la decisione dei giudici |
Cronaca
/
Imperia
/

Processo porto di Imperia, dai giudici dell’Appello emergono “difetti nella formulazione dei capi d’imputazione”

28 agosto 2017 | 12:41
Share0
Processo porto di Imperia, dai giudici dell’Appello emergono “difetti nella formulazione dei capi d’imputazione”
Processo porto di Imperia, dai giudici dell’Appello emergono “difetti nella formulazione dei capi d’imputazione”
Processo porto di Imperia, dai giudici dell’Appello emergono “difetti nella formulazione dei capi d’imputazione”
Processo porto di Imperia, dai giudici dell’Appello emergono “difetti nella formulazione dei capi d’imputazione”
Processo porto di Imperia, dai giudici dell’Appello emergono “difetti nella formulazione dei capi d’imputazione”
Processo porto di Imperia, dai giudici dell’Appello emergono “difetti nella formulazione dei capi d’imputazione”

Difficilmente il pg Avenati Bassi presenterà ricorso in Cassazione: sulla vicenda incombe la prescrizione

Imperia. Novanta giorni dopo la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Torino il 13 marzo sul caso del porto di Imperia sono state pubblicate tre giorni fa le motivazioni della decisione con la quale i giudici hanno assolto tutti gli imputati tra cui Francesco Bellavista Caltagirone. Sono 118 pagine redatte dal giudice Roberto Rivello. Il magistrato, se da un lato evidenzia che tutte le fasi di realizzazione dello scalo turistico imperiese, lasciano pensare alla commissione di reati di rilevanza penale, dall’altro lato sottolinea che le ipotesi accusatorie così come formulate dalla Procura di Imperia e poi trasferite a Torino, non possono essere accolte.

Emergono effettivamente le irregolarità nella realizzazione dello scalo marittimo “un’opera largamente incompiuta, di qualità molto probabilmente se non scadente che presenta quantomeno notevoli difetti”, ma anche i difetti nella formulazione dei capi d’imputazione. Non solo. Dalle motivazioni della sentenza viene evidenziato “che le fasi di gestazione e realizzazione del progetto sono state caratterizzate da una dubbia commistione di interessi politici, pubblici e privati”. “Un quadro complessivo – si legge ancora – che certo può far sospettare che si siano verificate delle irregolarità e quindi degli illeciti di rilievo penale”.

Ma ecco che i giudici spiegano meglio il loro ruolo nella formulazione della sentenza. “Il confermare o meno tali sospetti non è il compito di questa Corte d’Appello che spetta solo valutare se le specifiche ipotesi accusatorie sottoposte al suo esame, così come cristallizzate nei capi d’imputazione dalla Procura di Imperia, con le parziali modifiche operate nel giudizio di primo grado, e nei soli limiti di quanto devoluto con le presentate impugnazioni, possano dirsi di aver trovato validazione negli elementi probatori raccolti a dibattimento. La Corte ha potuto prestare ascolto ai fatti così come emergenti dagli atti e non può dirsi trattarsi di un giudizio agevole anche a fronte delle condotte che si sono svolte ed hanno interessato un arco temporale assai lungo durante quale sono emerse le questioni più diverse che son state già oggetto e lo saranno ancora di svariati altri procedimenti di competenza sia della giustizia ordinanza, civile, penale che amministrativa alcuni dei quali tutt’oggi ancora pendenti”. I giudici si riferiscono in particolare al procedimento penale relativo ad un’ipotizzata bancarotta fraudolenta da alcuni degli stessi imputati del procedimento dibattuto in aula a Torino, quindi di due procedimenti per truffa, attualmente pendenti in primo grado dopo le denunce- querele dei titolari dei posti barca, come un procedimento penale per presunti illeciti fiscali, quindi come le pronunce civilistiche su richieste risarcitorie e sul fallimento della Porto di Imperia Spa per la quale è attesa una pronuncia della Corte di Cassazione, come le decisioni della giustizia amministrativa sulla decadenza della concessione demaniale.

Ma è sull’articolazione e complessità dei capi di imputazione e alla valutazione della sussistenza dei fatti che si sono soffermati i giudici di secondo grado. “Un’apparente estera analitici delle imputazioni, formulate per varie pagine, in modo invero non sempre di agevole comprensibilità. Nè è riprova – scrive il giudice estensore – anche la presenza di diversi errori materiali nell’imputazione riportata nella sentenza di primo grado. Imputazioni che celano numerose lacune e incertezze a partire da iniziali indagini per il diverso reato di associazione per delinquere”. Ed ecco che la Corte sottolinea le “difficoltà per tutte le parti di comprendere il capo di imputazione: per il pm presso il tribunale di Torino che ha ritenuto di dover parzialmente integrare un capo d’accusa ancora in sede di dibattimento in primo grado, per diverse persone offese e in particolare per alcuni titolari di posti barca, ma anche per le difese delle parti civili e degli stessi imputati chiamate a confrontarsi con scenari non così univoci.

Difficilmente, alla luce delle motivazioni della sentenza, il procuratore Giancarlo Avenati Bassi presenterà istanza in Cassazione e qualora dovesse farlo subentrerebbero i termini della prescrizione.

Dal processo era stato già escluso Gianfranco Carli, già presidente della Porto di Imperia Spa, per il quale fin dal primo grado lo stesso procuratore aveva chiesto l’assoluzione. A marzo era stata ridotta a sei mesi l’unica condanna, già inflitta in primo grado a Andrea Gotti Lega, già nel Cda di Acqua Marcia e Porto Spa, relativa al fatto che, a causa di una vecchia condanna, non avrebbe potuto essere nel Cda di una società. Pienamente assolti l’imprenditore romano Francesco Bellavista Caltagirone, che era alla guida del Gruppo Acqua Marcia, che, con la collegata Acquamare, avrebbe dovuto realizzare il bacino, rimasto incompiuto; Domenico Gandolfo, in passato presidente della Porto di Imperia Spa, di cui è socio anche il Comune; Stefano Degl’Innocenti; Delia Merlonghi, ex amministratore delegato di Acquamare Srl; Carlo Conti, che ricopriva il ruolo di direttore generale della Porto di Imperia Spa e Paolo Calzia che ricoprì il duplice incarico di presidente della Porto Spa e di direttore generale del Comune.Paolo Calzia ha visto anche prescritto il reato di occupazione abusiva di suolo demaniale, legato alla montagna di terra depositata all’ingresso del nuovo bacino. Assoluzione anche per l’ex dirigente dell’Urbanistica del Comune, Ilvo Calzia, che era accusato di abuso d’ufficio per la questione della mancata riscossione delle fideiussioni sulle opere pubbliche mancanti nel nuovo bacino, poi di recente riscosse dal Comune. E assoluzione per l’architetto Emilio Morasso, progettista del nuovo porto, accusato di falso. A presentare il ricorso in Corte d’Appello, oltre al procuratore Giancarlo Avenati Bassi, erano stati anche l’Appi, Associazione dei titolari di posti barca dello scalo turistico e il Comune di Imperia.

Il procuratore Bassi aveva chiesto sei anni di reclusione e 2000 euro di multa per Caltagirone; un anno e mezzo per Delia Merlonghi; 4 anni e 1.500 euro per Andrea Gotti Lega; 3 anni e mille euro per Carlo Conti; 2 anni e mezzo e mille euro per Stefano Degl’Innocenti; un anno e 4 mesi e 800 euro per Paolo Calzia; un anno per il progettista Emilio Morasso. E aveva indicato la prescrizione per Ilvo Calzia e per Domenico Gandolfo. Ma i giudici nella tarda mattinata di ieri, dopo circa due ore di Camera di consiglio, hanno respinto in toto la tesi accusatoria, confermando in sostanza la sentenza emessa in primo grado.

Sul porto turistico imperiese, come detto , pendono ancora la decisione della Cassazione per il ricorso contro l’annullamento del fallimento della porto Spa, disposto in Appello; il ricorso al Consiglio di Stato contro la decadenza della concessione per la Spa, disposta dal Comune e un procedimento alla Commissione tributaria provinciale per contestazioni di natura fiscale rivolte sempre alla Porto Spa.