Il cuore d’oro di Ludovica Mager, da Sanremo al Vietnam per insegnare inglese ai ragazzi meno fortunati

19 agosto 2017 | 12:05
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Il cuore d’oro di Ludovica Mager, da Sanremo al Vietnam per insegnare inglese ai ragazzi meno fortunati
Il cuore d’oro di Ludovica Mager, da Sanremo al Vietnam per insegnare inglese ai ragazzi meno fortunati
Il cuore d’oro di Ludovica Mager, da Sanremo al Vietnam per insegnare inglese ai ragazzi meno fortunati
Il cuore d’oro di Ludovica Mager, da Sanremo al Vietnam per insegnare inglese ai ragazzi meno fortunati
Il cuore d’oro di Ludovica Mager, da Sanremo al Vietnam per insegnare inglese ai ragazzi meno fortunati
Il cuore d’oro di Ludovica Mager, da Sanremo al Vietnam per insegnare inglese ai ragazzi meno fortunati

”Ciò che mi colpisce giornalmente è la bontà delle persone, la loro semplicità e ospitalità, la loro voglia di imparare e di conoscere”

Sanremo. Ludovica Mager, 20enne sanremese, studia a Milano “International politics and government” e circa un mese fa, insieme alla sua compagna di corso Liv Svae, è partita per un programma di volontariato e di insegnamento della lingua inglese in Vietnam. L’intervista per R24Young.

Come ti è venuta l’idea di partire per il Vietnam?

In realtà è avvenuto tutto molto spontaneamente e velocemente. Verso metà febbraio alcuni miei compagni di università hanno organizzato una cena etnica in un ristorante vietnamita di Milano e alcuni di loro durante la cena ci hanno raccontato che presto sarebbero partiti per la Thailandia per fare un’esperienza di volontariato. Tornata a casa, ho cominciato a pensare a quanto fosse bello ciò che avevano deciso di fare e ho cercato maggiori informazioni a riguardo. Dopo varie ricerche, ho trovato la possibilità di fare un’esperienza simile in Vietnam, luogo che preferivo rispetto alla Thailandia perché, a mio parere, meno turistico. Così sono partita con una mia compagna di corso, Liv.

Così velocemente? E i vostri genitori ?

Convincerli non è stato troppo difficile. Dato il percorso di studi che stiamo facendo,è sembrato giusto anche a loro che toccassimo con mano situazioni che seppur così lontane dalla nostra quotidianità, comunque reali.

Com’è la vostra giornata tipo?

Il nostro soggiorno in Vietnam dura 4 settimane. Dopo una prima settimana introduttiva in cui studenti e ragazzi del luogo ci hanno fatto scoprire gli usi e costumi della cultura vietnamita e la città di Ho Chi Minh dove siamo noi, è iniziata la nostra esperienza di volontariato. Si possono scegliere diversi programmi: c’è l’orfanotrofio, la possibilità di seguire bambini disabili, di lavorare negli ospedali locali e di servire il cibo nelle mense e infine, c’è la possibilità di insegnare inglese ai ragazzi del posto. Io e Liv abbiamo scelto quest’ultimo, ritenendo che in questo modo potessimo davvero aiutare la comunità locale al massimo delle nostre capacità e abilità. L’insegnamento avviene dal lunedì al venerdì dalle 9:30 alle 11:30 e dalle 13:30 alle 15:30. Personalmente adoro questo programma di volontariato. I ragazzi hanno dai 17 ai 25 anni e insegnandoli l’inglese, hai al tempo stesso la possibilità di conoscere ancora meglio la loro realtà quotidiana e la vita di una paese così lontano dall’Italia. Un fattore positivo: il weekend è libero e noi lo usiamo per visitare il Vietnam da sud a nord.

Come siete state accolte dalla comunità? 

La comunità di Ho chi Minh è abbastanza povera e per nulla abituata alla vista di occidentali. Quando camminiamo per strada ci salutano e ci sorridono, alcuni ci fanno delle fotografie di nascosto, mentre altro ci chiedono di fare dei “selfie” con loro. In generale le persone sono molto ospitali e felici di vederci. Una sera è capitato che tornando a casa siamo state fermate da un gruppo di bambini che ci hanno cerchiato e hanno iniziato a indicare i capelli biondi di Liv e a toccarci mani, braccia, gioielli e orologi. Sorridevano e continuavano e dirci “hello”. Poi i genitori li hanno richiamati e sono rientrati in casa.

Avete trovato molte differenze in usi, costumi, tradizioni e galateo?

Le differenze culturali sono molte. Quanto al cibo, l’ingrediente principale è il riso che viene usato per fare qualsiasi cosa. In generale si può dire che mangiano molto tofu, morming glory, zuppe varie, involtini, e che amino usare cipolla, aglio e peperoncino. L’uso di olio e sale è loro quasi sconosciuto. Altre particolarità sono il traffico e la diversa concezione di galateo o l’allestimento di negozio, ristoranti e mercati. Il traffico è davvero “crazy”. Tutti guidano un motorino ma non ci sono regole da rispettare. Nel nostro distretto, per esempio, non ci sono neanche le strisce per dividere le diverse corsie della strada. I semafori ci sono ma i vietnamiti non li rispettano – attraversare senza guardare quando il semaforo per i veicoli è rosso è infattibile. Infatti, il pedone non ha mai la precedenza, ne’ sulle strisce ne’ fuori, l’attraversare richiede un’alzata di mano e uno schivare i veicoli senza aspettare che si fermino. Inoltre, l’uso del Clacson  è quasi un obbligo da queste parti. I guidatori suonano il clacson costantemente con l’intenzione di avvertirti che loro stanno passando e che quindi sarebbe meglio per te se ti facessi un po’ da parte. Altra particolarità ambigua: unghie lunghe, uomini e donne senza differenza. In particolare il mignolo. Il motivo è ancora sconosciuto. Alcuni studenti ci hanno detto che è bello avere le unghie lunghe per giocarci, altri che se le lasciano crescere per motivi estetici e altri ancora perché in questo modo è più facile pulirsi le orecchie. Noi preferiamo credere alle prime due. Le maniere sono diverse dalle nostre, per loro ”digerire” a tavola, tossire senza coprirsi la bocca è normalità; condividere i piatti, mangiare nel piatto degli altri e mettervi del cibo dentro è cosa gradita ed usuale. L’ospite è comunque molto rispettato: deve avere sempre il piatto pieno, le bacchette giuste e un piatto pulito senza graffi.

Come si comportano le persone con voi?

Le persone qui sono sempre sorridenti e felici e volenterose di parlare inglese. Una notte per esempio, durante il viaggio notturno per arrivare a nord del Vietnam un ragazzo vietnamita ha svegliato Liv nel cuore della notte per chiederle di parlare inglese con lei. I vietnamiti entrano subito in confidenza ponendo domande anche molto personali, nonostante vi siate incontrati da pochi minuti, ma non bisogna sentirsene offesi o pensare che sia maleducato, per loro è assolutamente usuale. Ho notato un grande rispetto per le persone anziane, inorridiscono al pensiero che i  nonni vengano lasciati dentro case di riposo lontani dalla famiglia, il rispetto si nota sopratutto attraverso piccoli gesti come per esempio durante un brindisi il tuo bicchiere dev’essere sempre più basso di quello della persona più anziana e se vuoi fargli un dono devi porgerglielo con entrambe le mani e non con una sola, sarebbe un grave mancanza di rispetto.

La giornata in Vietnam?

La vita della città comincia alle 5 del mattino, il pranzo è verso le 11 del mattino e la cena verso le 5:30/6:30. Nel centro città c’è anche molta movida e vita notturna, ma gli orari dei pasti sono abbastanza anticipati).

Cosa ti sta lasciando questa esperienza?

È un’esperienza molto forte ed emozionante. Manca ancora una settimana al mio ritorno in Italia, ma ho già visto tante cose che mi rimarranno impresse nel cuore e nella mente. Ciò che mi colpisce giornalmente è la bontà delle persone del posto, la loro semplicità e ospitalità, la loro voglia di imparare e di conoscere. Le lezioni di inglese non sono obbligatorie, ma facoltative eppure durante il pomeriggio l’aula pullula di studenti che davvero si impegnano e ti fanno venire voglia di insegnargli ciò che sai. Molto di loro non hanno mai viaggiato al di fuori di ho chi Minh e per chi è riuscito a prendere un aereo fuori dal Vietnam, il luogo più lontano che ha visto è la Thailandia a un’ 1h/2h) di volo. È un’esperienza che ovviamente consiglio, non solo ai ragazzi, ma anche agli adulti (qua siamo infatti tra le più giovani). Ho conosciute persone davvero interessanti, con tanti progetti e idee e con tanta voglia di fare. È un contesto stimolante e dinamico che ti richiede sforzo, ma che ti da anche tante soddisfazioni.