Al Casinò di Sanremo la mostra Antologica di Giorgio Rocchi




Esposizione dal 31 marzo al 29 aprile nel foyer di Porta Teatro. L’inaugurazione il 31 alle 17.30
Sanremo. Nell’ambito della rassegna i martedì letterari, inseriti nell’anno Internazionale del Patrimonio Culturale, viene presentata l’esposizione Antologica di Giorgio Rocchi 1965-1999 dal titolo “Tra narrazione e fermo immagine. Una storia tutta italiana”. La mostra, un omaggio ad un artista che legò la sua produzione anche alla città di Sanremo, vuol ripercorrere un percorso di esperienze e di sensazioni attraverso opere provenienti da collezioni private presenti a livello nazionale oltre che dal patrimonio familiare.
L’evento artistico verrà inaugurato sabato 31 marzo alle 17.30 nel foyer di Porta Teatrale alla presenza del figlio Paolo Rocchi e della storica dell’arte Federica Flore.
“Il Casinò rende omaggio ad un artista che ha stretto un forte legame con la città e con il territorio – sottolinea il cons. Olmo Romeo, vicepresidente di Federgioco – “lo attestano anche le opere dedicate alla Casa da Gioco, tra cui si distingue la nevicata al Casinò. Riaffermiamo con questo evento l’importanza del recupero storico e della valorizzazione dei tanti artisti che elessero il nostro territorio come luogo privilegiato per esprimere la propria visione artistica. ”
“Diamo il benvenuto alla famiglia Rocchi, che ha voluto iniziare propria dal Casinò di Sanremo la lunga serie di mostre che porterà in tutta Italia e all’estero la poetica artistica di questo importante esponente del Novecento” – afferma il direttore generale Giancarlo Prestinoni – “Con questa esposizione potranno essere ammirate molte opere dedicate alla città e ai suoi angoli più suggestivi.”
Federica Flore scrive di Rocchi come di “un artista che si affianca perfettamente alla linea realistico-paesaggistica italiana di Fattori. Giorgio Rocchi, infatti, costruisce la sua visione dell’Italia che cambia da terra agricola a terra di cultura internazionale, mostrandosi testimone attento di questo processo come un fotografo o un cineasta. […] Le opere pittoriche, che saranno in mostra, potranno essere apprezzate da un pubblico ampio, soprattutto per il loro punto di vista rispettoso nei confronti della trasformazione. ”
Giorgio Rocchi: L’intimità della memoria.
Terricciola, 1939 – 1999 Ponsacco, pittore, scultore ed affreschista si dedicò a diverse tematiche tra cui il paesaggio, la figura, l’arte sacra. Si distinse anche nel ritratto. Ma una delle sue impronte più forti sono i quadri in cui Giorgio Rocchi affronta i| tema della vita campestre, gli interni dei casolari sparsi per le campagne, le figure tipiche di una cultura contadina rimasta sino agli anni sessanta.
Nel periodo di studi a Siena, l’artista esegui, su commissione delle Suore Francescane, un ritratto ad olio di Papa Paolo VI, opera che, in seguito, fu donata allo stesso Pontefice. Ricordiamo una importante mostra retrospettiva tenutasi nel giugno del 2010 al Museum di Treuchtlìngen in Germania, vicino Norimberga. Mostra di opere selezionate nel 2011 a Frabosa Sottana in provincia di Cuneo, a cura del Comune e dell’Assessorato alla Cultura.
Giorgio Rocchi rientra in quel novero di artisti che hanno fatto, viventi, cultura, storia ed arte quasi senza saperlo perché talmente convinti dal proprio lavoro, talmente entusiasti delle proprie idee, da non essere troppo distratti dal voler apparire o dal voler vendere a tutti i costi. II tempo decanta e seleziona. Oitre i soliti noti appaiono cosi i Iavoratori dell’arte che tagliano traguardi che i contemporanei non avevano visto e si sentono voci che prima erano sommerse da improwisì clamori o da urla sguaiate.
Pittore professionista, Giorgio Rocchi, fece della pittura il suo unico scopo che proseguì con dignità ed autorevolezza per tutta la vita. La sua pittura ci appare come un’ esperienza visiva del passato, che non si può rinnegare, una espressione carica di valori, un mestiere che con il suo fardello di delusioni, privilegia immagini di una disarmante eleganza. Cosi la critica oggi si interessa, il collezionismo chiede le opere in cui si riscontra insegnamento e storia. Oggi possiamo osservare l’opera di Giorgio Rocchi nella sua produzione totale.
Paesaggi e nevicate, i personaggi raccolti intorno ai fuoco, gli interni, gli animali della Maremma, il lavoro nei campi. Una corrente Novecentista nata ail’inizio del secoio che evitò simboli panteistici, dipinse il dramma dei vinti dalla industrializzazione, rappresentata anche da Rosai, Brindisi, Migneco, per esaurirsi con la loro morte e lasciare ad un modo più ideologico di fare arte.
Tutto sfumato e soffuso in una cultura che reinventa e filtra la poesia della realtà, apprezzata come uno spettacolo in cui il calore umano e l’incontro con la natura è occasione di vita, ed anche di piccole gioie. E’ una pittura di relazioni essenzialmente umane con la necessità inderogabile di giungere alla resa dei conti degli interrogativi fondamentali, costituendo cosi un processo di rappresentazione più che della realtà della verità, che è al di sopra del fenomeno pubblicitario di oggi, che purtroppo ha innescato uno sbandamento, anche fra i collezionisti, che non tiene conto del merito e del valore oltre i fattori esterni creati solo per scopi mercantili.
Apprezziamo anche il colore per quella dimensione musicale che investe i gialli, dai bianchi ghiacciati che si alternano al verde intenso, e poi ii rosso che cresce mentre conquista la luce al ricordo di una antica civiltà in cui opera ancora la presenza elementare sensualmente vissuta, della terra, dell’albero, dell’animale.
Per il piacere di essere cantore, l’artista si esprime senza remore, affidando ai segno la sua assoluta essenzialità espressiva. Non Arte per arte quella di Giorgio Rocchi, ma arte per l’umanità, e questa umanità siamo noi.