Sanremo, per il Fisco vivevano sotto la soglia di povertà, ma avevano beni per oltre 1 milione di euro: i dettagli del maxi sequestro a famiglia Rinaldi

16 gennaio 2018 | 12:36
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350mila euro nei conti correnti

Sanremo. Una villa a Poggio e altri immobili, terreni e uliveti, automezzi anche storici, motocicli, e circa 350mila euro nei conti correnti di una famiglia che, sulla carta, risultava in pratica senza redditi, tanto da poter essere considerata, almeno secondo le soglie dell’Istat, sotto la soglia di povertà.

Le indagini condotte dai pm Alessandro Bogliolo e Francesca Sussarellu, ed eseguite dalla squadra mobile, diretta da Giuseppe Lodeserto, della Questura di Imperia insieme al nucleo di polizia economica e finanziaria del tenente Riccardo Borraccino della guardia di Finanza hanno svelato che la famiglia Rinaldi, il cui padre Giuseppe e i due figli Matteo e Luca, vivevano in un lusso spropositato rispetto a quanto dichiaravano: è scattato così il sequestro dei beni, per oltre un milione di euro, in possesso alla famiglia ma in alcuni casi intestati a persone terze, anche straniere: prestanomi o “teste di legno”, come le ha definite il procuratore capo Alberto Lari, scelti dai Rinaldi proprio per evitare provvedimenti di questo genere. Tutte accortezze che non sono servite ad evitare il sequestro, scattato all’alba e autorizzato dal gip di Imperia che ha emesso il decreto di sequestro preventivo di beni mobili e immobili. Operazione possibile avendo come presupposto una serie di reati a carico dei tre indagati, il padre e i due figli, in ambito di sostanze stupefacenti, con ricettazione, riciclaggio e usura.

L’indagine nasce da un fatto di cronaca: la rapina, avvenuta il 24 giugno 2016, in casa dei Rinaldi. Si scoprì poi che a commetterla erano stati due pregiudicati Mario Mistretta e Marcello Marini: sapevano che la famiglia era coinvolta nel traffico di droga e quindi poteva avere beni di un certo rilievo.

Dalle indagini che partirono con quell’episodio era poi nata l’operazione di polizia denominata “Rebound”, fatta di investigazioni complesse e intercettazioni telefoniche che subito avevano permesso di arrestare il corriere Enzo Trombini (il 7 luglio 2016 a Imperia) mentre trasportava 20 chili di marijuana e 4 chili di cocaina purissima. Le indagini dimostrarono che Trombini “lavorava” insieme ai Rinaldi.