Annullato il concorso di nefrologia dell’Asl1, atti trasmessi alla Procura

Accolto il ricorso di Giada Pistoni, rappresentata e difesa dagli avv. Luigi Cocchi e Gerolamo Taccogna
Imperia. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima) ha emesso e pubblicato la sentenza dopo il ricorso proposto da Giada Pistoni, rappresentata e difesa dagli avvocati genovesi Luigi Cocchi e Gerolamo Taccogna contro l’Azienda Unità Sanitaria Locale n. 1 “Imperiese”, nei confronti di Alessandra Ottonello, rappresentata e difesa dagli avvocati genovesii Franco Rusca e Raniero Raggi.
Di fatto ha annullato gli atti del concorso pubblico per un posto di Dirigente medico con rapporto di lavoro esclusivo – disciplina nefrologia, con durata fino a tutto il 31/5/2017, indetto con provvedimento n. 526 del 8/7/2016, nella parte in cui hanno collocato la dottoressa Ottonello al primo posto della graduatoria, davanti alla dottoressa Pistoni, classificata seconda. Il Tar ha anche trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Imperia.
In particolare si legge nella sentenza che “gli atti compiuti dalla Commissione valutatrice e risultanti dal verbale relativo, in data 17/10/2016, ivi comprese le valutazioni delle dott. Pistoni ed Ottonello, nonché le corrispondenti assegnazioni dei punteggi; della graduatoria conseguente; del provvedimento n. 887, in data 6/12/2016, recante l’approvazione della graduatoria, come previsto dal bando del concorso, nonché di ogni ulteriore atto presupposto, preparatorio, connesso e conseguente, ivi compresi: la nomina della Commissione valutatrice; il provvedimento n. 888/2016, in data illeggibile sulla copia rilasciata, con cui la dottoressa Ottonello è stata nominata per il posto in questione”.
La ricostruzione dei fatti. La dottoressa Giada Pistoni ha partecipato al concorso pubblico indetto dalla A.S.L. n. 1 “Imperiese”, con deliberazione del Direttore Generale n. 526 del 8 luglio 2016, per il conferimento di un incarico nella posizione di dirigente medico a tempo determinato, disciplina nefrologia. Il bando di concorso prevedeva l’attribuzione di un massimo di 40 punti, di cui 20 punti per i titoli e 20 punti per la prova orale, definita “colloquio vertente su argomenti attinenti al profilo professionale di interesse”. All’esito della procedura selettiva, cui avevano partecipato 11 candidati, la dott. Pistoni si è classificata al secondo posto della graduatoria con 23,20 punti complessivi, di cui 5,20 punti per i titoli e 18,00 punti per la prova orale. E’ risultata prima classificata la dott. Alessandra Ottonello con 24,00 punti complessivi, di cui 4,00 punti per i titoli e 20,00 punti per la prova orale. La ricorrente ritiene di segnalare che, “a quanto pare, nella nefrologia proprio dello stesso ospedale di Imperia è impiegato il dott. M. Di Martino, compagno dell’odierna controinteressata dottoressa Ottonello e padre dei suoi figli, nonché collega di reparto di uno dei medici nominati nella Commissione giudicatrice del concorso”.
Con deliberazioni del Direttore Generale della A.S.L. nn. 887 e 888 del 6 dicembre 2016, è stata approvata la graduatoria del concorso ed è stato conferito il relativo incarico alla dott. Ottonello, con decorrenza dalla stipula del contratto e fino al 31 maggio 2017.
La dottoressa Pistoni ha impugnato gli atti del concorso pubblico e i provvedimenti da ultimo menzionati, deducendo questi motivi di ricorso: Violazione dell’art. 11 del D.P.R. n. 483/1997. Violazione dell’art. 3 l. n. 241/1990. Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e disparità di trattamento. Posto che la prima e la seconda classificata erano separate da soli 0,80 punti nella graduatoria finale, è risultata decisiva ai fini dell’esito della procedura selettiva la valutazione del curriculum per il quale, nonostante la sostanziale sovrapponibilità delle esperienze riportate, la dott. Ottonello ha ottenuto il massimo di 4,00 punti, mentre alla dott. Pistoni sono stati assegnati solamente 2,50 punti.
L’illogicità e la contraddittorietà dell’operato della Commissione trovano conferma nel fatto che ad entrambi i curriculum è stato assegnato il giudizio “buono” e che all’unico curriculum giudicato “ottimo” (quello della dott. Alice Bonanni) sono stati assegnati 0,50 punti in meno rispetto a quello della dott. Ottonello. Violazione dell’art. 3 l. n. 241/1990. Violazione del principio di proporzionalità. Eccesso per disparità di trattamento. Sul totale di 3,00 punti a disposizione, la Commissione ha assegnato alle pubblicazioni della ricorrente 0,20 punti, senza fornire specifiche motivazioni in ordine all’attribuzione di tale irrilevante punteggio. Ne è derivata, altresì, la dequotazione di un elemento di valutazione che avrebbe decisamente avvantaggiato la ricorrente, dal momento che la prima classificata era priva di pubblicazioni.Violazione degli artt. 7 e 9 del D.P.R. n. 483/1997. Violazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa, consacrato nell’art. 97 Cost. e previsto dall’art. 1 l. n. 241/1990. La Commissione non ha sorteggiato le domande per ciascun candidato, ma ha sottoposto a tutti la stessa domanda.
La prova orale si è svolta a porte chiuse. Violazione dell’art. 8 del D.P.R. n. 483/1997. La valutazione dei titoli non è stata resa nota ai candidati prima della prova orale. Violazione dell’art. 5 del D.P.R. n. 483/1997, anche in relazione al d. lgs. n. 198/2006. Non è stata prevista la presenza di donne nella Commissione di concorso.
Si sono costituite in giudizio la A.S.L. n. 1 “Imperiese” e la controinteressata Alessandra Ottonello. Le parti resistenti sollevano eccezioni di tardività e di inammissibilità del ricorso; nel merito, contestano la fondatezza delle censure dedotte dalla ricorrente. La controinteressata ha anche proposto ricorso incidentale avverso gli atti della Commissione che avrebbero illegittimamente sottostimato il punteggio per i propri titoli di carriera e scientifici nonché sovrastimato il punteggio per il curriculum della ricorrente. All’udienza camerale del 15 marzo 2017, su richiesta del difensore intervenuto per la ricorrente, la trattazione dell’istanza cautelare incidentalmente proposta con l’atto introduttivo del giudizio è stata riunita al merito. Con ricorso per motivi aggiunti, la dott. Pistoni ha sollevato le seguenti censure avverso gli atti già impugnati: violazione del bando di concorso e del D.P.R. n. 483/1997. Eccesso di potere per contraddittorietà estrinseca ed intrinseca. I motivi aggiunti, in sostanza, sono tesi a contrastare la prospettazione contenuta nel ricorso incidentale, secondo cui avrebbero dovuto essere valutate come titoli di carriera anche le attività diverse da quelle contemplate dall’art. 27 del d.P.R. n. 483/1997. Nel prosieguo del giudizio, tutte le parti in causa hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive tesi difensive. Il ricorso, infine, è stato chiamato alla pubblica udienza del 11 ottobre 2017 e ritenuto in decisione.
Nel merito la ricorrente principale, classificatasi al secondo posto della graduatoria del concorso pubblico per l’assunzione di un dirigente medico a tempo determinato presso la A.S.L. n. 1 “Imperiese”, disciplina nefrologia, contesta la legittimità degli atti di tale procedura concorsuale, fino all’approvazione della graduatoria di merito e al provvedimento con cui è stato conferito il relativo incarico alla concorrente prima classificata.
La controinteressata eccepisce preliminarmente che il ricorso sarebbe irricevibile in quanto tardivamente notificatole. Infatti, posto che il provvedimento di approvazione della graduatoria era stato pubblicato all’albo pretorio on-line della A.S.L. a partire dal 7 dicembre 2016, il ricorso avrebbe dovuto essere notificato entro il 6 febbraio 2017; esso, invece, è stato consegnato per la notifica solamente in data 14 febbraio 2017, ben oltre il termine decadenziale di 60 giorni previsto dalla legge. L’eccezione è infondata. La prevalente giurisprudenza ritiene, infatti, che la pubblicazione degli atti di concorso sul sito internet dell’amministrazione interessata non costituisca una forma di pubblicità idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione degli atti medesimi (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 8 maggio 2017, n. 5470; T.A.R. Trentino Alto Adige, Bolzano, 3 ottobre, 2016, n. 273; T.A.R. Toscana, sez. I, 26 ottobre 2015, n. 1422; T.A.R. Sardegna, sez. I, 6 luglio 2013, n. 524).
Con riguardo alle peculiarità della vicenda controversa, tale condivisibile conclusione rende doverose alcune precisazioni.
A supporto della propria eccezione, la controinteressata richiama l’art. 47 dell’Atto Aziendale che prescrive la pubblicazione all’albo aziendale on line dei provvedimenti della A.S.L. e, al terzo comma, precisa che tale modalità di pubblicazione ha effetto di pubblicità legale “in applicazione del precetto fissato dall’art. 32 della legge n. 69 del 18.6.2009”. Il citato art. 32, al comma 1, stabilisce che “gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati”.
Tale disposizione va interpretata nel senso che la pubblicazione telematica degli atti amministrativi non produce in ogni caso effetti di pubblicità legale, ma nei soli casi espressamente previsti dall’ordinamento: essa si riferisce, cioè, agli obblighi di pubblicazione “aventi effetto di pubblicità legale” in forza di specifiche norme di riferimento (T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 13 maggio 2015, n. 6994 e 9 febbraio 2012, n. 1295). Infatti, al dichiarato scopo di eliminare gli sprechi relativi al mantenimento di documenti in forma cartacea, il legislatore si è limitato a modificare le modalità di pubblicazione degli atti, senza esplicare effetti innovativi sui singoli regimi previsti per fondare la presunzione di pubblicità legale degli stessi.
Ne deriva che la tesi sostenuta dall’eccepiente, secondo cui l’inserimento del provvedimento di approvazione della graduatoria nel sito internet dell’Azienda sarebbe stata idonea a determinate la decorrenza del termine di impugnazione, presuppone l’individuazione delle disposizioni normative che ascrivono alla pubblicazione della graduatoria concorsuale effetto di pubblicità legale.
Essa richiama, in tal senso, l’Atto Aziendale che, però, non costituisce fonte normativa, bensì atto di organizzazione “di diritto privato” (cfr. art. 3, comma 1-bis, d.lgs. n. 502/1992).
Né soccorre il sintetico riferimento agli artt. 15, comma 6, del d.P.R. n. 487/1994 e 7, comma 3, del d.P.R. n. 3/1957, poiché tali disposizioni ancorano il termine per le eventuali impugnative avverso le graduatorie concorsuali alla data di pubblicazione dell’apposito avviso nella Gazzetta Ufficiale, adempimento che, giusta la previsione di cui ultimo comma dell’art. 32 della legge n. 69/2009, è espressamente sottratto all’applicazione delle restanti disposizioni in tema di pubblicazione telematica.
La prospettazione della controinteressata non è idonea, per tali ragioni, a dimostrare che la pubblicazione della graduatoria nel sito internet della A.S.L. avesse effetto di pubblicità legale e, in conseguenza, comportasse la decorrenza del termine per la sua impugnazione. Si perviene ad identica conclusione alla luce delle particolari circostanze riferite dalla ricorrente principale.
Essa precisa che il ricorso era stato consegnato per la notifica in data 2 febbraio 2017, quindi sicuramente entro il termine decadenziale di legge. A causa di un errore di battitura, però, era stato indicato un diverso numero civico della residenza della controinteressata (Imperia, via Ascheri n. 36, anziché n. 26) e tale refuso ha determinato l’esito negativo della notifica. Non appena avvedutasi dell’errore, la parte ricorrente ha rinnovato la notifica, questa volta indicando il numero civico corretto: la seconda notifica è andata a buon fine e la controinteressata si è costituita in giudizio.
Ha condivisibilmente stabilito la Corte di cassazione che l’errata indicazione riguardante una sola cifra del numero civico configura un mero errore materiale che non provoca l’inammissibilità dell’impugnazione, qualora la seconda notifica vada a buon fine entro un termine ragionevole (Cass. civ., sez. VI, 25 giugno 2014, n. 14337).
Quest’ultima condizione è sicuramente sussistente nel caso di specie, atteso che la seconda notifica è stata richiesta il giorno immediatamente successivo a quello in cui, attraverso il ricevimento della cartolina, era stato scoperto l’errore.
Per tali ragioni, il ricorso non può essere considerato irricevibile, sussistendo ampiamente i presupposti per il riconoscimento di un errore scusabile.
L’Amministrazione resistente sostiene che il ricorso sarebbe inammissibile per difetto di interesse in quanto, pochi giorni dopo la pubblicazione della contestata graduatoria, la ricorrente è stata assunta per analogo incarico presso la A.S.L. n. 2 “Savonese”. A prescindere dal fatto che detta assunzione, in realtà, non si è perfezionata per rinuncia dell’interessata, essa non varrebbe comunque a rendere inammissibile il ricorso sorretto dal dichiarato interesse morale alla decisione di merito e, soprattutto, dall’interesse risarcitorio fatto oggetto di espressa riserva già con l’atto introduttivo del giudizio. Anche questa seconda eccezione preliminare, pertanto, è infondata e deve essere disattesa.
La dott. Alessandra Ottonello, controinteressata, ha proposto ricorso incidentale avverso gli atti della procedura concorsuale e la graduatoria finale, nella parte in cui non sarebbero stati correttamente valutati alcuni titoli della stessa ricorrente incidentale e, per contro, sarebbe stato immotivatamente attribuito un punteggio eccessivo al curriculum della ricorrente principale.
E’ infondato il primo motivo, con cui la ricorrente incidentale lamenta l’omessa valutazione, nell’ambito dei titoli di carriera, delle attività svolte quale specialista nefrologo in rapporto libero professionale (3 anni e 8 mesi) e medico di continuità assistenziale in convenzione (1 anno, 4 mesi e 20 giorni).
Va premesso che le procedure selettive per la copertura dei posti di dirigente medico, anche a tempo determinato, sono assoggettate alla disciplina dettata dal d.P.R. 10 dicembre 1997, n. 483, che, nel caso in esame, era espressamente richiamato dal bando di concorso. L’art. 27 di tale regolamento contiene l’elencazione tassativa dei titoli di carriera valutabili nelle procedure suddette, fra i quali non figurano le attività libero professionali e i servizi di continuità assistenziale. E’ infondato anche il secondo motivo, con cui viene denunciata l’omessa valutazione, nell’ambito dei titoli di studio, del diploma di specializzazione in nefrologia conseguito dalla ricorrente incidentale.
Tale specializzazione, infatti, era stata fatta valere come requisito di ammissione al concorso e, stante il chiaro dettato dell’art. 27, comma 6, del d.P.R. n. 483/1997 (“Non è valutabile la specializzazione fatta valere come requisito di ammissione”), non avrebbe potuto dare luogo all’attribuzione di uno specifico punteggio.
Riferisce la difesa della A.S.L., inoltre, che identica determinazione è stata adottata per tutti gli altri partecipanti al concorso: ne deriva che l’eventuale attribuzione del punteggio in questione non comporterebbe alcun vantaggio per la ricorrente incidentale, poiché si dovrebbe incrementare anche il punteggio degli altri concorrenti.
E’ infondato, infine, il terzo motivo del ricorso incidentale, con cui viene genericamente contestata l’attribuzione di 2,50 punti al curriculum della ricorrente principale, in assenza di specifiche motivazioni a supporto.
Tali critiche, infatti, sono sorrette da valutazioni personali che sconfinano inammissibilmente nel campo delle valutazioni tecnico-discrezionali riservate alla Commissione di concorso.
Fermo restando che, a prescindere dai giudizi sintetici riportati nelle schede di valutazione dei singoli candidati, il punteggio numerico attribuito al curriculum esauriva di per sé l’obbligo motivazionale. Per tali ragioni, il ricorso incidentale è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Ne consegue automaticamente la diagnosi di improcedibilità dei motivi aggiunti proposti dalla ricorrente principale al solo fine di contrastare, qualora ritenute condivisibili dal Collegio, le censure del ricorso incidentale.
Come denunciato dalla ricorrente principale, in particolare con il primo e con il terzo motivo di gravame, gli atti della contestata procedura concorsuale sono affetti da macroscopici vizi di legittimità che inficiano l’esito della selezione e il consequenziale atto di conferimento dell’incarico alla prima classificata.
Per quanto concerne la valutazione del curriculum, la Commissione disponeva di 4,00 punti. Essa ha ritenuto che il curriculum della ricorrente e quello della controinteressata fossero sostanzialmente equivalenti, come rivela il giudizio riferito ad entrambe: “Il curriculum della candidata risulta buono rispetto alle esigenze del bando”.
Sulla base di giudizi identici, la Commissione ha contraddittoriamente attribuito punteggi molto diversi alle due candidate: il curriculum “buono” della ricorrente ha ricevuto 2,50 punti; quello della controinteressata, anch’esso “buono”, è stato premiato con 4,00 punti, il massimo previsto dal bando.
Tale differenza di punteggio si è rivelata decisiva ai fini dell’esito della procedura concorsuale, attesa la differenza di soli 0,80 punti fra le prime due classificate.
L’arbitrarietà dell’operato dalla Commissione risulta ancor più evidente ove si consideri che il curriculum della dott. Alice Bonanni, giudicato “ottimo rispetto alle esigenze del bando”, ha ricevuto un punteggio inferiore (3,50 punti) a quello attribuito alla dott. Ottonello: la Commissione ha irragionevolmente ritenuto, cioè, che un curriculum “buono” meritasse un punteggio più alto di un curriculum “ottimo”.
E’ appena il caso di precisare, alla luce delle considerazioni contenute in una relazione postuma del Presidente della Commissione, che i giudizi suddetti non sono stati attribuiti “in astratto”, ma “rispetto alle esigenze del bando”, ossia tenendo conto del tipo di incarico da conferire. L’art. 9, comma 4, del d.P.R. n. 483/1997, stabilisce che “la commissione, immediatamente prima della prova orale, predetermina i quesiti da porre ai candidati mediante estrazione a sorte”.
La prescrizione concernente l’obbligo di estrazione a sorte delle domande della prova orale è chiaramente intesa ad assicurare l’imparzialità della commissione giudicatrice, attraverso un meccanismo di particolare rigore che implica la predisposizione di domande diverse per ogni candidato e ne impedisce l’astratta conoscibilità.
Nel caso in esame, la Commissione ha apertamente violato il precetto normativo in quanto ha deciso di sottoporre a tutti i candidati la stessa domanda: “Nefropatia diabetica”.
E’ del tutto evidente, pertanto, il denunciato vizio di legittimità che determina l’invalidità della procedura, indipendentemente da qualunque riscontro circa la correttezza delle intenzioni della commissione o delle finalità concretamente perseguite (T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 10 ottobre 2012, n. 8372).
L’art. 7, comma 4, del citato d.P.R., stabilisce che “la prova orale deve svolgersi in un’aula aperta al pubblico”. Si tratta di un precetto ricognitivo di principi generali in tema di concorsi pubblici, la cui inosservanza invalida irrimediabilmente la procedura.
Sostiene la ricorrente che la prova orale del contestato concorso si è svolta a porte chiuse.
L’Amministrazione resistente contrasta tale affermazione invocando la natura fidefaciente del verbale delle operazioni concorsuali che, però, non documenta l’effettivo svolgimento della prova orale in una sala aperta al pubblico, ma solo l’intendimento di procedere in tal modo, subito smentito nei fatti in quanto i candidati, in attesa di sostenere il colloquio, sono stati “fatti accomodare in una sala separata”.
Lo stesso verbale comprova, perciò, che la prova orale non si è svolta con le prescritte forme di pubblicità, atteso che i candidati in attesa di essere esaminati non potevano assistere alla prova dei loro colleghi. A prescindere dalle finalità concretamente perseguite dalla Commissione, tale violazione ha irrimediabilmente compromesso le esigenze di trasparenza sottese alla procedura selettiva e, in concreto, ha impedito alla ricorrente di assistere alla prova della prima classificata.
Per tali ragioni, il ricorso principale è fondato e, con assorbimento delle ulteriori censure, comporta l’annullamento dei provvedimenti impugnati.
L’anomalia della vicenda impone al Collegio, ai sensi dell’art. 331, comma 4, c.p.p., di ordinare la trasmissione della presente sentenza e di tutti gli atti del giudizio alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Imperia, per le valutazioni di competenza in ordine all’eventuale sussistenza di fatti integranti reato.
Le spese di lite, equitativamente liquidate come da dispositivo, devono essere poste a carico dell’Amministrazione soccombente, mentre possono essere compensate con la controinteressata.
Il Tar ha condannato l’A.S.L. n. 1 “Imperiese” al pagamento delle spese di giudizio che liquida in favore della ricorrente principale nell’importo complessivo di 3 euro (tremila euro), oltre IVA e CPA come per legge;
compensa le spese con la controinteressata; e ha mandato alla segreteria della Sezione per la trasmissione della presente sentenza e di tutti gli atti e i documenti del giudizio alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Imperia.