“Sanremo, butta le nostre ancore su una terra di pace”, i versi di Alda Merini alla città dei fiori

1 novembre 2017 | 12:07
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Il canto di dolore e perdono della poetessa, esclusa da Pippo Baudo al Festival del 2007

Sanremo.Canta l’Italia, non si vedono lacrime italiane, ma gemono i poeti sotto l’amara sferza del destino. Cuori solitari vincono le loro vittorie proprio qui, in mezzo ai fiori, dove la produzione notturna del pensiero vola diretta a Dio. O provvido Sanremo, butta le nostre ancore su una terra di pace, dove fiorisca il genio dei cantanti o dell’amore”. Così la poetessa Alda Merini, di cui oggi ricorre l’ottavo anniversario dalla scomparsa, scrisse in una lettera che Paolo Bonolis recitò in diretta dal palco del Teatro Ariston durante la seconda serata del cinquantanovesimo Festival di Sanremo. Parole sommesse che seguendo il filo su cui sui snoda l’intera produzione della poetessa dei Navigli, cantavano il dolore e insieme il perdono di un’esclusa.

Non tutti ricordano, forse, che appena due anni prima, quando alla conduzione della kermesse sanremese vi era l’ “accademico” Pippo Baudo, la Merini, cantatessa del verso di travagliato quanto geniale corso, più volte candidata al Nobel per la Letteratura, vide sfumare il suo sogno di partecipare a Sanremo.

Era il 2007 e insieme al compositore e interprete Giovanni Nuti, presentò il brano Sull’orlo della grandezza che, dopo l’annuncio di una sua ammissione in gara, fu scartato. Scoppiò il caos. Addirittura, come riporta il giornalista Paolo Giordano in un articolo pubblicato su Il Giornale, un membro della commissione definì la canzone «Una lagna infinita». Dal canto suo Baudo, il quale per altro coltivava uno stretto rapporto di amicizia con la Merini, cambiò più volte la sua versione dei fatti. Sempre stando a quanto scrisse Giordano, prima commentò: «Ho sentito la sua voce narrante. È magnifica, calda, forte, passionale. La musica è avvincente ed anche la voce cantante. Spero di “baciarla” presto e a lungo»; poi, invece, ritrasse: «Alda Merini ha scritto una lirica bellissima, ma c’era una distonia con la musica».

La delusione e il disappunto della poetessa furono tali che, come riporta la testata Rockol, all’Ansa dichiarò: «È stato uno schiaffo fortissimo, del tutto inaspettato […] Baudo ci aveva scritto dichiarandosi entusiasta del pezzo. Avevo scritto un testo bellissimo, sul primo amore che quando ti travolge ti trasforma in Lucifero. Invece la canzone è stata esclusa. È stato un duro colpo. Ma Baudo si rende conto della grande delusione che ci ha provocato?».

Il tempo poi calmo le acque e il presentatore venne perdonato dalla poetessa. «Non posso volere male a Pippo – si giustificò la Merini in un’intervista rilasciata a Panorama –. Gli devo molto: ha pagato lui una mia bolletta telefonica da sei milioni di lire. Un marocchino mi ha clonato il cellulare, ma il tribunale ha dato torto a me». Le condizioni di indigenza in cui questa grande protagonista della scena culturale italiana viveva erano infatti note a tutti. Una povertà per scelta aggravata dalla malattia mentale che a lungo la costrinse al confine fra il riconoscimento della sua stessa capacità poetica e quello stato di follia che, tuttavia,  le permise di scandagliare l’animo umano e diventare una delle più alte voci della poesia di tutti i tempi.