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La legge del Kanun non perdona: donna a processo per calunnia a Imperia dopo una relazione d’amore

26 maggio 2017 | 13:13
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La legge del Kanun non perdona: donna a processo per calunnia a Imperia dopo una relazione d’amore

Il padre e la madre della ragazza hanno raccontato un episodio accaduto cinque anni fa sul quale hanno poi indagato i carabinieri

Imperia. Il processo si celebra davanti al giudice Caterina Lungaro. Imputata è una giovane donna accusata di calunnia. Cinque anni fa avrebbe raccontato di essere stata violentata da uno spasimante, pure lui albanese. Probabile invece che tra i due fossero insorti dissapori e che alla fine sia stato il ragazzo a decidere di troncare ogni rapporto e frequentazione della giovane. E i carabinieri avevano scoperto che quella violenza non c’era stata.

La storia non è finita lì. Anzi. Si sono aperti quindi due filoni: uno giudiziario finito in tribunale e l’altro discusso tra le famiglie albanesi che vivono nella Valle Impero. Onore e vergogna vanno pulite in altro modo e non in aule giudiziarie, in alcuni casi seguendo la legge del Kanun, un antico codice medievale trascritto nel XV secolo che regolava la vita degli albanesi sotto il dominio dell’impero ottomano e comprendeva diverse norme riguardanti la famiglia, il lavoro, la giustizia, i beni di proprietà, e la vendetta di sangue e appunto l’onore e il perdono.

C’era da difendere il rispetto, la reputazione e l’onore di una delle quattro figlie. E così un bracciante agricolo che abita alle spalle di Imperia con la sua famiglia non si è dato per vinto ed ha tentato ogni strada per raggiungere il suo obiettivo salvo poi vedere la figlia finire nei guai. “Dopo aver saputo che E. era stata violentata – ha raccontato il padre davanti ai giudici – avevo chiesto ai ai suoi parenti che il nipote proseguisse la relazione e quindi continuasse a frequentare mia figlia, ma così non è stato. Lui si è chiuso e quando ho tentato di risolvere la questione ho saputo che era in piedi una denuncia dai carabinieri”.

Da quel momento, infatti, la storia ha preso una piega totalmente diversa: la donna è stata denunciata ed è finita sotto processo. Lei in aula non era presente, ma c’erano la madre, il padre, i carabinieri che hanno indagato sulla vicenda e i medici che avevano visitato la ragazza al pronto soccorso. “Per evitare di denunciare il giovane che aveva violentato mia figlia – ha raccontato il padre in aula – ha cercato di sistemare le cose con un fidanzamento ufficiale, ma lui si è chiuso e non ha voluto sentire ragione”. Il padre ha tentato di difendere l’onore e la reputazione della figlia in ogni modo. Ed è stata la madre a spiegare davanti al giudice, al pm Alessandro Bogliolo e alla difesa quello che la ragazza aveva raccontato tornando a casa sconvolta per l’accaduto. Ora dovrà essere il tribunale a decidere quale sentenza migliore pronunciare al di là di quella prevista dalla legge del Kanun.