Ventimiglia, Livio Rosolia tra i primi 20 al Campionato Mondiale della Pizza a Parma “Punto su qualità, tradizione e innovazione”
Con passione cerca di far conoscere in Liguria e nel mondo la classica pizza napoletana
Ventimiglia. La scorsa settimana si è svolta a Parma la 26a edizione del Campionato Mondiale della Pizza. Tra i partecipanti, provenienti da tutto il mondo (Italia, Stati Uniti, Cina, Giappone, Francia, Spagna, Israele), vi era anche una pizzeria di Ventimiglia.
Livio Rosolia della Pizzeria Zero 81 ha infatti partecipato alle competizioni individuali al Palacassa delle Fiere della città emiliana classificandosi tra i primi 20 su 729 concorrenti in gara. “Avevamo partecipato a questo campionato già nel 2016 – racconta Livio – L’anno scorso ci siamo qualificati 4° su 75 partecipanti. Quest’anno ci siamo classificati tra i primi venti”.
“Il nostro scopo era quello di portare la classica pizza napoletana per farla conoscere, infatti abbiamo gareggiato nella categoria STG, che significa ‘specialità tradizionale garantita’ – afferma il pizzaiolo parlando della pizza preparata durante la gara – E’ quella con il bordo un po’ più alto, detto ‘cornicione’, e sottile tra 1 e 2 millimetri nel centro. Abbiamo utilizzato prodotti di prima qualità provenienti direttamente dalla zona della Campania: pomodoro di San Marzano dell’agro sarnese-acerino, mozzarella fior di latte misto a bufala campana, olio evo e basilico fresco. Così si ha la classica margherita napoletana per eccellenza”.
Oltre a ricreare la buonissima margherita DOC napoletana, lo scopo principale di Livio è quello di allargare gli orizzonti proponendo nuovi tipi di pizza equilibrati da un connubio perfetto: tradizione e innovazione.“La tradizione è bella e non morirà mai ma bisogna sempre incentivare il cliente ad avere degli stimoli nuovicon gli stessi ingredienti che noi andiamo a selezionare giorno per giorno, come i pomodorini rossi e gialli del pendolo vesuviano o una crema di zucca. Facciamo pizze classiche, come la margherita o la marinara, ma entriamo anche nell’innovazione – spiega Livio – Ho creato anche un “Laboratorio degli impasti”, siamo gli unici in zona ad averlo. E’ un brand che ho fatto per dare qualcosa in più alle persone che ci seguono tutti i giorni sul nostro profilo e per i clienti abituali. Facciamo impasti integrali, alla curcuma, al pesto ligure, alla paprika piccante, ai cinque cereali, ai semi di papavero, al carbone vegetale, al cacao al quale viene attribuita anche la Nutella, cerchiamo insomma di essere un po’ completi su tutto senza mai allontanarci troppo dalla tradizione. Mischiamo tradizione e innovazione”.
Si è appena conclusa la competizione a Parma e già pensa al prossimo evento dedicato alla pizza: “Fra un mese parteciperemo al Trofeo Caputo a Napoli – dice il pizzaiolo – E’ la 16° edizione del Campionato Mondiale del Pizzaiuolo. Stiamo cercando di portare questo titolo importante alla città di Ventimiglia, perché vogliamo far capire l’importanza del prodotto napoletano, visto che sta per diventare patrimonio dell’Unesco. E’ un prodotto esportato in tutto il mondo ma chiaramente a volte si fa molta confusione. E’ come parlare della fiorentina, si mangia dappertutto però la vera si trova solo in Toscana. Abbiamo un progetto: far conoscere la vera pizza napoletana in Liguria e nel mondo. Faccio infatti parte dell’Associazione Verace Pizza Napoletana creata nel 1984. Insieme ad altri pizzaioli cerchiamo di esportare la vera pizza napoletana per far sì che tutti sappiano farla”.
Il napoletano Livio, ha 30 anni, è sposato, ha una figlia ed è riuscito a realizzare il suo grande sogno: fare il pizzaiolo.“Sono napoletano, vivo qui da 11 anni, però vado spesso a Napoli per seguire corsi di formazione, come quello di formazione per la pizza senza glutine che comunque deve rispecchiare i parametri della tradizionale pizza napoletana – rivela Livio – La mia passione è iniziata da piccolino, avevo solo quattro anni quando iniziai ad amare la pizza. Mio padre è cuoco, ma non sono figlio d’arte, lo vedevo lavorare in questi ristoranti dove facevano anche la pizza e chiaramente mi affascinava. Avevo questo sogno, infatti alla domanda ‘cosa vuoi fare da grande?’ ho sempre risposto che volevo fare il pizzaiolo. A 14 anni, dopo aver terminato gli studi, ho iniziato a seguire dei corsi di formazione per fare la pizza napoletana a Napoli. Dopodiché tutto è venuto man mano. Ora ho 30 anni e faccio questo lavoro da sempre. Non ho mai fatto altro. Sto continuando a realizzare il mio sogno, che ho già iniziato a trasmettere a mia figlia che parteggia per la pizza napoletana e ha solo un anno e mezzo. Stiamo cercando di trasmetterle questa tradizione perché comunque oggi è fondamentale avere tra le mani un mestiere concreto, artigianale e dignitoso”.
Il giovane piazzaiolo un anno fa ha dato il via anche ad un progetto solidale, il “Laboratorio sospeso”, per aiutare coloro che non hanno la possibilità di mangiare una pizza. “Ogni mese regaliamo 10 margherite a chi ne ha bisogno – spiega – Anche i clienti possono prendere parte all’iniziativa lasciando un pizza pagata. Per me la pizza è unione, felicità e allegria. Quando qualcuno viene nella pizzeria, anche se ha avuto una giornata stressante, appena vede la pizza, deve sentirsi rilassato, tranquillo e sorridente. Nel nostro lavoro l’ambiente non è molto rigido, ma è allegro, rispecchia lo stereotipo che le “pizzerie napoletane sono pizza e mandolino”. Infatti vi è musica vecchia e nuova napoletana molto allegra”.
La pizzeria Zero 81, che si trova lungo la Passeggiata Oberdan al numero civico 15 b, è anche una friggitoria. “La friggitoria fa un po’ da mamma alla pizzeria perché facciamo anche la pizza fritta, che è un alimento che viene cucinato da oltre duecento anni. Il nome “Zero 81” cerca appunto di sponsorizzare il prodotto antico napoletano che ha avuto il boom nel dopoguerra, perché le donne, visto che non avevano tanti soldi, si mettevano negli angoli delle strade e in un calderone bollente mettevano la pasta di pizza stesa che poi veniva fritta. Così è nata la cosiddetta pizza “A ogge a otto”, ossia la mangio oggi e la pago tra otto giorni, come si vede nel film “L’oro di Napoli”. E’ stata la prima finanziaria alimentare” – conclude Livio.