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Sanremo, lettera aperta di Giuliana Tofani Rossi ad Amelia Narciso (ANPI) sul “caso” “Et ventis adversis”

3 dicembre 2017 | 17:19
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Sanremo, lettera aperta di Giuliana Tofani Rossi ad Amelia Narciso (ANPI) sul “caso” “Et ventis adversis”

“Per tutte queste ragioni, signora Narciso, al 25 aprile, non c’è nulla da festeggiare”

Sanremo. Pubblichiamo la lettera aperta che la lettrice Giuliana Tofani Rossi ha indirizzato ad Amelia Narciso, dell’ANPI di Sanremo.

Signora Amelia Narciso,

leggo su Riviera 24 che Lei ha rimproverato il presidente della Federazione Operaia di Sanremo, reo di aver concesso l’uso della sede alla associazione culturale di destra “Et ventis adversis” per la presentazione di un libro.
Con quale diritto Lei pretende di insegnare al presidente della Federazione Operaia a chi concedere l’accesso ai locali della sua associazione? Inoltre, perché ha partecipato, con la bandiera dell’ANPI, alla messa nella chiesa dei Cappuccini, per delle vittime delle Foibe?

Signora Narciso, poiché Lei rappresenta i partigiani, ovvero gli assassini, ritengo che, nella situazione attuale, Lei non possa andare ad onorare le vittime. Sarebbe come se, il 25 Aprile, alla commemorazione dei vostri morti, si presentassero, con i loro labari, i presidenti delle associazioni della RSI.
Anche io, qualche volta, ho partecipato alla fiaccolata che l’ANPI di Torino organizza il 24 aprile di ogni anno, ma, allora, non conoscevo la storia della guerra civile.

Io non voglio dire che il soldato arruolato nella Repubblica Sociale sia migliore di quello salito in montagna con i partigiani. Credo anche che, chi era di fede monarchica, pur trovandosi nel territorio della Repubblica Sociale, non poteva che schierarsi della parte del re. Lungi da me criticare i partigiani che si sono arruolati con il comandante Edgardo Sogno o il comandante Mauri (i badogliani). Sia repubblicani che badogliani , cioè soldati italiani, a quanto mi risulta, hanno, comunque, evitato di spararsi contro. Non è stato cosi per i partigiani titini e stalinisti, quelli della Sua associazione, signora Narciso, il cui Presidente storico è stato il “boia di Codevigo”: l’onorevole Arrigo Boldrini detto BULOW.

Nel 2015 scrissi al presidente Napolitano facendogli presente che ormai, anche una pensionata che vive a Sanremo, conosce la storia della strage della brigata “Osoppo”, la formazione partigiana di orientamento cattolico e socialista, sterminata da partigiani comunisti fedeli a Tito.
I titini infoibarono, quasi sempre dopo sevizie, non solo fascisti, ma cattolici, liberaldemocratici, donne, anziani e bambini. Norma Cossetto, una studentessa universitaria di 23 anni, è diventata il simbolo degli infoibati. La sfortunata ragazza fu gettata viva nella foiba di Villa Surani (Istria) nella notte tra il 4 e il 5 ottobre del 1943, dopo essere stata violentata per giorni da un gruppo di “valorosi partigiani comunisti”.

Norma Cossetto è una delle tante vittime dell’odio politico-ideologico e della pulizia etnica voluta dal maresciallo Tito per eliminare i non comunisti. I partigiani comunisti si sono contraddistinti anche per l’uccisione dei loro compagni partigiani comunisti. Le vittime più illustri sono state Luigi Pietro Canali (capitano Neri) e la sua staffetta e compagna Giuseppina Tuissi (Gianna).
Il capitano Neri era un comunista onesto che si oppose risolutamente alla spartizione dell’oro di Dongo, e fu il primo di una lunga serie di morti misteriose legate al Tesoro della Repubblica Sociale Italiana. La storia di Gianna e del Capitano Neri è raccontata da Mirella Serri nel libro “Un amore partigiano”.

Mi piacerebbe sapere se, durante la guerra civile sono stati uccisi più partigiani dagli stessi partigiani o dai tedeschi e fascisti messi insieme!

Forse alcuni partigiani, ufficialmente morti per mano dei tedeschi, sono stati eliminati dai partigiani comunisti. I militanti del bolscevismo erano obbligati ad obbedire ciecamente agli ordini, anche se immorali, ed era vietato loro di ragionare con la propria testa.

Non definirei “atti eroici” quelli dei partigiani che, dopo aver commesso attentati, scappavano lasciando che la popolazione inerme pagasse per le loro azioni. Quando si parla dell’ attentato di Via Rasella e della drammatica rappresaglia delle Fosse Ardeatine, bisognerebbe citare le Convenzioni internazionali di guerra e le disposizioni relative alla legittima reazione. Inoltre non ci sarebbe stata alcuna rappresaglia se i responsabili si fossero presentati al Comando tedesco.

Le leggi di guerra non prevedevano, invece, gli stupri e gli atti di barbarie perpetrati dai partigiani comunisti. Ritengo lo stupro uno degli atti più aberranti, tanto più ignobile se consumato alla presenza dei familiari della vittima. Che siano maledetti per l’eternità gli stupratori!

Ovviamente tra i partigiani ci sono stati combattenti che, pur nella drammaticità di una guerra civile, sono rimasti uomini. Molti di loro hanno sofferto fame, freddo e disagi, tanti hanno perso la vita. Spesse volte era il caso a decidere se un ragazzo di leva si arruolava nella RSI o raggiungeva i partigiani.
Pur tuttavia è notorio che i partigiani hanno ucciso persone innocenti e inermi sulla base di semplici sospetti, spesso infondati e la patente di “spia” non si negava a nessuno, neppure ad una bambina di 13 anni, come Giuseppina Ghersi di Savona. La mia idea è che i comunisti volessero bolscevizzare l’Italia con il sistema, ampiamente collaudato nell’Unione Sovietica, consistente nel far lavorare gli operai nei gulag senza pagarli, con la scusa che erano “nemici del popolo”e dovevano redimersi.

Si dice che il comunismo abbia fatto più vittime delle due guerre mondiali, mentre durante la Marcia su Roma non ci sono stati morti. Lei, signora Narciso, così astiosa contro il fascismo, da non volere le associazioni di destra nei luoghi pubblici, lo sa che il fascismo è stata una conquista proletaria? La Carta del Lavoro fu approvata dal Gran Consiglio il 21 aprile 1927 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.100 del 30 aprile 1927. Per la prima volta nella storia i datori di lavoro furono costretti a soddisfare le esigenze dei lavoratori. Finalmente il lavoratore poteva contare su di un equo salario, sulla certezza dell’orario di lavoro, su ferie pagate, tutela dell’invalidità, assistenza sugli infortuni, pensione per la vecchiaia, assegni familiari, pensione alle vedove. L’imprenditore poteva svilupparsi, contenendo al minimo i rischi di fallimento perché lo Stato aveva tracciato le strategie di mercato e interveniva anche in caso di controversie insanabili. In pratica vi era la tutela degli imprenditori e dei lavoratori.

Le conquiste che i lavoratori hanno ottenuto durante il fascismo si sono perdute con la Repubblica democratica fondata sul lavoro. Tanto per cominciare i lavoratori sono stati derubati dei loro contributi previdenziale trasferiti all’INPS. I ladri sono sindacati e politici che, con una legge tenuta segreta (Legge Mosca n. 252/1974) si sono attribuiti circa 40.000 sostanziose pensioni. Altre importanti sottrazioni di contributi dei lavoratori si sono verificate attribuendo le pensioni assistenziali a carico dell’INPS. Negli ultimi anni gli aiuti assistenziali sono stati elargiti anche agli extracomunitari, impoverendo cosi, in un solo colpo, le casse dell’INPS e riducendo gli aiuti sociali agli italiani bisognosi.

Durante il fascismo i parlamentari non rubavano il vitalizio, che, comunque, non è neppure previsto dalla Costituzione. Ma gli scaltri politici, accordandosi tra loro, hanno trovato una escamotage e si sono fatti pagare i vitalizi inserendoli nei regolamenti interni del Parlamento che non sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale. Negli anni settanta del secolo scorso sono nate le Regioni. Gli scaltri consiglieri di tutte e 20 le regioni si sono attribuiti anche loro i vitalizi. Stessa cosa dicasi degli europarlamentari. Questa è la prova che i politici di tutti i partiti che, pubblicamente, si scannano tra loro, non si fanno eleggere per risolvere i problemi dei cittadini.

Nell’ottobre del 1980 mi trovavo a Torino, nei pressi di Porta Nuova e ho visto sfilare la marcia dei 40.000 quadri della Fiat. Marciavano seri e silenziosi, incuranti degli insulti che gli operai dei picchettaggi lanciavano loro. E’ stato bello vedere quei lavoratori che con fermezza chiedevano il loro diritto a recarsi sul posto di lavoro. C’è stata la marcia su Roma fatta degli arditi che ha portato la fine delle violenze del biennio rosso. C’è stata la marcia dei 40.000 che ha segnato la fine dei picchettaggi ai cancelli della FIAT. Ora assistiamo alle marce guidate dai sindacalisti che, pur essendo, gli artefici dei ladrocini dei contributi INPS e dei vitalizi, si fanno pure pagare la tessera sindacale per menare per il naso i loro iscritti. Ma che repubblica è questa fondata sui valori della resistenza? LA REPUBBLICA DELLE BANANE!!!

Per tutte queste ragioni, signora Narciso, al 25 aprile, non c’è nulla da festeggiare, anzi si: la nascita dello scienziato fascista Guglielmo Marconi e San Marco il Patrono di Venezia. A proposito di San Marco lo sa, Signora Narciso, che il Generale della RSI Amilcare Farina, Comandante della Divisione San Marco, fece costruire un cimitero per seppellire non solo i suoi soldati, ma anche i partigiani?

Il prossimo 25 aprile, a Dio piacendo, mi recherò al Cimitero Sacrario di Altare (Savona) per onorare i Caduti della guerra civile.

Giuliana Tofani Rossi