La “mamma di mezza Africa” tra i volontari alle Gianchette, ha fatto nascere 10 mila bambini

14 maggio 2017 | 09:19
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La “mamma di mezza Africa” tra i volontari alle Gianchette, ha fatto nascere 10 mila bambini
La “mamma di mezza Africa” tra i volontari alle Gianchette, ha fatto nascere 10 mila bambini
La “mamma di mezza Africa” tra i volontari alle Gianchette, ha fatto nascere 10 mila bambini
La “mamma di mezza Africa” tra i volontari alle Gianchette, ha fatto nascere 10 mila bambini
La “mamma di mezza Africa” tra i volontari alle Gianchette, ha fatto nascere 10 mila bambini

Nella Chiesa di Sant’Antonio non indossa il camice da ostetrica bensì il grembiule da cuoca e con altre “mamme soccorso” cucina per i migranti

Ventimiglia. Non c’è vita più grande di quella donata a un altro. Lo sanno bene i tanti volontari che quotidianamente si recano alla Chiesa di Sant’Antonio alle Gianchette per accogliere, assistere e incoraggiare gli “ospiti” di Don Rito. Una piccola comunità giunta a Ventimiglia da ogni parte dell’Europa con il solo intento di regalare un sorriso a quella comunità più grande che dall’Africa subsahariana o dal Medio Oriente da tempo trova riparo sulle nostre coste. Come la 74enne Nelly, una religiosa di origini olandesi, ribattezzata dagli amici del centro la “mamma di mezza Africa”.  Perché questa donna amabile, dal sorriso timido e lo sguardo complice, prima di arrivare al confine francese, è stata a lungo missionaria nel “Continente nero” e qui, tra povertà, guerre e sofferenza, ha portato alla luce oltre 10 mila bambini.

Ho trascorso quarant’anni in Africa come ostetrica – racconta a Riviera24.it nascondendosi dietro i suoi occhialini , quasi una vita intera. Una vita spesa a donare altra vita tanto che alcuni mi hanno simpaticamente soprannominata la mamma di mezza Africa. Questo appellativo mi rende piena di orgoglio. Io sono sposata a Dio e non posso avere figli biologicamente miei. Il Signore però mi ha affidato una missione: aiutare il prossimo soprattutto i più bisognosi. Un incarico che ho cercato di adempiere fin dall’inizio e che mi ha permesso di diventare la mamma di tutti i bambini che ho contribuito a far nascere. Maschietti e femminucce figli di donne vittime della storia e dell’egoismo dell’uomo, alle quali a loro volta ho teso una mano, ho dato sostegno, conforto e amore.Nel 2011 ho lasciato l’Africa e mi sono trasferita in Francia, a Mentone. In questa tranquilla cittadina non ho comunque mai smesso di portare soccorso laddove ve ne era bisogno. Così, lo scorso anno, esplosa l’emergenza migranti a Ventimiglia, non ho esitato un istante e ho iniziato ad aiutare Don Rito.Fin da subitoho trovato quello stesso caldo abbraccio che ogni giorno, molto tempo prima, il popolo africano era solito darmi. Quell’affetto e quella riconoscenza che nascono dal cuore di chi ha patito e che credeva non avere più speranze”.

Alla comunità della Chiesa di Sant’Antonio, Nelly, tuttavia, non indossa il camice da ostetrica, bensì il grembiule da cuoca. E insieme a Maureen, Sylvia e altre mamme volontarie cucina per i tanti richiedenti asilo che fuggono i conflitti armati, la fame, la disperazione. Che lasciano paesi travolti da infinite crisi politiche, economiche e umanitarie.Per loro prepariamo riso, legumi e sughi di verdure – aggiunge la 65enne londinese Maureen, che, di buona lena, almeno tre volte alla settimana si mette al volante della sua auto e da Vallebona arriva a Ventimiglia –. Cerchiamo di preparare piatti semplici ma gustosi. Anche per me non è un’esperienza nuova, come volontaria mi sono già recata in India. E se il paese è diverso non lo è il contesto, non lo sono le ragioni che trascinano le persone alla povertà e alla desolazione. Uomini, donne e bambini innocenti – scandisce cercando con cura le espressioni in lingua italiana che meglio possano declinare le sue emozioni – ma per qualche assurda ragione meno fortunati di altri. Ecco perché sono una volontaria. E nessuno può immaginare i ricordi che quelle vite spezzate ti possono lasciano nel cuore. Ci insegnano che non bisogna mai farsi travolgere dalle storie. Talvolta però l’armatura si rivela inadatta e inizi a tendere un orecchio a quei singhiozzi, a partecipare ad essi. Mi è accaduto proprio qui, lo scorso anno. In una camera da letto c’era una ragazza eritrea che piangeva disperatamente perché aveva saputo che suo fratello era morto nel deserto. Intorno a lei si era radunato un gruppo di donne che si unì al suo piante. Non ho saputo trattenermi e, contagiata dal quel dolore, ho iniziato a singhiozzare anche io”.

Tra le compagne di Nelly c’è anche chi ha scelto di “arruolarsi” alle Gianchette non tanto o non solo per alleviare il dolore altrui ma soprattutto il proprio. E’ il caso della francese Sylvia, 55 anni, diventata una “mamma soccorso” dopo la perdita di suo figlio. “La vita richiede tanto coraggio– ci dice con tono materno –, la vita è forza e fragilità insieme e ho imparato che bisogna aiutarsi l’uno con l’altro in ogni occasione, sia nelle situazioni buone sia in quelle cattive. Un insegnamento arrivato dall’esperienza e che ogni giorno cerco di trasmettere agli altri mie figli, affinché contribuiscano a rendere questo mondo un posto migliore. Io e le mie colleghe veniamo qui da circa un anno. Tagliamo le patate, peliamo le carote, nutriamo altre madri cosicché possano nutrire i loro figli. In tutto questo tempo abbiamo fatto, abbiamo dato molto ma non sarà mai abbastanza a confronto di quanto ancora e ancora possiamo dare: il nostro aiuto, per quanto possa apparire grande, è solo una piccola goccia del mare”.