Giornata mondiale della poesia, quando Sanremo escluse il verso travagliato e geniale di Alda Merini

21 marzo 2018 | 11:04
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Nel 2007 la poetessa dei Navigli presentò al Festival il brano “Sull’orlo della grandezza”. Dopo una prima ammissione in gara, fu inspiegabilmente scartato e scoppiò il caos

Sanremo.Sono nata il ventuno a primavera / ma non sapevo che nascere folle / aprire le zolle / potesse scatenar tempesta”. Ventuno marzo, Giornata mondiale della poesia e data di nascita di una delle più alte voci della poesia di tutti i tempi, Alda Merini. Coincidenza ma anche una sincronia che la poetessa dei Navigli ha codificato in un pianto che è poi anche preghiera, così come la sofferenza imbalsamata nel verso è da quello stesso verso riscattata, poiché forma di trascendenza. Alda Merini, una collana di perle e una sigaretta sempre in bocca, sempre in bilico tra follia, ragione e dolore. Dolore di un’esclusa, anche da Sanremo.

In occasione della Giornata istituita dall’Unesco nel 1999 vogliamo riproporvi quella storia. Canto travagliato e insieme di perdono che nasce sul palco della cinquantasettesima edizione del Festival. Era il 2007 e affiancata dal compositore e interprete Giovanni Nuti, la Merini presentò il brano Sull’orlo della grandezza. Dopo l’annuncio di una sua ammissione in gara, la canzone fu inspiegabilmente scartata. Scoppiò il caos, tutto era confuso.

Lo stesso padrone di casa, quel gigante della televisione italiana che è Pippo Baudo, non riusciva a trarre ragioni e più volte mescolò le carte cambiando la sua versione dei fatti. Come riporta Paolo Giordano su Il Giornale, un membro della commissione definì la canzone «Una lagna infinita», e Baudo, che coltivava uno stretto rapporto di amicizia con la poetessa, prima commentò: «Ho sentito la sua voce narrante. È magnifica, calda, forte, passionale. La musica è avvincente e anche la voce cantante. Spero di “baciarla” presto e a lungo». Poi, invece, ritirò ogni lode: «Alda Merini ha scritto una lirica bellissima, ma c’era una distonia con la musica».

L’amarezza, tanto che, come riporta la testata Rockol, l’autrice dichiarò all’Ansa: «È stato uno schiaffo fortissimo, del tutto inaspettato […] Baudo ci aveva scritto dichiarandosi entusiasta del pezzo. Avevo scritto un testo bellissimo, sul primo amore che quando ti travolge ti trasforma in Lucifero. Invece la canzone è stata esclusa. È stato un duro colpo. Ma Baudo si rende conto della grande delusione che ci ha provocato?». Il conduttore scelse il silenzio, il silenzio di un amico: basti rileggere quanto la Merini rilasciò poco tempo a Panorama: «Non posso volere male a Pippo. Gli devo molto: ha pagato lui una mia bolletta telefonica da sei milioni di lire. Un marocchino mi ha clonato il cellulare, ma il tribunale ha dato torto a me».

Le condizioni di indigenza in cui Alda Merini viveva erano note a tutti. Una povertà per scelta, aggravata dalla malattia mentale che a lungo la costrinse al confine fra il riconoscimento della sua stessa capacità poetica e quello stato di follia che, tuttavia,  le permise di diventare protagonista della scena culturale italiana del Novecento. E se del resto «anche la follia merita i suoi applausi», i medesimi spettano al gesto di perdono che successivamente la poetessa rivolse a Baudo e allo stesso Festival di Sanremo.

Due anni dopo la vicenda, infatti, la platea della seconda serata della cinquantanovesima kermesse si riempì di queste parole di venia: “Canta l’Italia, non si vedono lacrime italiane, ma gemono i poeti sotto l’amara sferza del destino. Cuori solitari vincono le loro vittorie proprio qui, in mezzo ai fiori, dove la produzione notturna del pensiero vola diretta a Dio. O provvido Sanremo, butta le nostre ancore su una terra di pace, dove fiorisca il genio dei cantanti o dell’amore. Alda Merini”.