Rivoluzione nell’organico del coro cerianasco Lajò

20 giugno 2017 | 08:29
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Rivoluzione nell’organico del coro cerianasco Lajò

“Sembra assurdo ma abbiamo più presa fuori che qui sul nostro territorio”

Ceriana. “Un’autentica rivoluzione che vedrà nuove e più attuali sonorità ma sempre, ovviamente, nel rispetto della storia a della cultura locale”. Così Mauro Crespi racconta lo stravolgimento in corso nel cuore del coro cerianasco Lajò di cui lui stesso è fondatore. Dopo infatti aver recentemente sostituito l’arpa celtica col pianoforte e adesso col sax che se n’è andato, Crespi è al lavoro per trovare un organico artistico ancora tutto da reinventare.

Diversi, nel tempo, gli avvicendamenti dei componenti ma, per ora, lo zoccolo duro è ancora formato dai cerianaschi Mauro Crespi (chitarra e voce), Luca Siccardi (pianoforte e voce), Andreina Veneziano (voce) e poi l’imperiese Daniele Ducci (basso e contrabbasso) e il sanremese Marzio Marossa (percussioni).

L’intento della realtà artistica rimane continuare a mantenere la memoria senza che il cambiamento snaturi il patrimonio culturale di uno stile, quello del basso di bordone, conosciuto ed apprezzato, come purtroppo spesso succede, più fuori zona che sul territorio cerianasco in cui è nato. La particolare coralità è tipica del bacino del mediterraneo, quindi Corsica e Sardegna. Molto diverso dal trallallero genovese. A Ceriana nacque ai primi del ‘900 per festeggiare la Madonna della Villa che è la festa cerianasca più importante. Catalogata com’è adesso, parliamo invece del dopoguerra.  “Un effetto armonico di accompagnamento che, come lo facciamo noi, è ancora più di nicchia poiché davvero primitivo: è il modo di cantare più istintivo che ci sia”.

Ceriana, in fatto di canto corale, ha da sempre una rilevante tradizione conosciuta in tutto il mondo. Tuttavia dei tanti negli anni d’oro, l’unico coro ancora rimasto attualmente attivo (a parte le corali delle confraternite che si riuniscono in particolari occasioni) è la Compagnia Sacco. “Vista perciò la pericolosa perdita di questa particolare cultura, circa sette anni fa mi è venuta balenata l’idea di riarrangiare i cori all’epoca più rappresentativi, e di farlo improntandoli in chiave più moderna. Un’attualizzazione tuttavia non troppo apprezzata dai paesani più tradizionalisti. All’inizio ho sfruttato il materiale che avevo, compresa una formazione all’epoca di sei elementi che nel tempo ha cambiato però alcuni strumenti.  E’ infatti un progetto che richiede un po’ di tempo per essere lanciato anche perché è un gruppo che, per la musica che fa, richiede location particolari, come un teatro o una sala, e questo rende già tutto molto difficile”. Spiega ancora Mauro Crespi che, col passare di questi sei anni, si è reso conto che in ogni caso la peculiarità che sempre di più colpisce è la parte corale più che la parte strumentale.

Di Crespi anche la paternità del nome del gruppo, Lajò, un termine Lajò che non ha alcun significato e la cosa non è casuale “Piuttosto che usare una bella parola dialettale ma probabilmente storpiata perché pronunciata male da chi non conosce la parlata, ho preferito un suono più rappresentativo di un passato del nostro territorio, evocando qualcosa che richiamasse un incitamento del pastore verso i muli”. 

Il basso di bordone nel territorio cerianasco si è sempre cantato poiché vero patrimonio popolare non scritto e dunque esclusivamente tramandato oralmente di famiglia in famiglia. Il continuare a cantarlo ecco allora che diventa fare cultura, essendo l’unico modo per non perdere il patrimonio. Un canto tipico, quello di Ceriana, studiato da musicologi di tutto il mondo già a partire dagli anni ’50. Lo stesso etnomusicologo e antropologo statunitense Alan Lomax, nel suo prestigioso studio sui tradizionali canti italiani, nel 1956 ha realizzato un intero cd con registrazioni originali dei canti di Ceriana (peraltro introvabile in Italia). “Il mio sforzo – sottolinea Mauro – era salvaguardare i testi, così tanto caratteristici del nostro territorio e che, se non si cantano più, andranno in breve tempo inevitabilmente persi per sempre”.

Una sonorità arcaica quella dei Lajò che si sentono così portatori di cultura, portando le loro esibizioni in giro per l’Italia, compreso alla rinomata rassegna di canto popolare  che si tiene a Fenza. Adesso, dopo il recente successo a Dolcedo, i Lajò avrebbero già un po’ di date per l’estate ma visto il movimento organizzativo in corso, non è certo che si arriverà in tempo all’ottimizzazione. “Ora l’operazione è promuovere il marchio Lajò e realizzare un po’ di concerti, non tanto facendone necessariamente un discorso economico ma prima di tutto nell’obiettivo di farci conoscere almeno qui (sembra assurdo ma abbiamo più presa fuori che qui sul nostro territorio)”.