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Per uno squalo “vietato” finito nella rete un pescatore imperiese si dovrà difendere in Appello

4 novembre 2017 | 19:02
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Per uno squalo “vietato” finito nella rete un pescatore imperiese si dovrà difendere in Appello

In primo grado i giudici avevano annullato la sanzione, ma ora è stato chiamato in causa dall’Avvocatura dello Stato

ImperiaAl largo di Imperia, era il 2014, aveva catturato uno squalo smeriglio che poi era finito sul banco al mercato del pesce di Legino a Savona. A notare l’esemplare messo in vendita, la cui cattura è vietata per legge nelle acque italiane, era stato un veterinario che aveva presentato la denuncia in Capitaneria.

A finire nei guai era stato Carlo Auditore, pescatore imperiese, che aveva già vinto nei mesi scorsi in primo grado, ma ora dovrà vedersela con i giudici di Genova per l’Appello in primavera dopo che la Capitaneria, chiamando in causa l’Avvocatura dello Stato, ha presentato ricorso. A Savona, nei mesi scorsi, Auditore si era visto cancellare la sanzione amministrativa (con le norme attuali, contestate dai pescatori, avrebbe rischiato una multa di decine di migliaia di euro trattandosi di pesci comunque rari). Assolto anche in sede penale.

Con lui, sotto accusa, era finito anche l’armatore del peschereccio sul quale si trovava imbarcato. Col ricorso in Appello sarà scritto un nuovo capitolo di una storia che si è svolta sull’asse Imperia-Savona per un esemplare che appartiene ad una famiglia di squali protetta dai regolamenti comunitari.

L’udienza è stata fissata a marzo in tribunale a Genova e potrebbe addirittura approdare in Cassazione a seconda dell’esito processuale. A difendere il pescatore di Imperia sarà l’imperiese Oliviero Olivieri che per far scagionare il suo assistito già in primo grado aveva portato davanti al giudice la testimonianza del biologo marino Fulvio Garibaldi, di Santo Stefano al Mare, ricercatore presso l’Università di Genova. “L’esperto aveva spiegato che i pescatori non sono in grado di distinguere tra due specie di pescecani molto simili ed entrambi denominate smeriglio. Il mio cliente, dunque, aveva agito in buona fede”.

Auditore riteneva di aver pescato uno squalo mako, considerato una preda catturabile e commerciabile. In realtà all’amo del suo palamito era finito un “lamna nasus”, molto simile al “mako” e difficilmente distinguibile da un occhio non esperto. Lo stesso biologo aveva poi spiegato che era molto difficile distinguerli tanto che ora sono stati avviati dei corsi di formazione ad hoc per i pescatori. Nel frattempo lo squalo è stato imbalsamato e portato al Museo di Scienze Naturali.