento dell’ex dogana, rendendoci conto dell’importanza della frontiera per entrambe le nazioni e di come cambiano i pensieri istituzionali con il cambiamento dei flussi migratori.
Durante la demolizione della struttura doganale italiana il sindaco di Mentone Jean-Claude Guibal fedele al partito “Les Rèpublicains” in un articolo del Nice-Matin dichiarava: “Sono ormai 4 anni che chiediamo allo Stato di sbarazzarci di questa verruca. Bisogna demolire al più presto possibile la struttura doganale perché è brutta, pericolosa alle persone e soprattutto inutile. Togliendo la dogana potremmo salvaguardare questo posto meraviglioso affacciato sul mare contornato dalle rocce dei Balzi Rossi”.
L’idea di Guibal era infatti quella di sostituire la dogana con un ufficio del turismo oppure un eliporto, consentendo una continuità territoriale con il paesaggio del versante italiano. Nel 2009 l’ex sindaco di Ventimiglia Gaetano Scullino è riuscito a rivalutare la zona di confine facendo costruire l’attuale “Isola verde” che permette la vista del mare anche a chi si ferma al bar tabacchi per concedersi un caffè nel dehor.
Purtroppo i tempi cambiano, muta la stabilità politica mondiale e di conseguenza anche le vite dei cittadini: lo stesso Jean-Claude Guibal nel 2015 con l’arrivo del massiccio flusso migratorio sulle coste italiane proveniente dall’Africa ha lanciato l’appello al governo di Parigi affinché venisse chiusa la frontiera da parte delle autorità. Per i primi mesi di controllo alla frontiera il corpo Crs (Compagnia repubblicana di sicurezza) si è accontentato di presidiare il confine usando i furgoni della polizia come riparo, ma con l’arrivo dell’inverno e l’aumento dei flussi migratori il sindaco di Mentone si è visto costretto a chiedere al Governo la riapertura dei locali dell’ex dogana affinché venissero ripristinati gli uffici. Solo nel 2017 la gendarmeria francese insieme alla Police Aux Frontières è riuscita a respingere in Italia 37mila migranti, “riusciti” a varcare il confine grazie ai mezzi di trasporto quali treni o passeurs, oppure a piedi, passando dalle montagne.
Il sindaco Guibal durante i suoi numerosi comizi ha spesso dichiarato il suo apprezzamento verso l’Italia e l’Europa unita, dichiarando anche durante la celebrazione delle vittime del Bataclan – “Di non dimenticare l’italiano poiché lingua del cuore, ma soprattutto degli italiani” – seppur dovendo rispettare la fede del partito di destra a cui appartiene. La frontiera quindi da quanto si evince da entrambe le parti della linea di confine è una demarcazione che varia di importanza in base agli interessi politici verso i popoli extracomunitari, i comuni cittadini non negheranno mai il fatto che la linea di separazione è un muro invisibile che riesce ad evidenziare la differenza linguistica di due popoli e soprattutto l’inutilità della stessa considerando la cooperazione transfrontaliera dei corpi di polizia al fine di prevenire spiacevoli avvenimenti in entrambi i territori.
Sfortunatamente abitando da questa parte della frontiera siamo costretti a varcare il confine sentendoci ospiti di un territorio straniero a soli pochi chilometri dalla nostra Liguria.
(Foto di Mapio.net)