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Gambling, gioco d’azzardo patologico

27 luglio 2017 | 08:17
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Gambling, gioco d’azzardo patologico

E’un disturbo del controllo degli impulsi ed è definito come dipendenza comportamentale

Il gambling rappresenta un disturbo in via di espansione, merita la nostra attenzione al fine di rendere possibile il riconoscimento di un comportamento patologico, evitando cosi che un “oasi felice, quella descritta da Eugen Fink, si trasformi in un oasi di tristezza e disperazione.

Il gioco d’azzardo è un Disturbo Del Controllo degli Impulsi ed è definito come una dipendenza comportamentale. E’ caratterizzato dall’incapacità di resistere alla tentazione ricorrente e maladattiva di giocare. Le conseguenze si rilevano nel deteriorarsi delle attività personali, familiari e lavorative.Il gioco d’azzardo comprende una serie molto varia di situazioni in cui le persone alimentano una fantasia di vincita, in determinati contesti, anche solitari, con una certa ritualità, mediante l’atto di scommettere.

In questa fantasia rientra la convinzione che esista un metodo “magico” che funziona occasionalmente ma nel tempo queste fantasie diventano una specie di convinzione parallela, che è funzionale alla prosecuzione del gioco. Il sintomo chiave è la voglia di giocare per vincere. Il significato della vincita è quello di gratificazione e questa richiede di essere riprodotta, anche se la vincita non si ripeterà. Custer ha elaborato uno schema per comprendere meglio l’evoluzione della “carriera”di un giocatore.

La prima fase di incontro con il gioco è definita “fase vincente, caratterizzata da un gioco occasionale e da vincite occasionali, che motivano a giocare in modo crescente, spesso grazie alla capacità del gioco di produrre piacere e alleviare gli stati di tensione.

Fa seguito la “fase perdente, dall’aumento del denaro investito nel gioco, dalla nascita di debiti, dalla crescita del pensiero relativo al gioco e del tempo speso a giocare.

I giocatori iniziano ad attribuire la colpa ad un periodo sfortunato e sono continuamente alla ricerca di una grande vincita.

Successivamente segue la “fase della disperazione”, in cui cresce ulteriormente il tempo dedicato al gioco e l’isolamento sociale conseguente, con il degenerare dei problemi lavorativi e familiari che talvolta genera anche tentativi di suicidio. L’atteggiamento esteriore del giocatore è di attribuzione della colpa a tutti, tranne a sé stesso, mentre interiormente, invece, è di grande angoscia e avverte il bisogno di giocare per alleviare le sofferenze.

Per quanto riguarda la terapia,va fatta la diagnosi globalmente, nel senso che spesso ci troviamo di fronte a un disturbo dell’umore di cui il gioco rappresenta una manifestazione, sino a diventare un secondo problema. Il trattamento si basa sulla terapia farmacologia e psicoterapia.

Il trattamento mira al recupero del controllo su un comportamento con l’obiettivo di portare l’estinzione di tale comportamento indesiderato e alla prevenzione delle ricadute attraversando varie fasi: la prima in cui nasce il desiderio di aiuto, la speranza di uscire dal problema, nonché ricucire i debiti e i rapporti socio familiari mentre nelle successive nelle quali si inizia a pianificare nuovi obiettivi e a sviluppare maggior autostima e introspezione di un nuovo stile di vita lontana dal gioco.

Auguro a tutti i lettori della rubrica e di Riviera24.it una buona estate e arrivederci a settembre!

Dott.ssa Daniela Lazzarotti
www.danielalazzarotti.com
facebook.com/dottoressalazzarotti