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Cervo, la leggenda del Crithmum Maritimum o finocchio di mare (detto in dialetto cervese comunemente baciccio o bacizzu)

27 giugno 2017 | 06:56
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Cervo, la leggenda del Crithmum Maritimum o finocchio di mare (detto in dialetto cervese comunemente baciccio o bacizzu)

Lo può vedere in tutte le spiagge ed angoli appartati in riva al mare

Cervo. Il “bacizzu” è una pianta selvatica che nel nostro territorio troviamo sulle rive aride, sassose e bagnate dagli spruzzi di acqua salata. E’ il più tipico rappresentante di questi ambienti ma colonizza anche opere costruite dall’uomo.

Le foglie carnose sono un adattamento all’aridità dell’ambiente e fungono da riserva d’acqua dolce. A Cervo lo si può vedere in tutte le spiagge ed angoli appartati in riva al mare. E’ sempreverde, con fusto molto ramificato e foglie carnose di colore verde glauco a contorno triangolare. I fiori ad ombrella giallo verdi sono presenti dall’estate a tardo autunno.

Le foglie possono essere consumate crude in insalata o cotte al burro e, poiché contengono molta vitamina C, un tempo venivano usate dai marinai per la prevenzione e la cura dello scorbuto dopo averle prima trattate con sale grosso per eliminare l’acqua dai tessuti ed averle poi messe sotto aceto. Questo è un aspetto medico, ne esiste anche uno storico ed uno leggendario cui hanno anche attinto i nostri antenati. Sappiamo che Cervo ha origini romane. Difatti il suo nome originale fu Servus e lo storico Strabone molto ha scritto in merito alle origini dei liguri ingauni cui apparteniamo. In merito al baciccio sappiamo che durante il III sec. A.C., Ippocrate prescriveva il finocchio nel trattamento delle coliche infantili.

Quattrocento anni dopo, Dioscoride lo definiva un soppressore dell’appetito e ne raccomandava i semi per promuovere la secrezione lattea. Il naturalista romano Plinio incluse il finocchio in 22 rimedi
Egli aveva notato che alcuni serpenti si strofinavano contro la pianta dopo aver perso la pelle, e poco dopo i loro occhi vitrei si schiarivano. Plinio interpretò tale fatto come un segno dell’efficacia del finocchio nel trattare i problemi dell’occhio, tra cui anche la cecità. A Cervo gli anziani sulle banchette raccontavano che i pescatori corallini durante uno dei tanti viaggi trovarono su di uno scoglio a capo Feno, che è una spiaggia vicino al golfo di Ajaccio, un bambino cieco. Spinti da pietà lo sfamarono e portarono a bordo sulle loro navi coralline puntando la prua verso Cervo. Dopo un lungo viaggio approdarono nella zona del Pilone, proprio nella notte di Natale.
Quella notte magica in cui i pastori si affollarono a Betlemme mentre viaggiavano per incontrare il neonato re.
Quella notte fu altrettanto magica per quel bambino dello scoglio di capo Feno, difatti mentre scendeva dalla biscaggina (scaletta di corda), sentendo l’annuncio degli angeli, pregò i pescatori corallini di condurlo da Gesù Bambino. I pescatori corallini gli chiesero di attendere la mezzanotte, l’ora della nascita, e poi lo avrebbero condotto alla chiesa di San Giovanni Battista, dove si celebrava la messa di Natale. Il bambino si sedette vicino ad una pianta di baciccio e inconsciamente ne strappò un rametto, passandoselo poi sugli occhi.
Rimase accucciato nel suo angolo nel silenzio della notte.

Improvvisamente udì in lontananza il lieve rintocco di una campana da bestiame. Pensò “Forse quella mucca si trova proprio nella stalla dove è nato Gesù bambino!”, e seguì il suono della campana fino alla stalla ove la mucca portò il bimbo cieco fino alla mangiatoia dove giaceva il neonato Gesù.  A quel punto una grande luce illuminò tutt’intorno e si avvero’ il miracolo. Quel bambino riacquistò la vista e anziché trovarsi nella mangiatoia si trovò di fronte all’altare maggiore benedetto dal parroco proprio allo scoccare della mezzanotte tra i sorrisi dei fedeli e dei suoi pescatori corallini salvatori. Molti anni seguirono a quell’evento per quel bambino che crebbe felice, divenne pescatore corallino, si formò una sua famiglia e visse nell’accoglienza e amore di tutti i Cervesi generosi che lo chiamarono Baciccia, sia per il miracoloso “baciccio”, sia per il nome del patrono cervese della chiesa dei corallini San Giovanni Battista.