Al bando pellicce, pelle e piume: la moda del momento è “animal free”

14 settembre 2017 | 08:24
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Al bando pellicce, pelle e piume: la moda del momento è “animal free”

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Oggi le alternative agli indumenti fatti in pelliccia, pelle, piume, ma anche seta e lana, sono sempre più diffuse, e sempre più prese in considerazione da parte del mondo della moda. Questo perché sta aumentando il numero di consumatori sensibili al benessere animale e contrari allo sfruttamento, che sempre a maggior voce chiedono e scelgono capi di vestiario al 100% “animal free”, espressione scelta dalla Lav (Lega anti vivisezione) per promuovere una moda etica e sostenibile. Grazie alle nuove tecnologie di produzione, abiti in pura seta o in pregiata lana mohair vengono oggi sostituiti da fibre sintetiche dalle caratteristiche a volte sorprendenti, che utilizzano materiali innovativi rispettando al tempo stesso l’ambiente, gli animali e anche la salute umana.

È questo il caso, per esempio, di un progetto tutto italiano, vincitore lo scorso aprile del Global Change Award per l’innovazione sostenibile nel mondo della moda, iniziativa organizzata annualmente dalla catena retail H&M. Prima classificata è stata la ‘Grape Leather’, una pelle vegetale creata usando come base uva e avanzi della produzione vinicola, riconosciuta come invenzione di maggior interesse in questo ambito attraverso una votazione online. L’idea si è aggiudicata un premio in denaro 300 mila euro, lasciandosi alle spalle altri progetti innovativi, come quello per una polvere colorante derivata da jeans usati, di un nylon biodegradabile realizzato con acqua, rifiuti vegetali ed energia solare, e persino un tessuto fatto con sterco di vacca.

Senza arrivare a tanto, sono moltissime le fibre sostitutive già in commercio la cui scelta è completamente ecologica: le nuove tecnologie e la ricerca ci riservano, ogni giorno, nuove sorprese in merito a materiali vegetali o sintetici. L’industria della moda, per fortuna, è sempre più attenta e in continuo aggiornamento, e ogni anno le aziende producono materiali a bassissimo impatto ambientale e completamente Animal Free. La piuma, per esempio, è rimpiazzabile da fibre come Thermore, PrimaLoft, Tecnofill e Plumtech, tutti prodotti dall’ottima resa termica così come lo sono i possibili sostitutivi della lana Polartec, Sympatex e Ingeo Stratermic.

Anche i negozi, fisici e online, si stanno muovendo in questo senso. Yoox Net-A-Porter Group, uno dei leader globali nel luxury fashion e-commerce, ha recentemente annunciato la sua nuova politica Fur Free, che prevede l’esclusione di tutti gli articoli e gli accessori prodotti con pellicce animali dagli store online multimarca Net-A-Porter, Mr Porter, Yoox e The Outnet, in linea con l’adesione all’International Fur Free Retailer Program.

Anche OVS, che già da tempo ha abolito l’utilizzo di pellicce animali dalle sue collezioni, ha compiuto un ulteriore passo sottoscrivendo un impegno formale con la Lav e la Fur Free Alliance, a testimonianza della particolare attenzione verso le problematiche relative alla salvaguardia e al rispetto dell’ambiente e del mondo animale. La politica ‘animal friendly’ di OVS riguarda tutti i prodotti dei brand dell’azienda: OVS, OVS kids, UPIM e Blukids. Nello specifico, OVS ha aderito agli standard internazionali Fur Free Retailer (specificamente dedicati alla sostituzione delle pellicce animali) e all’Animal Free Fashion (il primo rating nella moda, ideato dalla LAV, che attribuisce valore alle politiche di Responsabilità Sociale sulla base dei materiali di origine animale che un’azienda s’impegna a non utilizzare: V no pellicce; VV no pellicce e piume; VVV no pellicce, piume, pelle e seta; VVV+ no pellicce, piume, pelle, seta e lana).

Queste scelte animal friendly da parte del consumatore finale, delle case di moda e anche dei punti vendita innescano una catena virtuosa, che si ripercuote poi sulla produzione. In materia di pellicce, le ultime aste in Danimarca e Finlandia parlano chiaro: il prezzo medio dei visoni è sceso del 55% all’asta Saga Furs di Oslo, con una perdita del 6% nei profitti, mentre alla danese Kopenhagen Fur, dove solitamente sono commercializzate anche le pelli italiane, è sceso del 40%. Una pelle di visone ora costa in media 34,65 euro, contro i 76,90 del dicembre 2013. Intanto, dall’altra parte del mondo, a Niigata (Giappone), ha chiuso l’ultima struttura per l’allevamento intensivo di visoni, evento che mette la parola fine a questa crudele pratica sul territorio nipponico. Del resto, già nel 2006 il Japanese Invasive Alien Species Act aveva reso illegale la costruzione di nuovi allevamenti intensivi di animali da pelliccia, un provvedimento preso anche a causa dei pesanti danni alla biodiversità causati dai visoni – provenienti dal continente americano – che riuscivano a fuggire dalle fattorie. Un’inversione di tendenza importante, che segna un autentico punto di svolta verso un futuro fatto di scelte più consapevoli e rispettose dell’ambiente, anche in fatto di moda.

Cinque motivi per vestire “animal free”

Pelliccia. La sua produzione coinvolge almeno 70 milioni di animali allevati e 10 milioni catturati in natura ogni anno, esclusivamente per rispondere alla domanda dell’industria della moda: visoni, volpi, cani-procione, cincillà, coyote, procioni, conigli e molti altri. Per produrre 1 kg di pelliccia di visone sono necessarie 11,4 pelli di visone, che equivalgono a più di 11 animali.

Piuma. È risaputo che oche e anatre sono le due specie animali più utilizzate per le imbottiture in piuma. Quello che in pochi sanno è che le piume d’oca spesso sono strappate ad animali ancora vivi; una sofferenza atroce che viene ripetuta più volte sino a quando l’animale muore o non è più in grado di produrre piume ‘di qualità’.

Pelle. Non solo pelli di bovini (adulti e cuccioli): i nostri abiti sono fatti anche di pelli di cavalli, pecore, capre e maiali, oltre che di pellami spesso ricavati da animali che non sono soliti rientrare nelle abitudini alimentari dell’uomo. La pelle degli animali utilizzata nell’abbigliamento quindi non è semplicemente uno scarto dell’industria alimentare, ma un vero business che consente agli allevatori di guadagnare ancora di più sul singolo animale. Incalcolabile, per la mancanza di dati attendibili, il numero di animali esotici come pitoni, varani, alligatori e altri rettili sfruttati nell’industria del lusso. Accessori, borse e scarpe di pelle di coccodrillo, così come quelle di serpente, raggiungono prezzi vertiginosi, al costo di inaccettabili atrocità: questi animali sono prevalentemente catturati in natura e, dopo terribili sofferenze dovute a una prolungata prigionia, soppressi con metodi cruenti.

Seta. Il sacrificio di 50 mila bachi permette di ottenere 100 kg di bozzoli, da cui si ricavano 20/25 kg di seta (più 15 kg di cascami, cioè di residui di produzione). Nella metamorfosi da bruco a falena, il baco si avvolge in un bozzolo di seta; diventato falena l’insetto esce dal bozzolo bucandolo, e rendendolo così inutilizzabile. Per evitare la rottura del bozzolo, gli allevatori uccidono le crisalidi immergendole in acqua bollente. La fibra può anche essere ottenuta da bozzoli bucati, dopo la fuoriuscita della farfalla, ma la seta ottenuta è di qualità scadente.

Lana. Il principale produttore mondiale di lana, e anche allevatore di pecore, è l’Australia, che da sola detiene il 25% della produzione mondiale). Anche se le pecore non vengono uccise per poter ottenere la loro lana, la tosatura è comunque una pratica violenta. Gli animali sono immobilizzati e la tosatura avviene senza particolari attenzioni o cautele. In un’industria dove il tempo è denaro, tagli, lesioni e anche parziali amputazioni sono considerati parte del gioco. Purtroppo il livello di mortalità di agnelli e pecore si aggira sui 3 milioni di animali l’anno.

Fonte: animalfree.info; animalrepublic.it

Foto: Google