Processo in Calabria, l’ex ministro Scajola chiarisce i presunti rapporti con Matacena

Insieme alla Rizzo, Scajola è accusato di aver favorito la fuga e la latitanza dell’armatore reggino
Reggio Calabria. “Avevo pena per Chiara Rizzo, condizione trasformatasi in trasporto con qualche sentimento”. Ha risposto così, l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola alle domande sui presunti rapporti personali con l’ex deputato Fi, latitante dopo una condanna passata in giudicato a 3 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, Amedeo Matacena e la sua ex moglie, Chiara Rizzo, in un’aula del tribunale di Reggio Calabria, dove questa mattina è stato interrogato dal pm della Dda Giuseppe Lombardo in veste di imputato nell’ambito del processo “Breakfast”.
Durante l’interrogatorio, Claudio Scajola ha ammesso le frequentazioni a Montecarlo con Matacena e la sua famiglia, “perché fui invitato insieme a mia moglie sulla loro bellissima barca d’epoca dove conobbi anche altre persone e rividi l’armatore Ovidio Lefebre e la sua signora, che seppi molto amica di Chiara Rizzo”.
Dopo la fuga a Dubai di Matacena, l’ex moglie rimase a Montecarlo con il figlio: “Fu costretta a vivere in un monolocale ed in gravi e disagiate condizioni finanziarie”, ha dichiarato l’ex ministro, rispondendo alle domande del pm, “Per tale ragione mi impegnai ad aiutarla facendole ottenere una consulenza dall’onorevole Abbrignani. Inoltre, la Rizzo mi chiese aiuto sulla possibilità di spostare da una banca delle Seychelles a Montecarlo circa 700 mila euro. Soldi, mi disse, di proprietà della madre di Matacena. Io tentai in tutti i modi, persino con l’ex amministratore delegato della Banca commerciale italiana Gerardo Traggiotti, ed anche con gli amministratori della Cassa di risparmio di Genova, ma fu impossibile perché poteva insorgere il sospetto di riciclaggio”.
Insieme alla Rizzo, Scajola è accusato di aver favorito la fuga e la latitanza dell’armatore reggino Matacena, attualmente rifugiato a Dubai.