Truffa sui fondi “Cip 6”, il tribunale rinvia per repliche

Alla sbarra Massimo Ghilardi e Franco Della Camera
Imperia. I legali rinunciano alla prescrizione del processo a carico dell’imprenditore Massimo Ghilardi e Franco Della Camera, rispettivamente presidente e amministratore delegato della società “Proget Energy”. Il pm Tiziana Berlinguer ha chiesto la confisca dei beni sequestrati, ma ha preso atto dell’intervenuta prescrizione. E oggi il Caterina Lungaro ha deciso di rinviare per le repliche e arrivare alla sentenza prevista per il 23 febbraio.
I due dovevano rispondere di concorso di truffa ai danni dello Stato per aver indebitamente, secondo l’accusa, ricevuto fondi “Cip 6”, ovvero finanziamenti ministeriali che vengono erogati a chi produce energia elettrica pulita, attraverso la vendita a un prezzo superiore a quello di mercato dell’energia prodotta, al Gestore dei Servizi Energetici del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Era stata la Polizia di Stato ad occuparsi dell’indagine che ha portato al procedimento penale nei confronti di Massimo Ghilardi, ex amministratore della «Idroedil», società proprietaria della discarica di Collette Ozotto, chiamato in causa quale di amministratore della «Proget Energy», società con sede legale a Imperia creata per commerciare il biogas prodotto nell’ambito della discarica. Sul banco degli imputati insieme a Ghilardi anche il co-amministratore della società, Franco Della Camera, di Arezzo.
Per la società in questione (la «Proget Energy») era scattato nel giugno dello scorso anno un sequestro preventivo di 626 mila euro.
Secondo l’accusa Ghilardi e Della Camera avrebbero percepito indebitamente un finanziamento pubblico, «integrando» la quota di energia prodotta con il biogas proveniente dalla discarica con quella derivata dalla combustione di oli vegetali dentro motori diesel di fabbricazione cinese, tutt’altro che «verdi». L’obiettivo? Poter arrivare al tetto previsto dalla convenzione sottoscritta con il Gse (Gestore servizi energetici, società partecipata del ministero dell’Economia). Al «conto» di 626 mila si era arrivati calcolando «la differenza tra il totale degli incentivi corrispondenti all’energia complessivamente ritirata dal Gse e l’importo dei contributi incentivanti effettivamente spettanti».
L’indagine, che era stata condotta dal commissariato di polizia di Sanremo e dal nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Imperia aveva visto emergere come, nel corso di alcune intercettazioni telefoniche, alla vigilia di un’ispezione del Gse, nella primavera di due anni fa motori diesel fossero stati fatti sparire. Questo scenario viene fortemente contestato dalla difesa rappresentata dall’avvocato Bruno Di Giovanni. La società aveva chiesto l’autorizzazione alle Dogane di poter bruciare gli oli vegetali che era stata rilasciata dopo un sopralluogo alla discarica. Inoltre aveva contattato l’Enel, che acquistava l’energia dell’operazione comunicando, sottoscrivendo un contratto in tal senso.