Monesi di Triora, i fratelli Toscano vendono la proprietà più estesa della Liguria
Un’intera montagna, un terreno di 650 ettari che si estende tra i Comuni di Triora e Briga Alta
Monesi di Triora. 650 ettari, 6 milioni e mezzo di metri quadrati di terreno: da ottobre la proprietà più estesa della Liguria verrà messa in vendita al miglior offerente. Hanno deciso così i due anziani proprietari: i fratelli Terenzio ed Enrico Toscano, eredi unici di una proprietà terriera e montana che si estende tra i Comuni di Triora e Briga Alta, frequentata dai pastori delle malghe con i quali, in passato, avevano stipulati diversi contratti.
La notizia la riporta Luciano Corrado su “Trucioli”, il blog della Liguria e del basso Piemonte.
Una montagna intera, che si affaccia in gran parte sul mar Ligure, abbraccia l’alta Valle Arroscia e l’Alta Val Tanaro. E’ qui che i tre fratelli Galleani, negli anni Cinquanta, hanno realizzato la “Nuova Monesi” con la prima seggiovia della Liguria: 2.352 metri di tragitto, con altezza massima di 15 metri, che per percorrerli ci si impiegano 40 minuti. Un sogno immerso nella natura delle alpi Marittime, che per trent’anni ha visto arrivare oltre un milione di turisti, attratti dalla bellezza del luogo, oltre che dalla possibilità di soggiornare nell’albergo Redentore, ora distrutto, in alloggi con piscina, pista di pattinaggio e addirittura un night e discoteca: il Piccadilly.
“I fratelli Toscano persone comuni, ma che hanno vissuto tutte le contraddizioni possibili ed immaginabili di un’Italia lenta, mediocre, spesso incapace di valorizzare e sfruttare le sue risorse. Esperta in ricette contro lo spopolamento della montagna e della campagna dai microfoni di tv pubbliche e private, sui media. Ma a Monesi, nella proprietà dei Toscano, è successo qualcosa di opprimente e scandaloso”, scrive Corrado, “La ‘Nuova Monesi’, nel Comune di Triora che ora frutta 50 mila euro l’anno di Imu, era stata realizzata dal nulla, dalla collaborazione e disponibilità offerta dalla famiglia Toscano quando papà tornò dal Sud America dove aveva fatto fortuna in Perù, ma i suoi beni, proprietà terriere, finirono ‘nazionalizzate’. Dopo aver comprato la montagna, ne cedette una fazzoletto di poche migliaia di mq. ai banchieri Galleani; viveva ancora il papà, conte Federico, che passò gli ultimi giorni di vita nella ‘casa dei cacciatori’ delle Navette. La Nuova Monesi la seguiva il figlio Ingo, con la supervisione del fratello ‘banchiere’ Enrico e di Roberto. Nei patti, a quanto si dice, non erano previsti ‘casermoni’, ma il rispetto non solo della natura, doveva essere un centro turistico montano d’eccellenza, diciamo non proprio popolare, di nicchia. E all’inizio fu così. Qui soggiornavano famiglie genovesi benestanti, i Taviani, le famiglie più facoltose di Imperia, qui Claudio Scajola ha ‘legato’ con la rampolla della famiglia Verda. Qui cominciarono ad arrivare, nella stagione estiva, decine di pullman di turisti stranieri, soprattutto, da Diano Marina, da Sanremo, dalla Riviera delle Palme”.
Qui, però, oltre al “miracolo economico” dell’Italia del dopoguerra, dopo l’abbandono, lento ed inesorabile, dell’entroterra, si è abbattuta una catastrofe: quella dell’alluvione del novembre 2016, che Monesi, come altri territori, l’ha colpita duramente.
“Che accadrà ora con la decisione di vendere al migliore offerente? Come calcolare il valore di 650 ettari?”, si chiede Luciano Corrado, “Viene in mente l’esperienza, pur nel piccolo, messa in atto per risollevare dall’abbandono la frazione di Upega. 24 cittadini, tra residenti e proprietari di seconde case hanno deciso di autotassarsi, acquistare un vecchio stabile già sede di locanda, renderlo fruibile come ristorante, bar, negozio, albergo, affidando la gestione ad una cooperativa già attiva sulle Alpi e nei rifugi. Un’esperienza con risultati positivi sotto ogni aspetto. I giovani impegnati con passione hanno persino preso la residenza. E’ possibile un discorso analogo per Monesi?”.